Gorgia di Leontini Sofista (483 ca
375 ca. a.C.). Fu il rappresentante più notevole dell’antica sofistica dopo Protagora, e insieme il creatore dell’arte retorica. Della sua vita poco è noto, si narra che con l’esercizio e l’insegnamento dell’arte oratoria diventò così ricco da poter dedicare ad Apollo una sua statua d’oro, collocata nel tempio di Delfi. Nel suo ricercato stile di vita sembra realizzasi l’ideale pratico proprio della sofistica. Con tale ideale concorda, anche nella sua particolare impostazione teorica, la dottrina gorgiana dell’oratoria come arte produttrice di «persuasione» (πειϑώ) – e non come mezzo per promuovere la conoscenza della verità – capace di indurre l’animo dell’ascoltatore alle convinzioni che giovano alla causa sostenuta dall’oratore; in questa concezione è evidente l’affinità con il relativismo gnoseologico di Protagora. Di qui la valutazione entusiastica del potere della parola, del λόγος, «grande dominatore, che col più piccolo e più invisibile corpo compie le opere più divine» (Encomio di Elena, 8) e la conseguente elaborazione formale dei mezzi oratori che fa di G. il vero creatore dell’antica oratoria d’arte. Saggi tipici di tale abilità formale sono le difese di due antiche figure del mito, Elena e Palamede. Con questo fondamento positivo, di relativismo pratico, proprio della retorica gorgiana, sembra invece in disaccordo la dottrina filosofica attribuita a G., secondo la quale questi, in uno scritto intitolato Περὶ τοῦ μὴ ὄντος ἢ περὶ φύσεως («Del non ente, ossia della natura»), sostenne, in tre distinte argomentazioni, che nessuna cosa esisteva, che se anche fosse esistita non la si sarebbe potuta conoscere, che se anche la si fosse conosciuta non si sarebbe potuto comunicare tale conoscenza agli altri. Ma la critica più recente ha chiarito, soprattutto mediante l’analisi comparativa delle due esposizioni che ci restano dello scritto gorgiano (quella di Sesto Empirico e quella dello pseudo-Aristotele), come l’esposizione di Sesto, da cui deriva l’immagine di G. scettico e nichilista, sia in realtà deformata dalla sua intenzione di dossografo dello scetticismo e debba quindi cedere il passo all’esposizione dello pseudo-Aristotele, nella quale l’intenzione di ironia antieleatica dello scritto di G. appare connessa al suo relativismo sofistico. A G. è intitolato l’omonimo dialogo di Platone; interlocutori ne sono Callicle, Cherefonte, G., Polo e Socrate, il quale nega che la retorica sia una scienza e, contro l’esaltazione sofistica dell’abilità e della forza, afferma il valore assoluto della giustizia.