GORO di Gregorio
Scultore senese attivo nella prima metà del Trecento, figlio del fiorentino Goro (Gregorio) di Ciuccio Ciuti, uno dei compagni di Nicola Pisano nei lavori del pulpito del duomo di Siena (1266-1269) e, insieme a Lapo e Donato, uno dei "sagaces et subtiles magistri in intallis" ai quali, a istanza dell'operaio del duomo fra' Melano, venne concessa nel 1272 la cittadinanza senese (Milanesi, 1854).G. è ricordato per la prima volta, insieme ai fratelli Meo e Ambrogio, negli anni 1311 e 1312 nei libri fiscali del Comune di Siena (Bacci, 1944). Tuttavia, mentre Meo era chiamato maestro, nel 1312 G. non lo era ancora: ciò prova come sia infondato presupporne un'attività autonoma fin dagli ultimi anni del Duecento (Kreytenberg, 1991).La conoscenza dell'attività di G. si basa in primo luogo su due opere chiave: l'arca di s. Cerbone nel duomo di Massa Marittima e il sepolcro dell'arcivescovo di Messina Guidotto de Abbiatis (1304-1333) nella cattedrale messinese. L'arca di Massa Marittima fu conclusa nel 1324. Recita infatti un'iscrizione in capitali gotiche al di sotto dei rilievi figurati: "Anno D(omi)ni MCCCXXIIII i(n)di(c)t(ione) VII magist(er) Peruci(us) op(er)ari(us) ec(c)l(esia)e fecit fi(eri) h(oc) opus mag(ist)ro Goro Gregorii de Senis". Con l'erezione, a opera di Flaminio del Turco, di un nuovo altar maggiore, tra il 1623 e il 1626, l'arca fu collocata al di sotto della mensa dell'altare. In origine essa doveva tuttavia essere sorretta dalle colonnette reimpiegate da del Turco ed elevarsi libera nello spazio, collegata a un altare per la liturgia, secondo una tipologia variamente attestata e ben rappresentata per es. dall'arca di s. Benvenuto Scottivoli arcivescovo di Osimo (1264-1282), conservata nella cattedrale della cittadina marchigiana.All'arca di s. Cerbone è legata soprattutto l'immagine di G. quale scultore dagli ideali fortemente francesizzanti, una sorta di 'estremista' gotico a Siena. Alcune radici della sua opera affondano in quel capitolo singolare della scultura senese del Trecento che, tra il primo e il secondo decennio, costituì una potente reazione contro i modi di Giovanni Pisano, responsabile tra il 1285 e il 1297 della statuaria della facciata del duomo. Tuttavia, andando oltre la scultura, per es., di Gano di Fazio (attivo fino al 1317), l'arca di s. Cerbone per i suoi aspetti prepotentemente gotici si pone piuttosto in ideale parallelo con l'oreficeria senese, la quale, a partire dal calice di Guccio di Mannaia donato da papa Niccolò IV (1288-1292) alla basilica di S. Francesco ad Assisi (Tesoro Mus. della Basilica di S. Francesco), rappresenta quanto di più organicamente òltremontano' si producesse in Italia. Nell'arca anche il repertorio decorativo - le fasce a racemi delle liste che separano i rilievi, gli animaletti fantastici che irrazionalmente decorano alcune architetture - deriva dal repertorio ornamentale dell'oreficeria. Le singolari consonanze dei rilievi di G. con le microsculture di alcuni preziosi oggetti di oreficeria - per es. il pastorale di Città di Castello (Mus. Capitolare) e la croce-stauroteca di Padova (Tesoro del Duomo) - hanno spinto in passato a chiedersi se anche queste ultime non siano opera dello scultore stesso e se dunque non si possa ricostruire un'attività orafa di G. (Bartalini, 1990).Accanto all'arca si colloca la tomba di Guglielmo di Ciliano (dottore di diritto canonico nello studio di Siena fino al 1324), oggi montata assieme ad alcuni elementi del sepolcro di un altro giurista, Niccolò Aringhieri da Casole (il complesso, proveniente dal convento di S. Domenico, è conservato nel cortile del rettorato dell'Univ. degli Studi di Siena). Si tratta di un monumento importante, che, all'indomani del trasferimento dello studio bolognese a Siena (1321), introduceva in Toscana la tipologia funebre elaborata a Bologna per i dottori dell'Università, divenendo il capostipite di una famiglia di opere che comprende la tomba di Cino da Pistoia nella cattedrale pistoiese e quella di Ligo Ammannati nel Camposanto di Pisa (Bartalini, 1985).Nel settembre del 1326 G. aprì bottega a Pisa (Caleca, Fanucci Lovitch, 1991), fatto questo noto da una causa che gli venne intentata da due scultori ingaggiati sei mesi prima a Siena per lavorare appunto a Pisa e a Messina. I contatti per le commissioni che ebbe dall'arcivescovo messinese Guidotto de Abbiatis devono risalire dunque già a questo momento. Per Messina G. avrebbe scolpito la tomba del presule e la c.d. Madonna degli storpi (Messina, Mus. Regionale). Non si sa se questa fosse destinata a un altare del duomo, oppure se in origine appartenesse al sepolcro; di quest'ultimo infatti non si conosce più l'assetto originario: è oggi malamente ricomposto nella cattedrale, dopo i danni subìti nel terremoto del 1908 e di nuovo in un incendio nel 1943. L'iscrizione ricorda il nome dello scultore ("M(a)g(iste)r Gregor(ius) de Gregorio de Senis fecit"), mentre la data di morte dell'arcivescovo ("Anno D(omi)ni MCCCXXXIII ind(ictione) I m(ens)is martii") indica il termine oltre il quale dovettero essere compiuti i lavori. Possibile è per i rilievi un'elaborazione avviata da tempo, se l'Annunciazione, l'Adorazione dei Magi, la Flagellazione e la Crocifissione (è perduta la Natività) si pongono in perfetta continuità con i rilievi dell'arca del 1324. Più monumentale e strutturata, e più distante dall'arca di s. Cerbone, si presenta la Madonna degli storpi.Alla Madonna messinese si collegano stilisticamente i resti dell'ultima opera di G. di cui si abbia notizia (Bartalini, 1990), il sepolcro di s. Geminiano, risalente probabilmente agli anni trenta, di cui rimangono un Cristo benedicente acefalo (San Gimignano, Mus. Civ., depositi), un santo frammentario e un angelo presentato nell'atto di sorreggere il sudario (San Gimignano, Mus. d'Arte Sacra), come nella tomba del cardinale Riccardo Petroni di Tino di Camaino nel duomo di Siena. Data l'accertabile provenienza di uno dei marmi, è probabile che il monumento si trovasse in S. Francesco, convento sangimignanese raso al suolo nel 1553 dal duca di Toscana Cosimo I. Esso contribuisce a spezzare l'immagine vulgata di un G. specialista della Kleinplastik (Carli, 1946), proprio mentre attesta la fortuna iconografica della tomba senese di Tino di Camaino.Sono stati riconosciuti infine a G. un profeta (già Francoforte, Coll. von Hirsch; Misciattelli, 1929), una Madonna con il Bambino (Firenze, coll. privata), che conserva ancora tracce dell'antica policromia, e l'Annunciata (Boston, Mus. of Fine Arts; Bartalini, 1990). Infondato è il riferimento a G. dei busti e del leone nei portali della controfacciata del duomo di Siena (Kreytenberg, 1991), che, per ragioni legate alla storia costruttiva dell'edificio, devono risalire agli anni novanta del Duecento (Middeldorf Kosegarten, 1984, pp. 109-111, 343-344). Dubbia è anche l'attribuzione di tre apostoli (Kreytenberg, 1991) provenienti dalla navata del duomo senese e attualmente conservati nella c.d. cripta della cattedrale.
Bibl.:
Fonti. - G. Della Valle, Lettere sanesi, II, Roma 1785, pp. 121-136; E. Romagnoli, Biografia cronologia de' bellartisti senesi 1200-1800, Firenze 1976, I, pp. 317-328 (ed. in facsimile del ms. del 1830 ca.); G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 153-154; P. Bacci, Fonti e commenti per la storia dell'arte senese, dipinti e sculture in Siena e nel suo contado ed altrove, Siena 1944, pp. 64, 99, 103.
Letteratura critica. - L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, III, Prato 18232, pp. 297, 411-412; G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia. Dai Normanni sino alla fine del secolo XIV, II, Palermo 1859, pp. 299-304; A. Brach, Nicola und Giovanni Pisano und die Plastik des XIV. Jahrhunderts in Siena, Strassburg 1904, pp. 102-103; Venturi, Storia, IV, 1906, pp. 359-367; C. Weigelt, s.v. Goro di Goro, in Thieme-Becker, XIV, 1921, p. 403; G. Graf Vitzthum, W. Fritz Volbach, Die Malerei und Plastik des Mittelalters in Italien, Wildpark-Potsdam 1925, pp. 151-152; P. Misciattelli, Una statua sconosciuta di Goro di Gregorio, La Diana 4, 1929, pp. 225-226; E. Carli, Goro di Gregorio, Firenze 1946; Toesca, Trecento, 1951, pp. 82, 294; J. Pope-Hennessy, Italian Gothic Sculpture, London 1955 (19722), pp. 18-19; M. Wundram, Toskanische Plastik von 1250-1400, ZKg 21, 1958, pp. 243-270: 260-262; E. Carli, Gli scultori senesi, Milano 1980, pp. 23-24; E. Cioni Liserani, in Il gotico a Siena: miniature, pitture, oreficerie, oggetti d'arte, cat. (Siena 1982), Firenze 1982, pp. 104-108; E. Carli, ivi, pp. 198-200; D. Cinelli, ivi, pp. 201-205; A. Middeldorf Kosegarten, Sienesische Bildhauer am Duomo Vecchio, München 1984; R. Bartalini, Goro di Gregorio e la tomba del giurista Guglielmo di Ciliano, Prospettiva, 1985, 41, pp. 21-38; id., Du nouveau sur Goro di Gregorio, RArt, 1990, 87, pp. 42-51; A. Caleca, M. Fanucci Lovitch, Due nuovi documenti sull'attività artistica a Pisa: Giovanni Pisano (1307), Goro di Gregorio (1326), Bollettino storico pisano 60, 1991, pp. 79-86; G. Kreytenberg, Goro di Gregorio vor 1324, Städel Jahrbuch, n.s., 13, 1991, pp. 125-144; C. Di Giacomo, Goro di Gregorio: le premesse e la committenza messinese di Guidotto d'Abbiate, in Recuperare i tesori della città. Restauro del monumento ''Guidotus de Habiate'' della basilica cattedrale di Messina, Messina 1994, pp. 25-38.R. Bartalini