Vedi GORSIUM dell'anno: 1973 - 1994
GORSIUM (v. vol. iii, p. 278)
Scavi sistematici intrapresi a partire dal 1958 nella provincia di Tác a S di Szekesfehérvàr (a SO di Budapest) hanno posto in luce un centro romano di notevole estensione, la cui area oltrepassa i kmq, che in base alle indicazioni dell'Itinerarium Antonini (Ir. Ant., 264, 4: Gorsio sive Hercule) è stato identificato con G., sull'incrocio delle importanti strade Aquincum-Sopianae e BrigetioSopianae.
In precedenza (1934) erano state scoperte due ville, alla distanza di 400 m una dall'altra e gli scavi erano stati sospesi nel 1940 (pubblicati da E. Thomas, 1955) e successivamente condotti nella vicina necropoli del IV e V secolo. Lo scavo delle ville è stato completato nel 1961. La principale di queste ville è del tipo a peristilio e costituisce uno degli edifici antichi di maggior mole posti in luce in Ungheria. È databile al IV sec.; ma sono stati accertati precedenti impianti, il più antico dei quali sembra risalire all'età di Traiano. È stato recuperato abbondante materiale. Fra questo una statuetta di Venere, in bronzo delle più eleganti che siano state trovate in Pannonia e che va forse attribuita a officina di Alessandria. Da notarsi un rilievo del Cavaliere Tracio in piombo e un frammento di vaso diatreto, a rete, sul tipo di quelli dell'officina di Colonia. Nei pressi di questa villa e affacciati sulla stessa via sono stati posti in luce altri edifici minori, che dovevano avere pareti in legno; inoltre una fornace e un edificio più grande, absidato, che è stato interpretato come una basilica paleocristiana. Anche questa costruzione risulta preceduta, sullo stesso sito, da altri edifici. Di questi, una parete danneggiata dal fuoco reca resti di pitture di buona qualità. Vi si scorgono fogliami e fiori composti in grandi medaglioni, alcuni dei quali contengono teste maschili e femminili. Altre pitture presentano frammenti di composizioni figurate, di qualche ampiezza, incorniciate in stucco. La datazione di questi resti sembra che possa esser indicata, da monete di Filippo jurnor, attorno al 247. Altri resti appartengono anche al II e al I sec., con frammenti di terra sigillata di tipo padano. Molti altri oggetti sono stati recuperati da un pozzo molto profondo, prossimo all'abside della supposta basilica. Procedendo lungo la medesima via urbana lastricata, è stato isolato un complesso di edifici che appare databile (per monete di Adriano) alla terza decade del II sec. d. C. Questo complesso sembra che dovesse avere carattere pubblico e rappresentativo e affacciarsi sul Foro. Vi compaiono anche i resti di due fontane ornamentali e si è cominciato a individuare un colonnato, che non è ancora stato posto in luce. È stata individuata anche una necropoli, dalla quale sono state recuperate numerose sculture di soggetto mitologico, stele con ritratti entro edicole (notevole la stele di un P. Aelius Respectus e della sua famiglia) e are con dediche.
Dall'insieme delle scoperte, anche se interessano solo una piccola parte dell'area urbana, si possono già ricavare alcune indicazioni di carattere generale e storico. Il centro urbano dovette essere costituito da edifici pubblici, attorno ai quali restavano prevalentemente permanenti le caratteristiche di un centro rurale, con case di legno e capanne coperte di intonaco. La popolazione dovette esser costituita prevalentemente da Eravisci celtici, e la romanizzazione doveva aver toccato solo lo strato dirigente e i mercanti, probabilmente pannonici romanizzati e celti dell'Italia settentrionale. Il centro deve aver subito gravi danni o nel 166-67 dall'invasione degli Obî e dei Longobardi (una tomba di cavaliere longobardo è stata trovata nella parte meridonale della città), oppure durante la guerra di Marco Aurelio contro i Marcomanni. Su tutta l'area sinora scavata è stato rinvenuto un rilevante e uniforme strato di materiale combusto, che separa gli strati del II sec. da quelli del III. Forse la ricostruzione della città fu iniziata alla fine del regno di Commodo; ma essa va riferita soprattutto al primo decennio dei Severi. Nel 202 Settimio Severo visitò la Pannonia e ne rimane il ricordo in una iscrizione (Acta Acad. Hungar., ii, 1959, p. 241) che si riferisce alla dedica del restaurato tempio di Giove Dolicheno. Il tempio non è stato individuato; ma l'interpretazione dell'iscrizione, che era apparsa incerta, è stata confortata da altre indicazioni. In onore di Massimiano Erculio, il nome di G. fu mutato in Herculia (cfr. anche Itin. Anton., 265, 1). La città dovette restare fiorente sino al tempo di Valentiniano I; ma alla fine del IV sec. accusa sintomi di decadimento. È possibile, ma non provato, che in questo tempo fosse recinta di mura. Nel VI sec. troviamo che la grande villa era già da tempo abbandonata, perché sul suo sito, già interrato, sorge una necropoli longobarda. Fra i resti del supposto tempio di Dolicheno è stata scoperta una tomba di donna àvara.
Bibl.: E. B. Thomas, in Acta Archaeologica Hungarica, 6, 1955, p. 79 ss.; Pauly-Wissowa, Supplem. IX, c. 73-75, 1962; J. Fitz, Gorsium, in Acta Archaeologica Carpathica, X, 1968, p. 287-300.