Vedi GORTINA dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
GORTINA (Γόρτυν, Γόρτυνς nelle iscrizioni; Γόρτυς, Gortyna)
Fu in età classica, accanto a Cnosso, la città più importante della parte centrale dell'isola di Creta e ne divenne poi, con la conquista romana, la capitale. Sorgeva ai piedi delle colline che chiudono a N la pianura della Mesarà, che era chiamata nell'antichità anche Γορτυνία.
Presso G., accanto alla fonte Sauros, la tradizione pone il platano sempre verde, sotto il quale si sarebbero uniti Zeus e Europa; Europa sul toro è rappresentata già sulle monete più antiche di G.; Rhadamantys, nato da quella unione avrebbe avuto, secondo la tradizione cretese, come figlio Gortys, l'eroe eponimo della città. Secondo altri Gortys sarebbe venuto invece dall'Arcadia, dove, come anche in Tessaglia, esiste una città omonima. Altri ancora attribuiscono la fondazione ai Minii di Lemno e di Imbros. La notizia, risalente forse ad Eforo, di una fondazione da parte di Amiclei e Spartani non manca di una certa attendibilità, per l'esistenza del mese ᾿Αμυκλαῖος, e può essere riferita forse all'invasione dorica.
G., citata già nell'Iliade e nel Catalogo delle navi, era, a giudicare dai trovamenti, centro importante nel VII sec. a. C. In tale epoca, o agli inizî del VI sec. a. C., dev'essere collocata l'attività degli scultori gortinii Dipoinos e Skyllis (v.). L'organizzazione politica dello stato gortinio era più o meno analoga a quella delle altre città cretesi. Accanto alla tribù dorica dei Δυμάνες troviamo quelle cretesi degli Αὐτολῆται. Il collegio dei cosmi, chiamati localmente Κόρμοι, era assistito dalla βωλά, eletta dallo σταρτὸς. Al VI sec. a. C. appartengono diverse iscrizioni di carattere pubblico fra cui leggi e decreti, e fra la fine del VI e l'inizio del V sec. a. C. può essere datata la grande iscrizione su blocchi reimpiegati nell'odeion, che contiene, nella parte a noi pervenuta, norme relative ai rapporti fra liberi e schiavi, casi di violenza, diritto ereditario, ecc.
Nel periodo suddetto lo stato gortinio incomincia ad espandersi oltre le frontiere naturali del Leteo (attuale Geropotamòs) a S; dalla metà circa del V sec. a. C. G. e Cnosso prime fra le città cretesi battono moneta. Ma il periodo della massima potenza di G. è nell'età ellenistica, quando essa contende a Cnosso e poi a Cidonia l'egemonia dell'isola, sottomettendo tutta la Mesarà e vaste zone sul versante settentrionale e creandosi sbocchi sul mare a Lebena, e nel II sec., dopo la distruzione di Festo, a Matala. Dopo una grave crisi interna all'epoca della guerra di Lyktos (221-200 a. C.) che porta ad una recrudescenza del conflitto con Cnosso, Tolomeo IV comincia a cingere G. di mura. Durante la conquista romana di Creta nel 68-67 a. C. G., che era stata già prima in rapporti abbastanza buoni con Roma, non sembra aver opposto resistenza. Già sede del κοινὸν τῶν Κρηταιέων essa divenne capitale della provincia senatoria di Creta e Cirene (v. creta et cyrenaica), e fu città di notevole splendore.
Fra i culti più importanti possiamo annoverare quelli di Zeus Astèrios, Apollo Pỳthios, Atena Polìochos, Britomartis, Velchanos, Eileithya e dell'eroe eponimo Gortys. Successivamente furono introdotti anche i culti di Asklepios, di Iside e di Serapide. Sede vescovile fin dal I sec. essa fiorì ancora in età bizantina e venne distrutta dagli Arabi nel 725. Le rovine furono riconosciute e descritte già da viaggiatori del Rinascimento, fra cui merita particolare nota Onorio Belli, che ne rilevò alcuni monumenti. Scavi sistematici sono stati eseguiti dalla Missione Archeologica Italiana di Creta fin dal 1884, ed ancora continuano.
La città si estendeva in pianura, a circa 150 m sul mare, prevalentemente ad E del Mitropolianos (affluente del Geropotamòs); nelle sue adiacenze sono i villaggi di Hagioi Deka ad E, Ampeluso ad O, Mitropolis a S-O; a N sono le ripide colline di Hagios Iohannis (m 250 circa), ad O il Prophitis Ilias (m 300 circa).
Le tracce di vita più antiche sono scarsi avanzi di abitazioni neolitiche con muri in pietrame rinvenuti sul colle di H. Iohannis, che fu poi l'acropoli della città greca. Al Minoico Tardo II risale un palazzetto, il cui scavo è stato condotto nel 1958, presso Mitropolis (località Kannià) con magazzini e sacelli con sculture fittili di notevoli dimensioni, rappresentanti una divinità femminile secondo il noto schema minoico. Frammenti ceramici minoici sono stati rinvenuti in scarse quantità anche sull'acropoli e a Vòlchos, sulle estreme pendici sud-occidentali del Prophìtis Ilias.
La conoscenza della G. greca è, allo stato attuale delle ricerche, assai lacunosa.
L'acropoli è l'unica zona di cui possiamo farci attualmente una idea, anche se sommaria, grazie alle ricerche di questi ultimi anni. In età submicenea essa fu occupata da un abitato, che perdurò fino al VII sec. a. C.: le case, in parte, di unico ambiente, con eschàra, hanno i muri in pietrame. Nel Periodo Geometrico alcune, sul ciglio, furono demolite per la costruzione di uno spesso muro di fortificazione, pure in pietrame unito da argilla. In tale centro sorto, come parecchi altri a Creta, evidentemente in concomitanza con l'invasione dorica in posizione facilmente difendibile, che giustifica l'appellativo di κρημνία, possiamo riconoscere, con buone ragioni la Γόρτυς τειχιέησσα di Omero.
Circa nel secondo venticinquennio del VII sec. a. C. sorse a S della sommità della collina, in posizione dominante, sul ciglio, sul luogo di un santuario precedente, un tempio di m 13 × 13 circa, di cui sono conservate le sostruzioni in blocchi squadrati di gesso alabastrino e blocchetti di calcare. In pietrame unito con argilla sono le fondazioni di alcuni muri interni che non danno una pianta chiara, ma possono far pensare ad una tripartizione del naòs; nella parte centrale è il thesauròs a forma di pozzo quadrato in blocchi di pòros. All'elevato appartengono almeno due rilievi metopali in pòros con una triade femminile, che, benché in cattivo stato, sono fra i più notevoli esempî di scultura monumentale del periodo dedalico a Creta. Verso la fine del VII sec. a. C. sorse più in basso del tempio, certo in sostituzione di uno precedente, che doveva trovarsi nelle vicinanze, un lungo altare in blocchi di alabastro addossato alla collina e preceduto da un ampio piazzale, sostenuto da un muro con grandi blocchi di calcare disposti a scacchiera. Nel sottosuolo della terrazza era depositata una ricca stipe votiva, in base alla quale possiamo attribuire tempio e altare ad Atena Poliochos. In età arcaica e classica il santuario ebbe varie vicissitudini edilizie; importanti restauri vi furono eseguiti, evidentemente in seguito a franamenti nella zona dell'altare, in età ellenistica. Fra il materiale rinvenuto possiamo menzionare, due frammenti di statue femminili monumentali, attribuibili all'incirca alla metà del VII sec. a. C., e il materiale della stipe, la quale è, accanto a quella di Praisos, fra le più notevoli di tutta l'isola, e permette di seguire lo sviluppo dell'arte locale dal Protogeometrico avanzato a tutto il periodo orientalizzante. Alcune statuette fittili femminili tardo-geometriche, subgeometriche e dedaliche hanno ancora il corpo girato al tornio, di tradizione minoica: una, alta ben 40 cm, in cui si manifesta già la rigida struttura "dedalica", e che può essere datata all'inizio del VII sec. a. C., rappresenta la dea nell'atto di vibrare l'asta, che, come lo scudo e l'elmo, era evidentemente metallica, ed è quindi una delle più antiche rappresentazioni di Atena con i suoi attributi tradizionali. Al VII sec. a.C. appartengono anche numerosi rilievi fittili impressi a matrice, in cui troviamo rappresentati oltre ai tipi della dea vestita o nuda in posizione frontale, anche scene con più figure, sfingi, grifi e altri animali. Alcuni di questi pìnakes sono dipinti a figure nere e a figure rosse. Abbondantissima è la ceramica, fra cui prevalgono gli scudi votivi e i kérnoi. Questi ultimi, gli unici finora noti del periodo protoellenico, sono costituiti normalmente da un sostegno che regge due o tre piani di vasetti e sopra da una capannuccia circolare, evidentemente per la lucerna sormontata da un tripode. Alcuni esemplari, anche fra i più antichi, hanno il piede traforato e ornato di rosette a rilievo e i vasetti sostituiti da archetti sovrapposti, dai quali, nel periodo orientalizzante, si sviluppano composizioni a volute di carattere quasi barocco.
Degli edifici, uno o più di uno, di carattere monumentale, che dovevano sorgere sull'acropoli in età ellenistica conosciamo finora soltanto elementi architettonici reimpiegati. Presso il pendio S della collina sono state trovate tombe del Periodo Geometrico e avanzi di un edificio con ortostati in alabastro.
Probabilmente la città bassa era costituita, in età greca, da vari nuclei senza stretto legame, a somiglianza con altre città greche. Della cinta, la cui costruzione fu iniziata da Tolomeo IV e rimasta forse incompiuta e che avrebbe dovuto misurare secondo Strabone ottanta (o forse diciotto?) stadî, non ci è pervenuto finora alcun avanzo. Dei quartieri e località menzionate in numerose epigrafi conosciamo l'ubicazione dell'agorà e del Pythion, e forse del villaggio di Aulon, che sarebbe stato sul luogo dell'attuale Hagioi Deka, mentre ignoriamo dov'era il Latonion.
L'agorà, in un'area piana sulla sinistra e forse anche in parte sulla destra del Mitropolianòs, si trovava all'incirca a metà strada fra l'acropoli e gli altri nuclei più antichi, attualmente più o meno identificabili.
Tale situazione che ricorda in parte quella di altre agorái cretesi, rende suggestiva l'idea che in origine le due parti della città siano state abitate da due strati di popolazione diversa.
Fra la fine del VI e l'inizio del V sec. a. C. vi dev'essere sorto, non sappiamo dove, un edificio curvo, forse analogo alla σκιάς di Sparta e ad altre simili thòloi, di cui è stato reimpiegato nell'odèion romano parte del muro con la "grande iscrizione". Ad età ellenistica possono essere invece datati l'edificio quadrangolare sotto l'odèion e a poca distanza una stoà che limitava il lato S di una piazza. Una iscrizione, reimpiegata nella vicina chiesa di S. Tito, menziona inoltre un ponte (ἁ ἐπ΄ ἀγορᾶ δέπυρα).
Il tempio di Apollo Pỳthios (il Pythion) è in aperta pianura, 6oo m circa a S-E dell'agorà. Esso è costituito da una cella più larga che profonda (m 16,30 × 14,45) che, per la sua struttura in blocchi di pòros uniti da grappe a coda di rondine, può essere datata al VI sec. a. C., e da un pronao interamente chiuso ad E, con semicolonne doriche sulla fronte, probabilmente del III sec. a. C. avanzato. La cella, che ha sostituito un edificio precedente non meglio databile, con strutture in gesso alabastrino, aveva forse già in origine dei sostegni interni e un thesauròs a forma di pozzo quadrangolare, che fungeva anche da erario per lo stato gortinio, come attesta un'iscrizione. Numerosissimi sono i decreti incisi sulle pareti, che risalgono quasi tutti ad età arcaica, quando il tempio era anche archivio pubblico.
Al III sec. a. C. può essere datata anche la testa colossale della statua di culto, originariamente acrolita, che fu adattata in età imperiale ad un torso classicheggiante. In tale epoca, e più precisamente nel II sec. d. C. la cella fu divisa in tre navate da colonne, fu aggiunta un'abside ad O e venne rifatta la pavimentazione in lastre di marmo. Ad età romana risalgono anche l'attuale altare e il bacino per le offerte. A N del pronao è una tomba onoraria in blocchi di pòros che, per i resti della suppellettile, può essere datata al III sec. a. C.
Sulle estreme pendici del Prophitis Ilias, sopra l'abitato di Hagioi Deka, è stata parzialmente esplorata la stipe votiva di un santuario di Demetra o di una divinità affine, con materiale di età classica e ellenistica. Frammenti ceramici di età greca anche del Periodo Geometrico sono stati trovati in vari luoghi dell'area urbana antica, sia in pianura, sia fin nei pressi della sommità del Prophitis Ilias.
In età imperiale la maggior parte dell'area fra Hagia Limni e le pendici meridionali dell'acropoli, fino a 1 km e mezzo dal piede delle colline, era costruita. Abbiamo finora troppo pochi elementi per la cronologia assoluta delle strutture di tale periodo, ma possiamo almeno abbozzare quella relativa limitatamente, s'intende, a determinati periodi e agli edifici più importanti. Nel I sec. a. C. o nel primo periodo imperiale alla tecnica in blocchi squadrati uniti senza malta si sostituisce quella simile nell'aspetto esteriore, dove però i conci del paramento lapideo, finemente lavorati, aderiscono ad un nucleo in opera a sacco; i muri minori, anziché in pietrame unito con argilla, sono per lo più in opus incertum piuttosto rozzo. Il laterizio che compare già nel I sec. dell'Impero è molto usato nel II sec. d. C.: le vòlte sono costituite da grandi mattoni, però è presente, spesso ancora una assisa di euthynteria in blocchi di pòros. Assai meno curata è la tecnica costruttiva nel IV sec. e nei periodi successivi, in cui il laterizio ha spesso funzione di ornamento architettonico.
Sull'acropoli, ad O del tempio, sono gli avanzi di un grande edificio in laterizio, forse una cisterna. Nella zona dell'agorà venne creata in età romana un unica piazza mediante copertura, con voltoni, del letto del Mitropolianòs. A N-E sorse, con ogni probabilità nel primo Impero, l'odèion, restaurato poi sotto Traiano. È un piccolo edificio costituito da una cavea semicircolare dai gradini elegantemente sagomati poggiante su ambulacri a vòlta, e da una scena rettilinea rivestita di marmi. A N-O, con la cavea in massima parte appoggiata alle pendici dell'acropoli, è il teatro maggiore, nelle cui strutture superstiti è largamente usato il laterizio. Di fronte all'odèion sono avanzi di una vasta aula con muri in laterizio e alquanto più ad O due serie di ambienti a vòlta divisi da una strada.
Fra l'agorà e il Pythion sono da segnalare avanzi di un complesso probabilmente termale e un arco onorario, ad E del quale è il santuario delle divinita egiziane: è un tempio a semplice cella, preceduto da un portico di ordine ionico; nella redazione attuale risale al II sec. d. C., dedicato da Flavio Filyra. Nell'interno furono rinvenute le statue di culto di Iside, Serapide, Anubis. A S si scende ad un bacino lustrale per una scala nella costruzione della quale è stata reimpiegata una dedica ad Iside, di età ellenistica.
A S del Pythion sono avanzi di un teatro di notevoli dimensioni con scena rettilinea e strutture in laterizio. Sul lato opposto dell'area antistante al tempio, nella quale emergono le strutture di un ninfeo, era il pretorio. Questo vasto edificio, sede dei procuratori imperiali, è stato solo in piccola parte esplorato e pertanto non possiamo ancora avere un'idea sufficiente della sua pianta e delle funzioni degli ambienti, salvo per la "basilica" nella sua fase più tarda. Nella parte S del complesso sono state incorporate strutture precedenti (del tardo ellenismo o del primo periodo dell'occupazione romana), fra cui verso E, un portico con colonne ioniche. A tali strutture è appoggiata una specie di edicola a forma di triconchos, di età augustea o giulio-claudia, con pavimento in marmo e una larga apertura fiancheggiata da nicchie verso E. Ad epoca immediatamente seguente, probabilmente ancora nel I sec. dell'Impero, appartiene un grande ambiente rettangolare in laterizio incorporato poi in tutto un complesso di cui si possono riconoscere a N-O un ambiente con due vasche in vani laterali, di carattere forse termale, e verso E una sala absidata con pilastri angolari che sostenevano una vòlta a crociera. A tale fase sembra appartenere anche un grande cortile preceduto sul lato N da un portico con 2 file di grandi colonne, le esterne in granito e le interne in marmo pentelico, con capitelli, corinzi e compositi, che può essere datato, per lo stile degli elementi architettonici, in età adrianea o poco dopo. Mentre il disegno di tali elementi si ricollega all'architettura aulica di ambiente italico, la esecuzione tradisce nella viva plasticità di tutti i singoli elementi la mano d'opera greca.
Dinanzi alla parte occidentale dell'edificio, fu costruito probabilmente dopo il terremoto del 372 (o 374), dal proconsole Icumenio Dositeo una grande aula basilicale con abside semicircolare a S, un ingresso monumentale sul lato opposto e una specie di navata laterale aperta anche verso l'esterno lungo il lato occidentale. Dinanzi ai sostegni di tale portico sono conservate in sito basi di statue onorarie della seconda metà del IV sec., mentre elementi architettonici e iscrizioni di epoca precedente sono reimpiegate nelle strutture. Ad età protobizantina appartiene infine una forica del tipo ad atrio tetrastilo nella parte centrale dell'edificio.
A N del pretorio sono avanzi di un ninfeo del II sec. d. C. con facciata architettonica che si sviluppa lungo tre lati della vasca e sculture fra le colonne di ordine ionico. Nella parte meridionale dell'area urbana, nella località Megali Porta, sono oltre ad altri ruderi non identificabili, gli avanzi ancora grandiosi di un complesso monumentale, probabilmente un edificio termale, del II sec. d. C. e, poco più a N è stato in parte esplorato un ninfeo di tipo analogo a quello presso il pretorio. Più ad E è l'anfiteatro, del II sec. d. C. avanzato, di tipo abbastanza singolare per il carattere di scenae frons che aveva tutto il lato occidentale. In saggi di scavo sul lato esterno di quest'ultimo, ornato da nicchioni semicircolari, sono stati rinvenuti frammenti della ricca decorazione architettonica e una statua ritratto colossale di Antonino Pio. Più a S sono degli avanzi che possono forse appartenere ad uno stadio, e resti del circo, lungo 420 m, con i carceres a N-E e un porticato con colonne di marmi diversi nella summa cavea.
Monumenti funerari e camere sepolcrali, per lo più con tre arcosoli e talvolta con loculi, sono conservati soprattutto ad oriente della città, alla periferia di Hagioi Deka, particolarmente presso Hagia Limni, ma ne sono stati rinvenuti anche a S e S-O.
A N dell'area urbana sono avanzi dell'acquedotto che convogliava l'acqua da Zaro alle pendici delle Psiloriti, e attraversava la gola del Mitropolianòs su un ponte viadotto ora quasi interamente crollato, prima e dopo il quale si divideva in più bracci.
Dei monumenti paleocristiani di G. sono stati esplorati finora una basilica del V sec. a tre navate divise da colonne, in località Mavròpapa, e una chiesa ad unica navata della stessa epoca, che ha sostituito il tempio sull'acropoli, utilizzandone il thesauròs come vasca battesimale, e che venne rifatta in età giustinianea o poco dopo. Probabilmente del V sec. sono anche gli avanzi di due basiliche incluse nella chiesa di Hagioi Deka e nella cappella di Hagia Marina a N del villaggio.
Di età giustinianea sono probabilmente le fortificazioni attuali dell'acropoli, fatte con reimpiego di materiali classici, di cui faceva parte anche un torrione sul punto più alto della collina. Ma il monumento più significativo di tale periodo a G. è la basilica di S. Tito nella zona dell'agorà, a croce latina, con nartece, esonartece e probabilmente un atrio. Il transetto ha alle estremità alcune absidi, e il berna, tuttora in piedi, è fiancheggiato dai pastophoroi. Le strutture sono in grandi blocchi con nucleo in opera cementizia; le vòlte superstiti sono a botte, ma la crociera del transetto aveva, come forse anche la navata, una copertura a cupola. La decorazione dell'ambone risente, come tutta l'architettura, dell' influsso dei modelli costantinopolitani.
Il territorio di G., imperfettamente esplorato, è molto ricco di avanzi antichi. A Vurvulitis, a N del Prophitis Ilias, è stata rinvenuta un'abitazione del Minoico Medio, e frammenti di ceramica minoica provengono dalla zona a N-O dell'acropoli. Una necropoli con tombe a thòlos che contenevano materiale submiceneo, protogeometrico e geometrico, è stata rinvenuta a Kurtes, 5 km a N-O, e frammenti ceramici delle stesse epoche e di età arcaica e classica affiorano in quantità anche nelle località Σωκωράκια alla confluenza del Mitropolianòs con il Geropotamòs e Arogiani Mandra a S-E di Hagioi Deka. A Vali, circa 7 km ad E di Hagioi Deka, dove affiorano frammenti di ceramica di età arcaica, è stata rinvenuta anche una dedica ad Eileithyia, del II-I sec. a. C.; o avanzi di età ellenistica e romana, appartenenti in parte a ville rustiche sono a Plutì (fra G. e Kurtes) e, verso E, a Gargales, a Valì e a Stoloi.
La maggior parte delle iscrizioni e sculture rinvenute durante gli scavi di G. sono riunite presso il Phylakeion. Delle iscrizioni, notevoli sono quelle arcaiche, delle quali alcune bustrofediche, scritte nell'alfabeto locale, provenienti dal Pythion; tra le numerose epigrafi, si ricordano varî decreti di proxentia di età ellenistica; l'iscrizione di A. Larcio Lepido Sulpicieno, questore di Creta, poi generale di Vespasiano a Gerusalemme ricordato su tre grandi lastre del basamento di un monumento onorario che sorgeva nei pressi del pretorio; quella che ricorda la ricostruzione dell'Odèion, ruinae collapsum, ad opera di Traiano nel 100 d. C., e la dedica di un certo Satyrides a Gortys e Eneteria. Tra le sculture, oltre ai numerosi capitelli e frammenti di decorazioni architettoniche, vanno menzionate una bella testa di Caracalla e una di Atena (II sec. d. C.) proveniente dal ninfeo.
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