GOTOFREDO (Gotifredo, Goffredo)
Riguardo a G., patriarca di Aquileia, non si dispone di alcuna informazione sulle origini e sulla data di nascita. Si sa soltanto che, prima di assumere la guida del patriarcato nel 1182, era abate di Sesto, carica con cui è attestato per la prima volta nel 1176. Il fatto che l'anno successivo avesse partecipato alla pace di Venezia tra l'imperatore Federico Barbarossa e papa Alessandro III pare indicare che non fosse considerato un personaggio di secondo piano.
Diventato patriarca dopo la morte del suo predecessore Ulderico (II), avvenuta il 2 apr. 1182, G. si dimostrò un fedele alleato del Barbarossa, seguendo così la tradizionale linea di collaborazione tra patriarchi di Aquileia e sovrani tedeschi e differenziandosi dal suo predecessore Ulderico il quale, nel corso del turbolento periodo dello scisma e della lotta tra Impero e Comuni, aveva invece tentato di schierarsi con Alessandro III. Nella primavera del 1183, poco prima della pace di Costanza, siglata il 23 giugno tra l'imperatore e i Comuni italiani, G. versò infatti una forte somma in favore del sovrano, il quale pare che in quel periodo avesse notevoli difficoltà finanziarie. Si ipotizza che quel denaro sia poi servito agli ambasciatori di Federico impegnati nelle trattative con i Comuni. I buoni rapporti tra G. e il Barbarossa sono testimoniati anche dal particolare che il patriarca aveva fatto parte del seguito del sovrano, allorché questi si recò in varie città del Veneto nell'autunno del 1184. L'episodio che tuttavia meglio evidenzia la fedeltà di G. avvenne a Milano nel gennaio 1186, allorché il patriarca incoronò re d'Italia Enrico, figlio di Federico, nonostante il divieto di papa Urbano III. A causa di questo atto il pontefice sospese dagli uffici divini G. e tutti gli ecclesiastici che avevano partecipato alla cerimonia. Il dissidio tra Urbano III e G. non dovette però durare a lungo, poiché nell'estate dello stesso anno, in occasione della costituzione della diocesi di Capodistria, il papa sottolineò che il vescovo di Capodistria doveva riconoscere l'autorità del patriarca di Aquileia. Morto Federico, G. dimostrò la sua devozione agli Hohenstaufen, accompagnando Enrico VI a Roma, dove quest'ultimo fu incoronato imperatore nell'aprile del 1191.
Per quanto concerne gli affari interni al patriarcato, G., subito dopo essere stato eletto, dovette affrontare la spinosa questione della riforma dell'ordinamento del capitolo di Aquileia attuata dal suo predecessore, che aveva assegnato meno potere al prevosto. Gabriele da Caporiaco, che nel 1183 occupava quella carica e apparteneva a una delle più importanti famiglie del Friuli, si dichiarò contrario a questo cambiamento e, approfittando dell'assenza del prete decano, recatosi dal papa a chiedere il pallio per il patriarca, si era impadronito dell'amministrazione dei beni del capitolo con l'aiuto dei suoi familiari. Gabriele sosteneva che la costituzione di Ulderico era contraria al diritto comune e alle consuetudini della Chiesa aquileiese e aveva causato notevoli danni economici alla prepositura. I canonici invece avevano evidenziato che i Caporiaco avevano agito con le minacce e la violenza e avevano cercato d'impedire che la questione fosse discussa da un tribunale ecclesiastico. L'estremo stato di tensione creatosi, il fermo rifiuto del prevosto a giungere a qualsiasi tipo di composizione in denaro e probabilmente il desiderio di non inimicarsi, appena eletto, una famiglia così potente come i Caporiaco indussero G. a cedere alle richieste di Gabriele per evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.
A tale proposito occorre inoltre tenere conto del fatto che anche l'arcidiacono di Aquileia Pellegrino, il quale, alla morte di G., diventò patriarca, e il vescovo di Trieste si erano dichiarati favorevoli al prevosto. Se G. avesse agito in modo diverso avrebbe suscitato pure un conflitto con le massime cariche ecclesiastiche locali. Degno di nota è il particolare che il patriarca non dimenticò i danni subiti dai canonici e concesse loro alcune proprietà.
Tra i provvedimenti di G. che riguardano il patriarcato spicca in modo particolare uno preso in campo economico. Nel novembre 1184, alla presenza di Federico Barbarossa, G. infatti concesse in feudo al conte del Tirolo, Enrico, una parte del territori circostanti Gemona con la clausola che intorno alla città non si potesse tenere alcun tipo di mercato: egli quindi non si preoccupava soltanto dei rapporti con l'Impero e l'aristocrazia locale, ma aveva a cuore anche lo sviluppo dei ceti mercantili del patriarcato.
Un altro dissidio risalente al periodo di Ulderico, che evidenzia ulteriormente l'impossibilità di G. di agire con la forza o la sua volontà di non giungere allo scontro aperto, fu quello riguardante i beni spettanti al capitolo di Cividale che Dietrico di Sacile, ministeriale della Chiesa di Aquileia, si rifiutava di cedere ai canonici. Nel 1185 G., tramite il notaio Pietro de Meldis, invitò Dietrico a restituirli, ma questi si rifiutò addirittura di rispondere all'invito ricevuto. Su pressione dei canonici cividalesi nel 1192 il patriarca sollecitò Corrado, figlio del defunto Dietrico, a riparare all'ingiustizia da questo commessa, ma Corrado si comportò come il padre. G., approfittando probabilmente del fatto che i canonici si erano rivolti anche al papa, preferì affidare la questione al pontefice. Il particolare che si trattasse di un contrasto estremamente difficile da risolvere è testimoniato dalla circostanza che neppure l'intervento della S. Sede convinse Corrado a recedere dalla sua posizione; si giunse infatti alla scomunica di Corrado e di suo fratello, Enrico.
Non è da escludere che in queste occasioni l'atteggiamento di G. fosse stato dettato dalla necessità di evitare lo scoppio di dissidi violenti all'interno del patriarcato. Essi non erano infatti auspicabili nel clima di difficili rapporti esistente fra questo e il Comune di Treviso, che in varie occasioni era sfociato in guerra aperta.
G. morì nell'ottobre del 1194.
Fonti e Bibl.: Friderici I diplomata inde ab a. 1181 usque ad a. 1190, a cura di H. Appelt et al., in Mon. Germ. Hist., Diplomata regum et imperatorum Germaniae, X, 4, Hannover 1990, pp. 111, 128, 131-134, 136, 191; B.M. De Rubeis, Monumenta Ecclesiae Aquileiensis, Argentinae 1740, coll. 626 s., 629, 631, 633, 636-638; P.S. Leicht, Il patriarca G. e il Barbarossa in due carte inedite, in Memorie storiche forogiuliesi, V (1909), 1, pp. 13-16; P.F. Kehr, Italia pontificia, VII, Venetiae et Histria, 1, Provincia Aquileiensis, Berolini 1923, pp. 40-43; C. Scalon, Diplomi patriarcali. I documenti dei patriarchi aquileiensi anteriori alla metà del XIII sec. nell'Archivio capitolare di Udine, Udine 1983, pp. 33-36; Historia ducum Venetorum, in Testi storici veneziani (XI-XIII secolo), a cura di L.A. Berto, Padova 1999, p. 60; A. Puschi, La Zecca de' patriarchi d'Aquileia, Trieste 1884, p. 29; P. Paschini, I patriarchi d'Aquileia nel secolo XII, in Memorie storiche forogiuliesi, X (1914), 1, pp. 249-276; H. Schmidinger, Patriarch und Landesherr. Die weltliche Herrschaft der Patriarchen von Aquileja bis zum Ende der Staufer, Graz-Köln 1954, pp. 78 s., 81 s., 84 s., 87, 104, 138, 166; G.C. Menis, Storia del Friuli dalle origini alla caduta dello Stato patriarcale, Udine 1976, pp. 216 s.; P.S. Leicht, Breve storia del Friuli, Udine 1977, p. 105; R. Della Torre, L'abbazia di Sesto in Sylvis dalle origini alla fine del '200. Introduzione storica e documenti, Udine 1979, pp. 51, 53; C. Scalon, Necrologium Aquileiense, Udine 1982, pp. 18, 30, 35 s., 39, 42, 46, 55 s., 272, 322; Id., Un documento aquileiese inedito del 1183, in Studi forogiuliesi in onore di Carlo Guido Mor, a cura di G. Fornasir, Udine 1983, pp. 128-130; M.L. Iona, Note di diplomatica patriarcale. Gli scrittori dei documenti solenni da Pellegrino a Goffredo, in Il Friuli dagli Ottoni agli Hohenstaufen. Atti del Convegno internazionale di studio, Udine… 1983, a cura di G. Fornasir, Udine 1984, pp. 246, 250, 253-259, 287-295; P. Cammarosano, L'Alto Medioevo: verso la formazione regionale, in Il Medioevo, a cura di P. Cammarosano, Udine 1988, p. 154; P. Paschini, Storia del Friuli, IV, a cura di G. Fornasir, Udine 1990, pp. 245, 268, 279-286, 307, 317, 321, 339, 348, 350 s.; R. Härtel, Il Comune di Treviso e l'area patriarchina (secoli XII-XIV), in Storia di Treviso, II, Il Medioevo, a cura di D. Rando - G.M. Varanini, Venezia 1991, pp. 221 s.; D. Rando, Dall'età del particolarismo al Comune (secoli XI - metà XIII), ibid., p. 73; P. Golinelli, L'abbazia di Sesto al Reghena nel pieno Medioevo (967-1198), in L'abbazia di S. Maria di Sesto tra archeologia e storia, a cura di G.C. Menis - A. Tilatti, Pordenone 1999, pp. 142, 144; A. Tilatti, Gli abati e l'abbazia di Sesto nei secoli XIII-XV, ibid., p. 150; P. Cammarosano, Patriarcato, Impero e Sede apostolica, 1077-1251, in Il patriarcato di Aquileia. Uno Stato nell'Europa medievale, a cura di P. Cammarosano, Udine 1999, pp. 57-59; R. Härtel, Tre secoli di diplomatica patriarcale (944-1251), ibid., pp. 237, 243-245, 248 s., 251, 256 n. 126; Diz. biogr. degli Italiani, XLII, pp. 764 s.