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CALVI, Gottardo

di ** - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)
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CALVI, Gottardo

**

Nacque a Milano il 2 ott. 1818 da Giovanni Battista, nobile di origine genovese, e da Carolina Magretti. Compì gli studi elementari e ginnasiali nel collegio di Monza; frequentò poi il liceo di porta Nova di Milano. Laureatosi a Pavia in giurisprudenza (1839), si dedicò subito alla pratica legale, alternandola con viaggi in diverse regioni italiane e all'estero, in Francia, Belgio e Svizzera.

Intanto, dopo un periodo di apprendistato, venne scelto come direttore aggiunto presso il Regio gabinetto numismatico di Brera. Questa attività, non molto impegnativa, gli diede la possibilità di dedicarsi con impegno agli studi. Nel 1843 assumeva la direzione della Rivista europea di cui era già collaboratore.

Questa rivista, sorta nel 1838 dalla fusione di due giornali, L'Indicatore e il Raccoglitore, si era sino ad allora occupata di problemi letterari; col nuovo direttore si aprì anche ai problemi scientifici, economici, sociali non trascurando alcun intervento che provocasse una migliore conoscenza dei problemi italiann. Sotto la guida del C. la Rivista europea assunse una fisionomia ben precisa con le rubriche fisse di letteratura, arte, scienza, con le corrispondenze dalle capitali degli altri Stati italiani, con i resoconti dei congressi degli scienziati, cui concesse ampio spazio (cfr. del C. stesso, Ilcongresso di Pisa. Lettore, Milano 1839; Prima riunione di naturalisti, medici ed altri scienz. ital., in Riv. eur., II[1839], 4, nn. 21-23). Inoltre egli ampliò il numero dei collaboratori che divennero un centinaio, compresi vari studiosi stranieri.

I viaggi compiuti dal C. lo misero in contatto con i problemi del mondo del lavoro che allora erano particolarmente oggetto di discussione in Inghilterra e in Francia. Si interessò soprattutto alle istituzioni e alla legislazione che in questi Stati europei e in altri si andavano attuando per risolvere il problema delle classi meno abbienti. A Milano divenne consigliere dell'Istituto di incoraggiamento delle arti e mestieri, in cui egli vedeva uno strumento idoneo per l'istruzione professionale di quei lavoratori che entravano nel mercato del lavoro senza aver fatto alcun tirocinio professionale e che necessitavano di essere indirizzati verso specializzazioni e tecniche produttive efficaci e redditizie.

Questa esperienza gli diede modo, nell'autunno del 1842, di intervenire al IV congresso degli scienziati italiani a Padova dove, alla "sezione di agronomia e tecnologia", lesse una relazione su La società di incoraggiamento per le arti e i mestieri in Milano (Milano 1843) che pubblicò anche sulla Rivista europea.

Al congresso degli scienziati tenutosi a Lucca (19 sett. 1843) il C. intervenne nuovamente leggendovi una relazione sull'utilità delle società di mutuo soccorso. In quella occasione il C. propose che una commissione di scienziati provvedesse a creare uno statuto di società di mutuo soccorso che potesse costituire un modello per la loro organizzazione. La proposta del C. venne accolta non senza contrasti e in un primo momento fu nominata una commissione con l'incarico di studiare quanto era stato fatto in Italia e all'estero in questo settore, e poi venne conferito al solo C. il compito di stendere una relazione su questi problemi. Lo studio del C. venne pubblicato sulla Rivista europea nel 1843 e ad esso seguirono poi altri articoli sullo stesso argomento da parte di studiosi italiani e stranieri. I risultati di tali studi vennero presentati sotto forma di relazione tra gli atti del congresso degli scienziati tenutosi a Milano e un sunto venne letto nella seduta del 25 sett. 1844 dallo stesso Calvi.

Il suo pensiero si era venuto delineando con chiarezza durante l'anno, sia attraverso la conoscenza di quanto era avvenuto in Francia, Belgio e Inghilterra sia attraverso lo studio delle opere di Degerando, Villermé, Buret, Cerfbeer e Deboudeville che per primi avevano analizzato l'aspetto teorico e pratico del mutuo soccorso.

Dall'esame della situazione esistente in Italia, dove alcune società, dopo qualche anno di prosperità, erano fallite o vivevano miseramente non e perché l'idea non fosse valida, bensì a causa di regolamenti insufficienti o male impostati", il C. si era convinto come fosse "necessario determinare le basi, i confini, lo scopo e le leggi contrattuali di tali associazioni, affinché formandosi come elementi di giustizia e di sicurezza abbiano a durare e prosperare come perenne utilità (Rivista europea, cit., pp. 363 s.).

Il C. si rendeva anche conto che gli artigiani e gli operai non avrebbero mai avuto il tempo e la capacità di darsi da soli un'organizzazione valida e di amministrare le somme affluite così da ripartire equamente gli oneri e i benefici sociali. Di qui la necessità di rendere operante il contributo tecnico di specialisti per le società di mutuo soccorso che venissero a costituire "un mezzo opportuno ed efficace a riparare alle sue strettezze, alla necessità della propria conservazione" (ibid.).

Le società avrebbero avuto come carattere determinante la volontarietà della partecipazione, che sarebbe divenuto un obbligo una volta che l'artigiano e l'operaio vi avessero aderito. Il C., più che sugli aspetti tecnici, insibteva sull'opera moralizzatrice che dette istituzioni avrebbero avuto perché il tirnore di perdere quanto aveva risparmiato avrebbe spinto il socio ad una condotta di vita morigerata, allontanandolo dal commettere atti tali da provocare la propria espulsione.

Egli vedeva in queste associazioni anche un fattore di ordine e di pace sociale, divenendo esse lo strumento per garantire il salario di sussistenza in caso di malattia e invalidità, e diminuendo così quegli elementi di insicurezza sociale che erano connessi ad un mercato del lavoro non regolato da alcuna normativa previdenziale.

Era perciò necessario che le società disponessero di un capitale sufficiente a svolgere la loro azione, oltre ad essere saggiamente amministrate. A tale scopo il C. sollecitava l'intervento del finanziamento privato e di quello pubblico come garanzia ultima della non aleatorietà di questa forma di assistenza e prefigurazione di un vero e proprio servizio sociale.

Al modello di società di mutuo soccorso ideato dal C. mancava solo l'obbligatorietà della contribuzione per tutti gli operai e gli artigiani, che non riteneva consono ai principî di libertà individuale di cui era strenuo difensore, timoroso parimenti che le società cadessero ancora una volta nell'errore delle corporazioni di origine medievale che imponevano ai soci un giogo tirannico ed inceppavano la naturale e libera loro azione.

La sezione di tecnologia ed agronomia del congresso degli scienziati di Milano nominò una commissione affidandole il compito di riunire gli studi intorno alle società di mutuo soccorso, di preparare uno statuto modello e di riferire al congresso di Napoli dell'anno successivo.

Dopo la chiusura del congresso il C. soggiornò a lungo a Parigi, abbandonando la direzione della Rivista europea, che passò nelle mani di Carlo Tenca. Al ritorno il C. curò il Bollettino letterario della rivista.

Il C. morì improvvisamente a Milano l'8 sett. 1846, rimaneva così interrotta la sua appassionata opera di sostegno delle società di mutuo soccorso. Oltre alla citata attività pubblicistica sulla Rivista europea, si ricordano del C. i seguenti due scritti: L'abbazia di Chiaravalle presso Milano, monumento del XII secolo, Milano 1844; Bergamo e la strada ferrata da Milano a Venezia, [post.] Milano 1849.

Bibl.: G. Carcano, Memorie di grandi, Milano 1865, pp. 214 ss.; R. Cessi, Retroscena politico del primo congresso degli scienziati italiani, in Rass. stor. d. Risorg., X (1923), pp. 448 s.; R. V. Ceccherini, La cronaca della prima riunione degli scienziati, Roma 1939, ad Indicem;R. K. Greenfield, Economia e liberalismo nel Risorgimento, Bari 1940, pp. 197 ss.; F. Della Peruta, Per una bibliografia delle pubblicazioni storiche delle società di mutuo soccorso, in Movimento operaio, III (1951), pp. 691-700; F. Bartoccini-S. Verdini, Sui congressi degli scienziati, Roma 1952, p. 83;G. Trevisam, Storia del movimento operaio italiano, Milano 1958, pp. 158-165;G. Francovich, Idee sociali e organizzazione operaia, Milano 1959, ad Indicem; Per una storia della previdenza sociale. Studi e documenti, Roma 1962, p. 14; E. R. Papa, Origini delle società operaie, Milano 1967, ad Indicem.

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calvo agg. [lat. calvus]. – 1. Che non ha capelli, detto della testa o della persona: avere il capo c.; diventare calvo. Per estens., non com., di terreno o rilievo spoglio di vegetazione; frequente nella toponomastica (per es., Monte Calvo)....
calvare
calvare v. tr. [der. di calvo]. – 1. ant. Rendere calvo. 2. Nella Garfagnana, mettere a coltivazione le macchie, i boschi o i terreni incolti; sinon. di roncare, addebbiare.
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