STELLA, Gottardo
(Gottardo di Sarzana, Gottardo de Perronis o de Donatis di Sarzana; solo Gotardus nell’ambiente curiale e umanistico). – Figlio di Perrone quondam Donati di Sarzana e di madre ignota, nacque probabilmente all’inizio del Quattrocento nella città lunigianese, ove ricevette una discreta istruzione.
Il cognome Stella fu assunto da Gottardo in età matura, nel dicembre del 1454, quando si aggregò a questa casata, forse per il desiderio di adottare un cognome ‘genovese’ per i discendenti (cui effettivamente lo trasmise) inserendosi in un’agnazione che vantava una certa notorietà nella vita politica e culturale della città. Anche in seguito fu tuttavia talvolta indicato con il patronimico o con l’antico toponimico.
Non si sa nulla di lui prima che Tommaso Campofregoso ex doge di Genova diventasse signore di Sarzana alla fine del 1421. Nell’aprile del 1423 Gottardo e il fratello Taddeo, canonico della locale cattedrale, vendettero alcuni terreni al nuovo signore, che inserì Gottardo nel suo entourage e nel 1424 ne favorì la nomina a cancelliere del Comune di Sarzana. Si instaurò tra i due una consuetudine di vita, un rapporto personale di stima e quasi di amicizia che durò nel tempo, nella buona e nella cattiva sorte, e che proiettò Gottardo sulla scena politica e diplomatica per oltre mezzo secolo, al servizio di dogi e governatori forestieri.
Gottardo Perroni di Sarzana seguì a Genova Tommaso che, una volta riconquistato il dogato, lo impose subito il 30 aprile 1436 come quinto cancelliere in deroga al numero consueto di quattro.
Della sua longeva attività di cancelliere dal 1436 al 1488 rimane ampia documentazione nell’Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto, in varie filze e registri di Diversorum e di Litterarum, molti scritti di propria mano nell’esercizio di quella diplomazia formale che produsse a Genova come altrove nell’Italia degli Stati regionali «un mondo di carte», in cui riesce talora difficile capire se ricostruzione di discorsi diretti, citazioni di autori classici, giudizi di ordine morale, intere lettere, siano riconducibili a chi al momento governa la città o siano invece farina del sacco del cancelliere, al quale appartiene comunque la chiarezza e l’andamento classico del periodare.
All’interno della cancelleria genovese – fulcro della vita intellettuale e culturale cittadina – Gottardo maturò esperienza e interesse per le testimonianze letterarie e per la ricerca e la copiatura di manoscritti, forse per assecondare analoghe passioni del doge Tommaso.
Stella fu un elemento di rottura con la tradizione locale, perché non raggiunse la carica dopo un percorso interno all’apparato amministrativo, ma per volontà del doge che ne fece un fedele esecutore delle proprie direttive, inserito in legazioni ufficiali o affiancato a queste, per meglio curarne interessi personali a Firenze, a Venezia, a Milano e presso la Curia romana. Spesso il doge indirizzò per lui a signori, principi, pontefici, cardinali personali credenziali, in cui dichiarava la sua piena fiducia e li esortava a prestare fede a quanto l’inviato avrebbe riferito verbalmente.
Nel sistema politico tardomedievale degli Stati regionali che si articolava sulla circolazione di relazioni diplomatiche e che richiedeva capacità e abilità nelle negoziazioni spesso destinate a rimanere segrete, Stella – definito dal doge Gotardus noster dilectus, dilectissimus – divenne il fidato rappresentante di Tommaso in molteplici legazioni per la sua abilità nelle contrattazioni politiche e le doti di persuasione.
La situazione di Genova e del doge non era facile, pressata dalle mai sopite mire milanesi sulla città e dall’espansione mercantile e politica della corona d’Aragona. Nel corso del 1437 fu ripetutamente inviato a Firenze, a Venezia e presso il papa per trattare l’alleanza con le due repubbliche, la pace con Filippo Maria Visconti e il sostegno a Renato d’Angiò nella guerra per la successione al Regno di Napoli contro Alfonso d’Aragona, con credenziali anche per Cosimo de’ Medici, vari cardinali e altri prelati. Nel 1439 agì a Firenze anche come procuratore del doge per questioni di natura economica e, all’inizio dell’anno successivo, fu a Milano e ancora presso la corte pontificia seguendo gli spostamenti di Eugenio IV al centro di tutta la politica italiana del momento. E presso il pontefice pare aver goduto di attento ascolto anche quando espresse al pontefice i desiderata di Tommaso sulla concessione di cariche ecclesiastiche, conferimento di benefici, canonicati e vescovati nel territorio genovese e in Oltremare, facendo pure pressioni per l’elezione dell’arcivescovo di Genova, Giacomo Imperiale, a cardinale. Si adoperò per gli irrequieti nipoti del doge in cerca di collazioni adeguate e per la consorte di Tommaso, Marzia Manfredi, in favore del fratello Astorre.
Il trasferimento a Genova e l’intensa attività diplomatica non allentarono i legami con l’ambiente sarzanese. Per la conoscenza dei luoghi e delle persone all’inizio del 1437 era stato inviato sulla Riviera orientale per reperire grano e fanti e in alcune località ribelli, ove ricevette il giuramento di fedeltà dei marchesi Malaspina di Mulazzo e di Ponzano. Nel 1439 aveva acquistato una casa a Sarzana e l’anno dopo sposò una lunigianese che gli portò in dote 1000 lire di genovini. A Genova si impegnò anche come maestro, un’attività cui si dedicarono altri notai e cancellieri più sedentari, per formare giovani aspiranti a inserirsi nell’agone politico e per compiacere il doge si cimentò nella copiatura del De opificio hominis di Lattanzio, inter multos labores aggiunse nel colophon.
Stella pagò a caro prezzo il servizio, o meglio il sodalizio instaurato con Tommaso: nel gennaio del 1443, quando il doge fu deposto e condannato all’esilio con i familiari, anche lui fu destituito dalla carica di cancelliere e costretto a lasciare Genova. Ritornò in auge con Giano Campofregoso, nipote prediletto di Tommaso, eletto doge nel gennaio del 1447 che revocò i provvedimenti adottati contro i familiari e riconfermò cancelliere Stella, che rogò l’atto di matrimonio tra Giano e Drusiana, figlia naturale di Francesco Sforza.
Stella riprese allora l’attività diplomatica, con importanti mansioni. Forse per l’esperienza e le entrature acquisite alla corte pontificia o per l’origine sarzanese, venne scelto per proferire la solita oratio de obedientia al nuovo pontefice Niccolò V, il sarzanese Tommaso Parentucelli, nel marzo del 1447.
Non si possiede il testo dell’orazione, ma a detta dei contemporanei, soprattutto i curiali presenti all’evento, suscitò unanimi consensi: l’abilità oratoria, la capacità di comunicazione, le doti di persuasione suscitarono il plauso anche dell’autorevole segretario pontifico Biondo Flavio. E forse per l’intervento di Filippo Calandrini, fratellastro del papa, il soggiorno romano si concluse con la nomina di Gottardo a segretario apostolico.
Non fu questo l’unico riconoscimento: nel maggio del 1447 anche Alfonso V d’Aragona, re di Sicilia, manifestò la volontà di inserirlo tra i propri cancellieri. Nonostante una cospicua provvigione annua e l’incoraggiamento del doge Giano e del consiglio degli anziani genovesi che giudicavano la nomina utile anche per la città, Stella rifiutò e ritornò a Genova ove nel febbraio del 1448 fu confermato cancelliere.
Poco più tardi, alla morte di Giano, avvenuta il 16 dicembre 1448, cadde in disgrazia presso il nuovo doge Ludovico Campofregoso, fratello del defunto, che lo accusò di connivenza con Alfonso d’Aragona e lo relegò a Lucca con altri presunti traditori. Dalla città toscana nel giugno del 1450 indirizzò all’amico Pier Candido Decembrio una lettera in cui palesò il proprio stato d’animo, l’insofferenza verso l’ozio forzato cui era ingiustamente condannato e contrappose la propria misera condizione alla brillante carriera che Decembrio stava svolgendo alla corte milanese. Dall’esilio lo liberò un altro Campofregoso, Pietro cugino di Ludovico, proclamato doge nel marzo del 1455, che lo richiamò in patria e nella cancelleria, ove ricevette richieste di favori personali da parte di Francesco Filelfo e di Francesco Barbaro, legati a lui da una consuetudine maturata durante precedenti missioni diplomatiche.
Dal 1451 iniziò un periodo di vita particolarmente intenso. Primo cancelliere e segretario del doge, si portò ripetutamente a Roma presso il papa, anche per sollecitarne il ruolo di paciere tra i Campofregoso, e a Napoli per discutere e affrontare gravi problemi che si addensavano sull’orizzonte genovese: la minaccia turca, la difesa delle ultime colonie in Oriente, i difficili rapporti con Alfonso d’Aragona, che portarono all’esclusione di Genova dalla pace di Lodi (1454). La sua frequentazione della Curia papale è confermata dall’essere uno dei sei laici che dopo la morte del pontefice furono presenti all’elezione di Callisto IV avvenuta il 25 marzo 1455.
Si susseguirono negli anni successivi per Stella attestati di stima e gratificazioni morali ed economiche: da parte del doge Pietro Campofregoso, importanti missioni diplomatiche e proventi di ‘scrivanie’ lucrose con la possibilità di gestirle tramite terzi; da parte di Niccolò Parentucelli, nipote del defunto pontefice e precettore dal 1454 della commenda genovese di S. Giovanni di Prè, la partecipazione alla gestione economica dei beni della commenda, avvalendosi dei quali egli fondò nel 1462 una nuova cappella posta sotto il patronato suo e dei discendenti Stella.
Anche dalle attività commerciali del figlio Giuliano, nato dal secondo matrimonio con Moisa Cibo e abile patrono di navi, gli provennero introiti, insieme però a beghe giudiziarie con mercanti fiorentini, assicuratori genovesi, marinai disertori.
Si confermò negoziatore e politico assai esperto nella legazione che dal marzo del 1458 trattò in Francia la cessione di Genova a Carlo VII. Il passaggio della città sotto la signoria francese non mutò la posizione di Stella: nell’ottobre del 1459 fu inserito tra i quattro cittadini che con il governatore raggiunsero Mantova ove papa Pio II aveva convocato una dieta, allo scopo di contrastare l’avanzata turca. Stella, che prima della partenza aveva preteso la garanzia che durante la sua assenza non sarebbe stato nominato un altro cancelliere al suo posto, pronunziò di fronte al pontefice e ai delegati un’orazione in cui esaltò l’importanza del Papato cardine nel sistema politico italiano e le grandi doti di Enea Silvio Piccolomini, ma soprattutto insistette sul ruolo sempre tenuto da Genova in difesa della cristianità e nella lotta contro i turchi, un atteggiamento ora condiviso dal cristianissimo re di Francia signore della città.
Pio II parve apprezzare l’orazione, ma notò acutamente che con questa Brocardus orator Genuensis aveva mostrato come la città, un tempo superba, fosse ora diventata ancillans Francorum arrogantie et timori: e il papa, che in passato aveva soggiornato e descritto con ammirazione Genova e i suoi abitanti, ne aveva ben colto l’identità civica e la fragilità istituzionale.
Stella fu anche il negoziatore nelle trattative per la cessione di Genova al duca Francesco Sforza e stipulò l’atto di dedizione il 19 aprile 1464. I contraenti ne riconobbero l’impegno e gratificarono la sua mediazione, proponendo per lui la conferma a cancelliere e la concessione della ‘scrivania’ dei banchi e del consolato di Tunisi. Negli anni successivi Stella continuò a far la spola tra Genova e Milano, con lunghi soggiorni alla Curia papale, ove fu a capo della folta legazione genovese inviata nell’ottobre del 1471 in occasione dell’elezione del savonese Sisto IV: non pronunziò però l’oratio de obedientia, probabilmente per l’età avanzata. La sua qualifica di cancelliere era ormai ad honorem: sostenendo di poter servire la patria a Roma, ove svolgeva quasi funzioni di legato permanente, meglio che a Genova, Gottardo continuò a richiedere il salario di cancelliere.
Forse gli fu prospettato una seconda volta l’inserimento tra i segretari pontifici, ma la nomina non ebbe seguito, perché già all’inizio del 1474 Gottardo era a Genova, da dove riprese altre peregrinazioni diplomatiche che lo portarono nelle principali sedi politiche della penisola: a Napoli presso re Ferdinando avrebbe svolto la sua ultima missione nel 1479, rimanendo almeno nominalmente cancelliere ancora nel 1488-89. Non si conosce l’anno di morte.
Uomo votato alla mediazione e alla ricerca di soluzioni alternative, abile a inserirsi nei complicati meccanismi della politica ‘italiana’ del tempo, Gottardo fu il più longevo e autorevole cancelliere genovese, un tecnico della diplomazia e della politica. Nonostante sia stato annoverato da Biondo Flavio tra i genovesi più colti, rimase ai margini dell’umanesimo e anche le lettere da lui scambiate con altri cancellieri, che pure alimentarono la formazione di un ceto cancelleresco culturalmente solidale, rimasero quasi sempre veicoli di informazioni politiche, attinenti la mera sfera professionale.
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