Schulze, Gottlob Ernst (noto anche come Aenesidemus Schulze)
(noto anche come Aenesidemus Schulze) Filosofo (Heldrungen, Turingia, 1761 - Gottinga 1833). Fu prof. nelle univv. di Helmstedt (1788-1810), e poi (dal 1810) di Gottinga, dove ebbe come allievo Schopenhauer. L’opera principale di S. è l’Aenesidemus oder über die Fundamente der... Elementarphilosophie (1792), che riprende il nome del famoso scettico greco e che finì, in virtù della sua risonanza, con l’indicare lo stesso Schulze. La sua importanza nello sviluppo dell’idealismo tedesco sta nell’aver riaffermato la validità dello scetticismo di Hume, che a suo parere non sarebbe stato superato né dalla filosofia critica di Kant né dalla filosofia elementare di Reinhold, le cui premesse e i cui criteri sarebbero incapaci di legittimare la riflessione critica sulle «forme a priori» della ragione e sugli «elementi» della coscienza. In partic., S. denuncia l’uso illegittimo della categoria di ‘causa’, che attribuisce implicitamente alla ‘cosa in sé’ la funzione di origine (e quindi causa) dei contenuti delle percezioni sensibili. Se quindi S. sostiene che Hume non è stato confutato da Kant e da Reinhold, per altro verso egli sottolinea che il proprio scetticismo è tale soltanto di fatto, come negazione della validità della soluzione kantiana e reinholdiana del problema critico, ma non di diritto, non escludendo in linea di principio la possibilità di una sua soluzione diversa e valida. In tal modo S. ha prospettato una linea di ricerca seguita poi da Fichte, a cui si deve appunto un’importante recensione dell’Aenesidemus. Tra gli scritti successivi di S. la Kritik der theoretischen Philosophie (1802) è contrassegnata da una sfiducia più radicale nella possibilità dell’uomo di raggiungere una conoscenza certa: essa fu oggetto di un’aspra recensione da parte di Hegel (apparsa sul Giornale critico della filosofia), che vi ravvisò un dogmatico e superficiale attaccamento alle posizioni della coscienza comune. Il moderno scetticismo di S., afferma Hegel, «ritiene di essersi messo sulle spalle dell’antico [scetticismo] e di vedere più lontano e di dubitare con più valida ragione»; in realtà avviene esattamente il contrario. La filosofia di S., infatti, è semplicemente dogmatica, perché ponendo alla base della filosofia i ‘fatti’ della coscienza, essa attribuisce una certezza immediata al finito, proprio quella certezza che lo scetticismo antico poneva in dubbio opponendo finito a finito e quindi mostrando di possedere almeno implicitamente il concetto di filosofia (quel concetto, conclude Hegel, «che al signor S. è sfuggito di mano»).