Gotto Mantovano
Ignoto rimatore contemporaneo di D., del quale nulla si sa e delle cui multas et bonas cantiones - che D. afferma di aver ascoltato recitare dalla sua viva voce, nobis oretenus intimavit (VE II XIII 4) - niente ci è pervenuto.
D. lo annovera tra i poeti qui non omnes quandoque desinentìas carminum rithimantur in eadem stantia, sed easdem repetunt, sive rithimantur in aliis, per aver egli introdotto nella canzone la novità di un verso libero (incomitatum) in ogni stanza, da lui denominato " chiave " (Hic semper in stantia unum carmen incomitatum texebat, quod clavem vocabat). L'artificio si richiama al modulo provenzale del verso ‛ dissolut ', cioè senza rima corrispondente, differenziandosene per esser posto invece in rima con i versi che gli corrispondono nelle stanze successive.
La denominazione di " chiave " data al verso libero da G. (almeno D. la sentì per la prima volta usare dal poeta mantovano) sembra tuttavia più propriamente indicare (Busnelli-Vandelli, ad l.) " il contrassegno, per ogni stanza, di una variazione melodica di tono ", cui corrisponde naturalmente, nel testo della canzone, la singolare variazione metrica.
Impossibile determinare quando o in che occasione D. ebbe opportunità di ascoltare le canzoni di Gotto. Stante la datazione del De vulg. Eloq. (1303-1304) non è escluso anche che G. si fosse recato a Firenze prima dell'esilio di Dante.