GRADISCA d'Isonzo (A. T., 24-25-26)
Cittadina veneta, in provincia di Gorizia (10 km. da questa città e 12 da Monfalcone), posta presso l'Isonzo, a 37 m. s. m., in amena posizione sulla riva destra del fiume; ha pianta regolare formata da un lungo lato cui si appoggiano a guisa di pettine quattro diramazioni. Gli edifici e i parchi le dànno il carattere di centro veneto, qua e là deturpato da moderne costruzioni e dai danni, non troppo gravi, arrecati dalla guerra mondiale. Il luogo era sotto l'Austria capoluogo d'uno dei 5 capitanati distrettuali in cui era divisa la contea di Gorizia e aveva notevole importanza militare come città di confine.
Il comune ha una superficie di 10,75 kmq. e 4717 ab. (5209 nel 1931), di cui 1501 nel centro, gli altri in 10 frazioni (più importanti: Gerusalemme, con 753 ab., e Mercaduzzo, con 537).
Monumenti. - La città serba il carattere veneziano che le venne dalla costruzione (fine sec. XV; v. Storia) della fortezza eretta da Enrico Gallo, Giacomo Contrino e altri e della quale resta ancora parte della cinta che la chiudeva (magnifico il Torrione della Campana e notevoli le porte) e il Castello, anche se ora male ridotto a penitenziario. Degli altri edifici notevoli sono il palazzo Torriani (sec. XVII) con una facciata grandiosa nella sua semplicità, la casa Carnelli, l'antica Loggia, il Municipio, il palazzo De Fin-Patuna. Il vecchio teatro, in cui recitò il Goldoni, fu distrutto e riedificato di recente. Interessante il duomo con una facciata già classicheggiante (1752) e nell'interno il bel mausoleo del conte Nicolò Torriani, che militò sotto le insegne di Carlo V.
Storia. - Gradisca è menzionata per la prima volta in un documento del 1176; ma rimase nell'oscurità fino a quando (1420), avendo la repubblica di Venezia conquistato il territorio del patriarcato di Aquileia, la linea dell'Isonzo fu munita, contro il pericolo turco, di piccole opere fortificate, una delle quali a Gradisca (1473). Quivi più tardi fu eretta su una piccola altura una nuova fortezza stabile e potente, che per la sua massiccia costruzione e per l'importanza militare assegnatale divenne presto notissima. Leonardo da Vinci fu mandato nel 1500 a Gradisca per studiare il modo di precludere ai barbari il passaggio del fiume con congegni per l'eventuale allagamento del paese. E sebbene il conte di Gorizia, Leonardo, protestasse che quel territorio spettava a lui, la Serenissima dimostrò il suo buon diritto, che però non fu mai riconosciuto dall'altra parte.
Non sempre tuttavia il nuovo strumento di difesa valse a trattenere i Turchi; ebbe invece notevole importanza quando, scoppiata la guerra del 1508 e sferrata contro Venezia la coalizione della Lega di Cambray, Gradisca ebbe a ributtare gl'imperiali e a resistere a parecchi assalti. Nuovamente assalita più tardi dalle milizie imperiali, resistette ancora finché, isolata, stremata dalla peste scoppiata fra le sue mura, tradita da Antonio Savorgnano, si arrese a Massimiliano I (19 settembre 1511). Né riuscì a riprenderla due mesi dopo Giovan Paolo Gradenigo.
Nel susseguente periodo di pace la figura più notevole è quella di Niccolò della Torre capitano di Gradisca. Rinforzò la base massiccia del Castello e vi eresse il palazzo del Capitano, costruì altre opere fortificate tali che resero la piazzaforte un monumento ammirato a quei tempi da tutta l'Europa, ma il suo maggior vanto fu la saggia e prudente amministrazione del Capitanato di Gradisca.
Lunga e tenace lotta diplomatica sostenne Venezia per riavere Gradisca, ma invano. La nuova guerra fra Venezia e Ferdinando III fu detta guerra di Gradisca perché centro di questa campagna così rovinosa per il Friuli (v. venezia: Storia) fu appunto Gradisca. La città subì un terribile bombardamento di 25 giorni (5-29 marzo 1616), e sarebbe stata costretta alla resa per fame se la pace di Madrid (6 settembre 1617) non avesse messo fine alle ostilità.
Elevato a contea principesca (26 febbraio 1647), il territorio di Gradisca fu venduto da Ferdinando III a Giovanni Antonio Eggenberg (v. eggenberg, XIII, p. 532) a condizione che, estinguendosi la sua discendenza maschile, la contea dovesse ritornare alla casa d'Austria (12 marzo 1647). Ma gli Eggenberg non vennero mai a Gradisca.
Questo periodo può considerarsi il più prospero e magnifico della storia cittadina. A reggere di fatto la nuova contea fu chiamato un uomo di valore: Francesco Uldarico della Torre. A lui era soggetto uno staterello d'Europa quasi indipendente, composto di 43 villaggi. La stessa Aquileia apparteneva ad esso. Uldarico promosse l'agricoltura e l'industria, importò l'arte di filare e di tessere la seta, eresse scuole e magazzini; istituì il Monte di Pietà; restaurò le fortificazioni. A Gradisca veniva coniata moneta propria, qui avevano sede il parlamento e il tribunale. Gradisca aveva proprî statuti compilati da G. Garzonio e li seguiva benché l'imperatore avesse ordinato fossero osservati gli statuti goriziani. Lo spirito d'indipendenza in quest'epoca, e anche poi, fu insopprimibile.
Nel 1717, venuta a mancare la discendenza maschile ai principi d'Eggenberg, la contea tornò all'Austria, ma rimase separata da quella di Gorizia ed ebbe proprio governo fino al 1754, anno in cui tutt'e due furono definitivamente unite. Pio VI (con bolle 8 marzo e 20 agosto 1788) soppresse le cattedre vescovili di Pedena, di Gorizia e di Trieste ed eresse al loro posto quella di Gradisca, ma il vescovado ebbe breve durata (1789).
Disceso Napoleone in Italia, toccò a Gradisca, nel 1797, il compito di ritardare l'avanzata dei Francesi e di proteggere la ritirata degli Austriaci battuti al Tagliamento (14 marzo). Bernadotte, presa Udine, Osoppo, Palmanova, procedette fino all'Isonzo e giunse sotto Gradisca difesa da due battaglioni. I primi attacchi dei Francesi furono sanguinosamente respinti; e solo quando ogni resistenza fu impossibile, la guarnigione si arrese (19 marzo). In seguito al trattato di Campoformio tornarono gli Austriaci e vi rimasero fino al 1805, in cui, scoppiata ancora la guerra con la Francia, Massena occupò Gradisca (15 nov.). La guerra del 1813 portò di nuovo la dominazione austriaca, che vi stette fino al 1915. Ma il sentimento d'italianità che aveva dato eroi alla causa nazionale si mantenne costante ed ebbe i suoi assertori in Mario Luzzatto, Federico de Comelli, M. Perco e G. Lorenzoni. Gradisca soffrì durante la guerra mondiale, specie durante la ritirata di Caporetto.
Bibl.: A. De Rubeis, Monumenta Ecclesiae Aquileiensis, Strasburgo 1740; G. Della Bona, Sunto storico delle principate contee di Gorizia e Gradisca, Gorizia 1853; F. Di Manzano, Annali del Friuli, Udine 1858-1879, voll. 7; A. Morelli, Storia della contea di Gorizia, Gorizia 1855-56, voll. 4; Diario parrocchiale (manoscritto) di S. Salvatore; M. Sanudo, Diarii, Venezia 1879 segg.; E. D'Agostini, Ricordi militari del Friuli, Udine 1881; P. Antonini, Il Friuli Orientale, studi, Milano 1865; G. di Prampero, Napoleone in Friuli, Udine 1911; G. Della Bona, Strenna cronol. per l'antica storia del Friuli e principalmente di Gorizia, Gorizia 1856; R. Pichler, Il castello di Duino, Trento 1882. I Privilegi di Gradisca del 1492 raccolti in codice nell'Arch. di stato di Venezia, 366, 6.