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GRAFFITO

di A. Petrucci - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)
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GRAFFITO

A. Petrucci

Nel Medioevo la denominazione di g. può essere attribuita a disegni simbolici e a testimonianze scritte, in genere brevi o ridotte soltanto a un nome, eseguiti su superfici dure (intonaco, pietra, terrecotte, metalli) con strumenti di metallo o di osso appuntiti (stili e oggetti analoghi) e con la tecnica dello sgraffio. Da un punto di vista tecnico vanno perciò distinte dai veri e propri g. le iscrizioni parietali o murali, che sono piuttosto incise che scritte a sgraffio su pezzi di muro o di pietra a volte appositamente delimitati, anche se non preparati.La pratica di scrivere e di disegnare con la tecnica dello sgraffio è propria del mondo classico e tardoantico e in generale di epoche e di ambienti nei quali l'alfabetismo è largamente diffuso dal punto di vista sociale; in tali circostanze i g., eseguiti all'esterno e all'interno di edifici urbani, assolvono alle più diverse funzioni comunicative ed espressive, hanno contenuti di svariato genere, da quelli di appunto e memoria, a quelli scherzosi e osceni, a quelli di mera esibizione personale, e costituiscono un vero e proprio organico genere di testualità spontanea e di informale realizzazione grafica; a essi si accompagnano spesso disegni con funzione allusiva, di commento e di illustrazione del testo o dei testi contigui.Dai secc. 6°-7° in avanti, la pratica della scrittura a sgraffio spontanea si riduce enormemente in tutto il mondo europeo e mediterraneo in concomitanza con una netta restrizione dell'educazione scolastica e, di conseguenza, dell'alfabetismo. Inoltre le funzioni della scrittura a sgraffio si riducono grandemente, limitandosi a soddisfare esigenze di registrazione prevalentemente (se non esclusivamente) di nomi personali in situazioni e in contesti di natura religiosa e funeraria. In conseguenza di ciò nel periodo che va dal sec. 7° al 12° la prassi dello scrivere a sgraffio si restrinse all'interno di luoghi deputati, privilegiando all'aperto il chiuso, e in particolare i luoghi di culto e di seppellimento; essa è collegata quasi esclusivamente al culto dei santi e dei morti; rinuncia all'uso di materie quali l'ostraco e il piombo (adoperato nel mondo classico e in quello tardoantico per le tavolette deprecatorie); non esprime più contenuti personali, comunicativi, scherzosi, osceni. Tali profonde modificazioni dei testi tramandati dalla prassi scrittoria a sgraffio influirono fortemente sui g. figurativi, che assunsero sempre più forme e funzioni di natura simbolica, riducendosi a puri e semplici signa. È soltanto con il periodo tardomedievale, dal sec. 13° in avanti, che le iscrizioni graffite tornarono ad acquisire funzioni di carattere memoriale ed espressivo e a essere accompagnate di nuovo da vere e proprie figurazioni.Da un punto di vista funzionale, i g. dei secc. 7°-12° possono essere raggruppati in quattro categorie: 1) g. cultuali e devozionali, cioè di pellegrini o di visitatori occasionali di luoghi di culto che vi lasciavano (secondo un uso largamente presente in età paleocristiana) il loro nome o quello di parenti e amici, o anche generiche e brevi espressioni di venerazione, iscritti il più possibile vicino alla tomba o al luogo di apparizione del santo commemorato; 2) g. liturgici, consistenti in annotazioni o in avvertimenti relativi allo svolgimento delle funzioni religiose; 3) g. necrologici, consistenti in elenchi di nomi di benefattori o di membri del clero defunti da commemorare a date fisse; 4) g. funerari, consistenti nel nome del defunto tracciato con tecniche sommarie sulla o in prossimità della sepoltura. Altri tipi di g., con funzioni diverse da queste, e cioè memoriali, di registrazione o di possesso, vanno considerati del tutto eccezionali nel periodo.La prima categoria è certamente la più numerosa e diffusa; basti ricordare i g. romani della cripta di S. Cornelio nel cimitero di S. Callisto, eseguiti direttamente sull'affresco dei Ss. Cornelio e Cipriano e attribuibili ai secc. 8°-9°; quelli analogamente eseguiti sull'affresco dell'Ascensione nella basilica inferiore di S. Clemente a Roma, ove figurerebbe anche la sottoscrizione autografa del committente prete Leone (847-855); l'imponente corpus dei g. di pellegrini iscritti (e in parte incisi) sulle pareti del santuario pugliese di S. Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo sul Gargano, formato di centosessantacinque iscrizioni attribuibili al periodo compreso fra la metà del sec. 8° e l'869. I g. dei pellegrini presenti nei maggiori luoghi di culto possono rivelare - come avviene a Monte Sant'Angelo - anche la prassi della delega di scrittura, per cui i nomi di interi gruppi di visitatori erano iscritti dalle mani di uno o di più custodi locali.Per la seconda categoria l'esempio più noto è quello costituito dal g. con testo volgare iscritto nella prima metà del sec. 9° sulla cornice di un affresco sito nella basilichetta dei Ss. Felice e Adautto nella catacomba romana di Commodilla in scrittura onciale elementare. La terza categoria è ben rappresentata dalle iscrizioni della basilica di Parenzo in Istria (Croazia) e dalle mense d'altare di area francese e germanica, sulle quali, prevalentemente con la tecnica della scrittura a sgraffio, è stato iscritto, in età carolingia o postcarolingia, un numero più o meno esteso di nomi di persone. Le tipologie grafiche adoperate nei g. dei secc. 7°-12° sono generalmente informali e appartengono in prevalenza alla capitale, all'onciale e a minuscole di tipo carolino o indifferenziate. Le figurazioni sono limitate a segni simbolici di natura religiosa, quali il chrismon, a elaborate forme di croci, qualche volta ad antichi simboli paleocristiani (pesce) o monogrammi.Nel Basso Medioevo in tutta l'Europa la diffusione della capacità di scrivere fra i laici e il processo di urbanizzazione crearono le condizioni favorevoli per un ritorno all'uso socialmente significante e multifunzionale di iscrizioni parietarie contenenti testi di natura spontanea e di ispirazione immediata, eseguite prevalentemente a sgraffio con qualsiasi strumento duro e appuntito (ma anche con altre tecniche, per es. a carboncino) in qualsiasi luogo pubblico o privato e non più soltanto in edifici di culto. Come si è visto dagli ultimi esempi citati, la pratica di eseguire g. sulla superficie di affreschi contenenti figurazioni di santi era già presente nei secc. 9° e 10°; essa divenne più frequente nei secoli successivi e si affermò in modo particolare a partire dal 13° secolo. I g. tardomedievali, presenti in un gran numero di luoghi di culto e di edifici pubblici, eppure finora assai poco studiati, sono caratterizzati da precisi elementi di natura testuale, funzionale e grafica. Essi sono di norma più lunghi e articolati di quelli dei secc. 7°-12° e a volte contengono testi in lingue volgari; hanno spesso funzione commemorativa o memoriale di eventi pubblici e privati; sono vergati prevalentemente nelle scritture usuali dell'epoca (minuscole personali corsive di matrici cancelleresco-notarili, mercantesche, bastarde); sono a volte accompagnati da disegni esplicativi. Alta rimane comunque la presenza di g. di carattere cultuale e devozionale eseguiti nelle chiese da pellegrini e da visitatori; numerosi sono quelli di natura cronachistica e politica. Nell'ultimo scorcio del periodo medievale particolare rilievo assumono i g. carcerari vergati da prigionieri sulle pareti delle celle ove erano costretti.Fra Quattrocento e Cinquecento alle scritte eseguite a sgraffio si accompagnano spesso quelle eseguite su manufatti lignei e, anche nei medesimi contesti, le scritte a carboncino: altra novità che, con le precedenti, prelude agli usi moderni delle scritture parietali e spontanee.

Bibl.:

Fonti. - Die Altarplatte von Reichenau-Niederzell a cura di D. Geuenich, R. Neumüllers-Klauser, K. Schmid, in MGH. Libri mem., n.s., I, Suppl., 1983.

Letteratura critica. - H. Leclercq, s.v. Graffites, in DACL, VI, 2, 1925, coll. 1453-1542; M. Guarducci, I graffiti sotto la confessione di San Pietro in Vaticano, 3 voll., Città del Vaticano 1958; F. Sabatini, Un'iscrizione volgare romana della prima metà del secolo IX, Studi linguistici italiani 6, 1966, pp. 49-80; V. Pritchard, English Medieval Graffiti, Cambridge 1967; P. Rugo, Le iscrizioni dei secc. VI-VII-VIII esistenti in Italia, II, Venezia e Istria, Cittadella 1975, nrr. 91-139; M. Dell'Acqua, Voci segrete dai muri. Controstoria parmigiana, Parma 1976; C. Carletti, Iscrizioni murali, in Il Santuario di S. Michele sul Gargano dal VI al IX secolo. Contributo alla storia della Langobardia meridionale, "Atti del Convegno, Monte Sant'Angelo 1978", a cura di C. Carletti, G. Otranto, Bari 1980, pp. 7-180; F. Sabatini, S. Raffaelli, P. D'Achille, Il volgare nelle chiese di Roma. Messaggi graffiti, dipinti e incisi dal IX al XVI secolo (I volgari d'Italia, 1), Roma 1987; A. Russi, La grotta con iscrizioni sull'isolotto del faro di Vieste (Foggia). Notizie preliminari, Miscellanea greca e romana 14, 1989, pp. 299-309; C. Tedeschi, L'onciale usuale a Roma e nell'area romana in alcune iscrizioni graffite, Scrittura e civiltà 16, 1992, pp. 313-330; L. Miglio, Graffi di storia, in Visibile parlare, "Atti del Convegno internazionale di studi, Cassino 1992", a cura di C. Ciociola, Napoli (in corso di stampa).A. Petrucci

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