GRAN SASSO D'ITALIA (A. T., 24-25-26)
Nome del più alto gruppo montuoso dell'Appennino, identificato da qualcuno col Fiscellus M. degli antichi. Il nome non si trova prima del sec. XVI ed è di uso letterario, non popolare; dai geografi viene adoperato per indicare l'intero gruppo fra le valli del Vomano e dell'Aterno-Pescara. È un imponente massiccio costituito da pile potenti di calcari di varia età, dall'Infralias all'Eocene, che si erge ripido come una muraglia dalla regione collinosa miocenica e pliocenica del Teramano, mentre a ovest e a sud scende meno ripidamente, con l'intercalazione di ripiani a orli rialzati e di gradini, sulla valle dell'Aterno-Pescara, verso la quale presenta una serie di fratture orientate all'incirca da ovest a est. Grande sviluppo vi hanno i calcari cretacei, spesso dolomitici nei livelli inferiori, biancastri o color miele, con ellipsactinie nei livelli superiori; questi poi trapassano, senza separazione ben distinta, nell'Eocene, ancora più sviluppato, e costituente spesso il mantello superiore del gruppo, fino alle più alte vette. Vi compaiono, assai diffusi, i tipici calcari nummulitici, sormontati talora da calcari più teneri, ora marnosi, ora farinosi.
Orograficamente il gruppo si può distinguere in due sezioni. La sezione occidentale è formata di due creste correnti da ovest a est, una settentrionale, più elevata, che comincia proprio alle sorgenti del Vomano con l'Arco Cigliano (2530 m.) e contiene i M. Corvo (2626 m.), Intermesole (2646 m.) e Corno Grande (2914 metri), una meridionale che contiene i M. S. Franco (2135 m.) e Jenca (2208 m.), il Pizzo di Camarda (2332 m.), la Cima Malecoste (2447 m.), il Pizzo Cefalone (2532 m.) e il M. Portella (2388); le due creste, tra le quali s'interpongono alcune depressioni e conche chiuse come la conca del Venacquaro e Campo Pericoli, si saldano poi intorno all'ampio circo da cui ha origine il Fosso Inferno. Il Corno Piccolo (2637 m.), la vetta alpinisticamente più difficile, si può considerare come appartenente a una diramazione che si stacca a nord dal Corno Grande e, abbassandosi progressivamente, digrada con la Cima Pelato (1615 m.) verso il Vomano. La cresta meridionale è delimitata da un profondo vallone (l'Acqua di S. Franco) a sud del quale una serie di ripiani, percorsi da groppe poco rilevate, scende a gradini sulla conca aquilana. La sezione orientale è una cresta unica, serrata, diretta da ENE. a OSO., che contiene i monti Aquila (2498), Brancastello (2387 m.), Prena (2560), Camicia (2570 metri), Siella (2033 m.), S. Vito (1900 m.) e Guardiola (1528 m.). Essa è limitata a sud da una serie di piani modellati dall'erosione glaciale, ingombri di depositi morenici (Piano di Pietranzoni, Piano Racollo, ecc.) che si designano complessivamente col nome di Campo Imperiale del Gran Sasso; il nome di Campo Imperatore spetta più propriamente alla distesa che si apre a S. dei M. Camicia e Siella. La struttura a ripiani, limitati da orli rialzati e scendenti a gradini verso l'Aterno, è più manifesta in questa sezione orientale del gruppo. La serie di piani su ricordati è chiusa da un orlo irregolare formato dall'erto M. Scindarella (2237 m.), dal Mesola (1703 m.), dal Bolza (1957 m.) e più a sud dall'acuta cresta della Pietra Aspra (1766 m.); ma discendendo di qui verso l'Aterno s'incontra tutta una successione di piani e conche, modellate dall'erosione carsica, intercalate da dossi irregolari, che nel complesso si vanno abbassando a gradinata. Come propaggine meridionale del Gran Sasso si può considerare la cresta che, continuando la Pietra Aspra, scende coi M. Cappucciata (1650 m.) e Scarafino (1433 m.) alla Forca di Penne.
I valichi, detti localmente vadi, nella parte più alta della catena sono rari e difficili; i due più notevoli sono il Vado di Corno (1692 m.) e il Vado di Siella (1731 m.); vi è inoltre il Passo della Portella (2256 m.) che mette in comunicazione i versanti di Assergi e Pietracamela ed è il più frequentato dagli alpinisti. Ma le due sole rotabili che uniscono l'Aquilano al Teramano scavalcano la catena ai due estremi (Passo delle Capannelle, 1283 m. a O.; Forca di Penne, 925 m. a SE.).
Soltanto la vetta più elevata, il Corno Grande, supera il limite delle nevi permanenti, e sul suo fianco settentrionale si trova infatti un piccolo ghiacciaio di circo (il Calderone), lungo circa 600 m., largo 150-300 a forte pendenza (da 2870 a 2690 m.). Lo sviluppo dei ghiacciai nell'epoca glaciale fu invece assai notevole, sia a nord, dove il ghiacciaio del Rio Amo, lungo 8-9 km., ha lasciato depositi morenici fin poco a monte di Pietracamela, sia soprattutto a SE. dove un ghiacciaio lungo almeno 10 km., largo fino a 2-3, scendeva fino al Piano Racollo. Il lato meridionale più secco, ebbe solo piccole lingue ghiacciate. Il limite delle nevi perpetue, nell'epoca di massima espansione era a circa 1700 m.
Il gruppo del Gran Sasso non forma spartiacque: da entrambi i versanti le acque sono raccolte da fiumi che tributano all'Adriatico. Nel cuore del massiccio le sorgenti non sono copiose; a causa della struttura calcarea è molto sviluppata la circolazione sotterranea, che alimenta ricche sorgenti alla base: quella di Capo Pescara, alle estreme falde orientali del gruppo, ha una portata di magra di ben 7 mc. al secondo.
Il Gran Sasso nelle parti più elevate è quasi dappertutto nudo; i boschi sono stati in gran parte distrutti; tuttavia sul versante settentrionale un'area boscata (quercia, faggio) si stende sopra le sorgenti del Rio Arno; sul versante meridionale la Macchia Grande, anche essa di latifoglie, si leva sopra Assergi sulle pendici del Pizzo Cefalone; il limite del bosco è a circa 1800-1900 m. Nelle zone alte appaiono alcuni rappresentanti della flora alpina: la stella alpina, uno gnafalio, l'achillea, varie specie di genziane e di linarie, la soldanella, l'androsace, la rosa alpina, numerose sassifraghe, ecc.
Le coltivazioni raggiungono la massima altezza sul versante meridionale, o meglio nella zona di SE., dove il grano (e anche la segala e l'orzo) si spingono a 1680 m. sopra Castel del Monte. In questa stessa zona - dove i numerosi ripiani e le conce carsiche offrono sufficienti aree per le colture e più in alto i grandi piani del Campo Imperatore, di Pietranzoni e vicini albergano i più estesi pascoli estivi dell'Abruzzo - le abitazioni permanenti si arrampicano alle maggiori altezze: S. Stefano di Sessanio è a 1220 m., Castel del Monte a 1310 m., Rocca Calascio a 1465 m. (il più alto abitato permanente dell'Italia centrale). Nella zona degli alti pascoli alpini sono frequenti le abitazioni temporanee (capanne la pastorizia seminomade (ovini) è occupazione prevalente in quasi tutti i comuni più elevati del gruppo.
Il primo di cui consti con sicurezza che ascendesse fino alla vetta orientale (2908 m.) del Corno Grande fu Orazio Delfico nel 1794 (dal versante teramano), il primo a scalare il Corno Piccolo fu Enrico Abbate nel 1887. Nel gruppo vi sono tre rifugi. (V. tavv. CXVL e CXLVI).
Bibl.: L. Baldacci e M. Canavari, La regione centrale del Gran Sasso d'Italia, in Boll. Comitato geologico, 1884; E. Abbate, Guida al Gran Sasso d'Italia, Roma 1888; F. Sacco, Il gruppo del Gran Sasso d'Italia, in Memorie R. Accad. delle scienze, Torino 1907; O. Marinelli e L. Ricci, Alcune osservazioni sul ghiacciaio del Gran Sasso, in Rivista geogr. ital., 1916; R. v. Klebelsberg, Die eiszeitliche Vergletscherung der Appenninen, I: Gran Sasso-Maiella, in Zeitschrift für Gletscherkunde, 1930.