granare
Forma antica per ‛ granire ', " fare il granello ", " far frutti ", la quale ricorre, in varie accezioni metaforiche, nel Detto e nel Fiore. Nel Detto è impiegata da Ragione nella sua polemica contro Amore, di cui condanna la sterilità morale: biado non vi grana, / anzi perde la grana / chiunque la vi getta (v. 103). Ragione sembra qui operare un rovesciamento morale rispetto al valore assunto dal verbo nella lirica cortese, dove esso designava il felice compimento del travaglio amoroso (cfr. Giacomo da Lentini Madonna, dir vo voglio 32 " lo meo lavoro spica / e non ingrana " [ma cfr. la lezione e no mi grana del cod. Palatino 418]; e v. poi Pucciandone Signor senṣa pietansa 14; Inghilfredi Audite forte cosa 40).
Nel Fiore G. figura dapprima nella replica di Amante a Ragione: Ma per continuar la forma umana / sì vuol ch'uon si diletti in tutte guise / per volontier tornar a quelle assise, / ché 'n dilettando sua semenza grana (XL 8), cioè nel piacere dell'atto sessuale si assicura la riproduzione della specie. Il verbo ricorre poi nel discorso di Falsembiante: ma già religïone ivi non grana, / ma grana nel cuor umile e piatoso (XC 12-13); Com'i' v'ho detto, in cuore umile e piano / santa religïon grana e fiorisce (XCI 2; cfr. Rose 11097 " bien peut en robes de couleurs / Sainte religion flourir "), dove ‛ fiorire ' alluderà forse a bontà d'intenzioni, come g. a fervore di opere, secondo un'antitesi che sarà poi comune nella Commedia (cfr. e vero frutto verrà dopo 'l fiore, Pd XXVII 148; o anche i fiori e ' frutti santi, XXII 48). il binomio verrà ripreso, in contesto antitetico, nel discorso che Falsembiante rivolge a Malabocca: esto peccato in voi fiorisce e grana (CXXXIII 6).