GRANCHIO (dal lat. cancer; fr. crabe; ted. Krabbe; ingl. crab)
Nome generico dei Crostacei Brachiuri (v.) soprattutto delle specie commestibili. Qui ci limitiamo a dire del Granchio d'acqua dolce o di fiume (fr. crabe de rivière; sp. cangrejo; ted. Süsswasserkrabbe, Flusskrabbe; ingl. freshwater crab; latino scient. Tèlphusa fluviatilis Sav. o Potamon edule Sav.), menzionato da Ippocrate e Aristotele e che appartiene alla tribù dei Ciclometopi.
La Telfusa ha lo scudo più largo che lungo, ristretto di dietro, convesso di sopra e con la regione gastrica ben distinta; le fossette oculari hanno l'angolo esterno dentato; i pereopodi del 1° paio sono chelati e hanno il carpo spinoso internamente, i pereopodi seguenti, meno robusti del 1°, hanno il dattilo con i margini spinosi. Il colore è grigio brunastro, talora tendente al gialliccio o al verdognolo; le dimensioni sono di cm. 5 all'incirca. Questa specie vive nelle acque dolci sotto le pietre o in buche lungo le rive, ma sempre contenenti dell'acqua e nelle quali si ripara anche quando muta in agosto-settembre. Si riproduce in maggio-giugno; le uova, attaccate ai pleopodi della femmina, sono di color aranciato; i giovani schiudono in uno stadio simile a quello di Megalopa e anche quando il loro sviluppo è più avanzato usano ricoverarsi sotto l'addome materno. Questo granchio, oltre che in Italia, è diffuso nell'Europa meridionale, nell'Africa settentrionale, in Asia Minore, in Siria e in Persia. Nei dintorni di Firenze, le Telfuse sono oggetto di una piccola e interessante industria esercitata dai cosiddetti granchiai che le catturano quando sono prossime alla muta e le conservano in pentole di terra cotta fino a che essa è avvenuta e il nuovo tegumento ancora molle e di color giallastro rende commestibile il granchio. (Vedasi in proposito la nota di A. Ghigi, in Atti del convegno naz. di pesca, Pavia 1913).