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GRANDINE

di Giovanni Battista Rizzo - Enciclopedia Italiana (1933)
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GRANDINE (lat. grando, -inis; fr. gréle; sp. granizo; ted. Hagel; ingl. hail)

Giovanni Battista Rizzo

È una precipitazione atmosferica d'acqua congelata in masse che assumono per lo più forma rotonda e dimensioni comprese fra la grossezza d'un pisello e quella d'un'arancia: qualche volta le masse di ghiaccio possono avere dimensioni assai maggiori e anche forme diverse. I chicchi della grandine presentano generalmente un nucleo biancastro e opaco, sul quale sono disposti alternativamente strati concentrici di ghiaccio trasparente e di ghiaccio opaco. Talvolta questi chicchi portano come dei bitorzoli, o hanno la forma di tetraedri con la base convessa e con una piccola massa nevosa nel vertice, come se fossero parti di chicchi rotondi più grandi, i quali si siano spezzati.

Nella grandine si trovano qualche volta corpi estraneî (granellini di sabbia, pagliuzze, e anche frammenti di foglie o piccole schegge di legno) trasportati in alto dalle correnti d'aria che hanno preceduto o accompagnato la formazione della grandine, nella quale tali corpi sono rimasti inclusi.

Spesso, in luogo della grandine, cadono piccole masse tondeggianti di ghiaccio spugnoso, che si formano nella condensazione del vapore acqueo a temperatura molto bassa: questa forma di precipitazione si chiama nevischio (fr. grésil, ted. Graupel, ingl. soft hail).

La grandine accompagna spesso i temporali, talora mista a pioggia, talora asciutta. Si può dire che essa colpisce di preferenza le regioni temperate; infatti nelle regioni tropicali, sebbene i temporali siano assai frequenti, la grandine suole cadere solamente sulle montagne, e nelle regioni più fredde sono rare le grandinate, come sono rari i temporali. La grandine cade per lo più in sottili strisce disposte lungo la direzione in cui si propaga il temporale, e talora su due strisce press'a poco parallele fra loro e separate da una zona di pioggia. È rimasta famosa la grandinata che il 17 luglio 1788 percorse da SO. a NE. la Francia e l'Olanda, per una lunghezza di circa 1000 chilometri: delle due strisce su cui cadde la grandine quella più a nord ebbe la larghezza media di circa 10 chilometri, e quella più a sud, separata dalla prima mediante una zona di pioggia d'una trentina di chilometri, ebbe la larghezza media di circa 13,5 chilometri.

In un medesimo luogo la grandine non dura che pochi minuti, generalmente meno di un quarto d'ora, ma può avere diversissime gradazioni d'intensità, fino alle grandinate che bastano a coprire il terreno d'uno spesso strato di ghiaccio, che distruggono ogni raccolto, e spezzano perfino i rami degli alberi.

La grandine cade di preferenza nelle ore più calde del giorno, quando sono più facili i movimenti convettivi dell'aria e l'atmosfera è più ricca di vapore acqueo: è anche notevole una certa maggiore frequenza delle grandinate nel cuore della notte.

Per ciò che riguarda la distribuzione della meteora nel corso dell'anno abbiamo la maggiore frequenza verso la metà di aprile nella Toscana, nel Lazio e sul versante tirrenico dell'Italia meridionale; al principio di maggio in Sicilia; durante il mese di giugno nella valle del Po e sul versante adriatico dell'Italia meridionale; verso la metà di ottobre nella Liguria: ma in ogni regione le grandinate più copiose e che recano i maggiori danni sogliono cadere nell'estate.

La grandine cade poi con varia frequenza nelle diverse regioni; e considerando insieme tutte le grandinate che cadono in un anno, dannose e innocue, per i diversi compartimenti d'Italia, si ha la seguente frequenza media annuale: Liguria 5,5; Piemonte 5,4; Lombardia 5,6; Veneto 7,0; Emilia 5,9; Marche 5,7; Umbria 6,6; Toscana 7,5; Lazio 9,5; regione adriatica meridionale 4,7; regione tirrenica meridionale 7,5; Sicilia 4,8; Sardegna 5,1. In tutto il regno, tenendo conto della superficie relativa dei diversi compartimenti, si ha in media la grandinosità di 6, 1 ogni anno. Le meteore che per la copia e la grossezza della grandine e per la durata recano danni notevoli alle campagne sono per fortuna assai meno frequenti. Esse hanno una distribuzione irregolare: vi sono territorî particolarmente soggetti ai danni della grandine, probabilmente a cagione delle loro particolari condizioni topografiche e orografiche, e territorî ehe ne sono quasi immuni. Si può ritenere che presso di noi un determinato territorio sia esposto ai danni di una grandinata intensa in un periodo di tempo che è compreso fra 2 e 20 anni.

Formazioni della grandine. - In due modi si suole oggi spiegare la formazione della grandine: si può immaginare che un granellino di nevischio, formatosi a grande altezza nell'atmosfera, cadendo attraverso a una nube di goccie d'acqua soprafusa, venga via via ingrossando per l'acqua che vi si raccoglie attorno e si congela. Il chicco di grandine così formato può ingrossare con strati di ghiaccio alternativamente opachi e trasparenti, quando, nella sua discesa, attraversa strati d'aria contenenti notevoli quantità di vapore e altre nubi di gocce d'acqua. Oppure si può ammettere che le gocce d'acqua, le quali si formano normalmente per la riunione d'un certo numero delle goccioline che costituiscono le nubi, siano poi trasportate in alto dalle correnti atmosferiche fino a una regione dove la temperatura è così bassa, che le gocce d'acqua vi si congelano, concorrendo al raffreddamento anche l'evaporazione dalla superficie delle gocce stesse. Secondo questa interpretazione, siccome il raffreddamento delle gocce d'acqua procede dall'esterno verso l'interno, l'aria disciolta nelle gocce si raccoglie verso il centro, dando a questa porzione del chicco di grandine l'aspetto nevoso, opaco. E la massa d'acqua congelata potrà poi ingrossare con nuovi strati, opachi o trasparenti, quando attraverserà spazî ricchi di vapore, oppure nubi di gocce d'acqua.

Tanto nella prima, quanto nella seconda interpretazione, si cerca la causa del congelamento dell'acqua nell'abbassamento della temperatura a grandi altezze nell'atmosfera e precisamente fra 4000 e 6000 metri sul livello del mare, cioè nella regione dei cirro-cumuli. E l'ipotesi sembra tanto più accettabile, in quanto che le nubi dalle quali cade la grandine, viste da lontano, appaiono per lo più coronate da un velo di cirro-cumuli. Ma la formazione della grandine è talora così strettamente legata alle condizioni orografiche della superficie terrestre, che basta il rilievo d'una collina, o un corso d'acqua, o la presenza d'una foresta per modificare lo sviluppo della meteora; e altre volte riesce evidente che si forma la grandine anche a piccole altezze, cioè fra 1000 e 2000 m. sul livello del mare. Anzi, nella terribile grandinata che colpì i territorî di Grottaferrata, Marino e Castelgandolfo, nei dintorni di Roma, il 26 agosto 1876, ricoprendo il terreno con uno strato di ghiaccio che in taluni punti raggiunse l'altezza di 30 cm., il nembo non si elevò nemmeno all'altezza di Monte Cavo, a 960 m. Bisogna dunque ammettere che, sebbene la grandine si formi per lo più nei cumulo-nembi i quali si elevano fino all'altezza dei cirro-cumuli, la causa del raffreddamento, per cui si congelano grandi masse d'acqua sotto forma di grandine, non è unicamente la diminuzione della temperatura dell'aria a grandi altezze nell'atmosfera, e che vi possono essere speciali condizioni, nelle quali la grandine si forma anche a piccole altezze sul livello del mare. Quali siano queste speciali condizioni non è ancora ben noto; sembra probabile che vortici atmosferici, i quali facciano scendere colonne d'aria freddissima fino a piccole altezze sul suolo, vortici ad asse orizzontale, nei quali l'espansione adiabatica dell'aria che vi affluisce può essere causa d' intenso raffreddamento, e forse qualche azione elettrica che si colleghi con le altissime differenze di potenziale, di cui dànno la misura i lampi e i fulmini che accompagnano in genere le grandinate, possano contribuire alla formazione della grandine anche negli strati inferiori dell'atmosfera.

Bibl.: L. Spallanzani, Lettera seconda relativa a diversi oggetti fossili e montani, in Mem. di mat. e fis. della Società ital., Verona 1784, p. 861; J.A. De Luc, Idées sur la Météorologie, Parigi 1787; A. Bellani, Sulla grandine, in Opusc. mat. e fis., Milano 1835, p. 85; G. Pianciani, Intorno alla grandine, in Giorn. Arcad. di Roma, LXIII (1835), p. 139; H. Faye, Sur la formation de la grêle, in Comptes rendus de la Société physique, LXXXI (1875), p. 384; A. Secchi, Di alcuni fatti relativi all'origine della grandine, in Boll. dell'Oss. d. Coll. Rom., XV (1876), p. 8; id., Di una grandine caduta il 26 agosto 1876, ibid., XV (1876), p. 80; M. Sacchi, Una legge sulla disribuzione della grandine, in Ann. d. R. Uff. Centr. met. e geod., XII (1890), p. I, Roma 1893; V. Monti, Sulla distribuzione dei temporali e della grandine in Italia, ibid., XX (1898), Roma 1902.

Vedi anche
nube Massa più o meno estesa di goccioline di acqua, di minuscoli cristalli di ghiaccio o di gocce e cristalli mescolati, in sospensione nell’aria, di spessore e densità tali da impedire più o meno la vista del cielo. ● Poiché spesso animate da moti simili a quelli delle nube ordinarie, masse d’aria inglobanti ... ghiaccio chimica Acqua allo stato solido, con densità minore di quella dell’acqua allo stato liquido (fig. 1). Il cambiamento di stato, naturalmente (ghiaccio naturale) o artificialmente provocato (ghiaccio artificiale), si verifica, a pressione atmosferica (1,01325 bar), quando la temperatura scende a 0 °C ... acqua Composto chimico di formula H2O, assai diffuso in natura nei suoi tre stati d’aggregazione: solido, liquido e aeriforme. Nel linguaggio corrente s’intende in genere l’acqua allo stato liquido. chimica 1. Generalità Per la sua abbondanza sulla superficie terrestre e negli organismi viventi gli antichi ... liquefazione Passaggio dallo stato gassoso (o aeriforme) allo stato liquido. La liquefazione di un aeriforme può avvenire, per sola compressione, soltanto se l’aeriforme è a temperatura inferiore alla temperatura critica (cioè, propriamente, se l’aeriforme è un vapore, essendo gas a temperature superiori alla temperatura ...
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