grano
Denominazione comune delle diverse specie di frumento, pianta monocotiledone del genere Triticum, famiglia graminacee. Sono piante di grande importanza economica, la cui coltivazione è iniziata circa 13.000 anni fa in Asia sudoccidentale.
Le diverse varietà di g. oggi esistenti vengono distinte in base al numero di cromosomi; tutte derivano dall’ibridazione spontanea di due specie selvatiche diverse, ciascuna diploide (14 cromosomi); l’incrocio ha creato ibridi tetraploidi (con 28 cromosomi), tra cui il Triticum turgidum, che è il progenitore selvatico dell’attuale g. duro (Triticum turgidum durum). L’ibridazione del g. duro con un’altra graminacea selvatica ha dato origine al g. tenero (Triticum aestivum), esaploide (42 cromosomi). I g. duri, resistenti alla siccità, si adattano bene alle regioni calde e asciutte; essi hanno cariossidi (frutti del g.) allungate, lucide, a frattura vitrea, ricche di glutine, che forniscono una farina (semola) particolarmente adatta per la fabbricazione di pasta. I g. teneri occupano il primo posto nella produzione frumentaria mondiale e sono adatti alle regioni temperate; hanno granelli opachi, a struttura farinosa, ricchi di amido e adatti alla panificazione.
In agraria si distingue inoltre tra g. vestiti (Triticum monococcum, Triticum dicoccum e Triticum spelta), con cariosside vestita e rachide (asse principale della spiga) fragile, e g. nudi (Triticum vulgare, Triticum durum, Triticum turgidum e Triticum polonicum), con cariosside nuda e rachide consistente. Dei g. vestiti, ampiamente coltivati nell’antichità, conserva oggi qualche importanza alimentare ed economica solo il Triticum dicoccum (comunemente noto come farro); dei g. nudi, invece, fondamentali per l’alimentazione umana, il più coltivato è il Triticum vulgare (particolarmente nelle regioni temperate), poi il Triticum compactum (America, Etiopia), il Triticum turgidum (Paesi caldo-aridi della regione Mediterranea) e il Triticum durum (in generale nelle regioni caldo-aride).
La pianta è coltivata per le cariossidi, destinate all’alimentazione umana, mentre la paglia è utilizzata nell’alimentazione degli animali, come lettiera del bestiame, per estrarre cellulosa, per preparare carta e talvolta combustibile. Da nessun altro cereale si può ottenere un pane paragonabile a quello di g. per valore alimentare e appetibilità, e ciò, principalmente, per le caratteristiche del suo glutine.
La produzione mondiale di g. è andata rapidamente aumentando dal secondo dopoguerra (quando si aggirava intorno ai 170 milioni di t annue) alla fine degli anni 1960 (330 milioni di t); nel corso degli anni 1970, poi, essa è stata ancora caratterizzata da una notevole crescita, nonostante alcune flessioni annuali, che è proseguita negli anni 1980, sia pure con ritmo meno intenso e ancora con sensibili oscillazioni nella seconda metà del decennio. Nell’ultimo decennio del 20° sec. la produzione è stata pressoché costante (tra i 550 e i 600 milioni di t annue), con una punta minima di circa 527 milioni di t nel 1994. Dalla metà del primo decennio del 21° sec. la produzione si è attestata su oltre 600 milioni di t annue, arrivando nel 2009 a superare i 685 milioni, per ridursi in seguto, per l’anno agricolo 2010-2011 a 651 milioni. Il progresso complessivo della produzione è legato, più che all’espansione delle aree coltivate, all’aumento della produttività, cui ha contribuito sia la meccanizzazione, sia la coltivazione di varietà di g. più produttive. I Paesi maggiori produttori sono la Cina (115 milioni di t nel 2010), l’India (80 milioni), gli Stati Uniti (60 milioni), la Russia (41 milioni), la Francia (38 milioni). L’Italia ha prodotto, nel 2010-11, 6 milioni di t di grano.
Il commercio del g. – regolato da accordi internazionali che necessitano di continui aggiornamenti, data l’importanza del prodotto – riguarda circa il 20% della produzione. I maggiori Paesi esportatori sono gli Stati Uniti e il Canada, i Paesi che importano di più l’Algeria e l’Italia.
Leggi protezionistiche in materia di cereali, cui si è spesso ricorso in Inghilterra fin dal 17° secolo. Le più note sono quelle del 1815 che, facendo rialzare il prezzo del pane, provocarono agitazioni e l’opposizione della borghesia industriale, tanto che per la loro abolizione si costituì, nel 1838, l’Anti-corn Law League. Per quanto fortissima fosse la pressione esercitata dall’opinione pubblica, le corn laws furono attenuate nel 1846 e revocate nel 1849.