GRASCIA
. Secondo gli statuti della città di Roma del sec. XIV, grascia "intelligatur granum, farina, ordeum, mileum, legumen et omne genus bladi, carnes, untum, oleum, vinum". Una descrizione simile degli oggetti che nel vocabolo "grascia" venivano compresi, si può trovare negli statuti dei principali comuni di quell'epoca, i quali miravano concordemente a favorire gli approvvigionamenti della città. Si è di fronte a un complesso di regole annonarie, che mentre favoriscono l'importazione, vietano severamente l'"estrazione" e disciplinano in ogni particolare la vendita nell'interno del comune. Era proibito il trasporto dei prodotti del suolo da luogo a luogo, e imposto che dovessero essere consumati nel luogo in cui erano stati raccolti, tranne che fossero diretti verso la città che era sempre preferita al contado. Nei centri più importanti era stato istituito a questo fine un corpo di ufficiali "grascieri" preposti all'ispezione delle strade e delle rive soggetti talora, per es., al controllo di supergrassierii. Era tale l'importanza di questo servizio, che la direzione ne veniva spesso affidata al capitano del popolo in persona. L'esportazione era consentita solo nel caso di esuberanza e talvolta per prodotti non necessarî.
Più comune era il divieto assoluto esteso anche ai prodotti diversi dal pane (pesce, carne e simili), onde siamo di fronte a una disciplina che appare eccessiva. Sennonché la condanna di essa deve essere temperata dalla considerazione che la protezione del consumatore era ritenuta come il precipuo dovere dei governanti, in un'epoca nella quale il ripetersi delle carestie favoriva ogni speculazione degl'intermediarî a danno del popolo minuto.