CASTELLANI, Grazia (Graziano)
Nacque, probabilmente a Firenze, intorno alla metà del sec. XIV. Del C. possediamo dati biografici intermittenti, che non permettono di ricostruire organicamente la biografia: frate agostiniano nel convento di S. Spirito di Firenze, fu celebrato maestro di teologia, studioso di Platone e di Aristotele e ministro provinciale di Pisa dal 1391 al 1394. Nel 1394 (o, secondo altri, nel 1382) ottenne, grazie alla sua ben provata fedeltà all'Ordine, da Bonifacio IX la facoltà di fondare un nuovo monastero agostiniano a Marcialla, diocesi fiorentina, del quale fu a capo per diversi anni. Fu chiamato anche ad assolvere delicate ed importanti missioni diplomatiche: nel 1380 fu mandato dal papa Urbano VI ambasciatore ai suoi concittadini fiorentini; più volte fu inviato dalla Repubblica fiorentina a Milano presso Gian Galeazzo Visconti. Abbiamo poi notizia di una sua ambasceria compiuta presso la corte pontificia nel febbraio del 1400. Ma ben più importante fu l'ambasceria in Ungheria presso il re Sigismondo del 1396, che conosciamo attraverso le Istruzioni del Comune di Firenze agli ambasciatori mandati a Sigismondo re d'Ungheria (pubblicate in Arch. stor. ital., IV[1843], 1, pp. 220-223).
Queste istruzioni, ben precise linee di condotta politica, furono impartite dai Dieci della balia fiorentina ai due ambasciatori Andrea Buondelmonti e il Castellani Gian Galeazzo Visconti stava divenendo sempre più potente e temibile, e Firenze, mentre apertamente faceva ogni onore al duca, nascostamente cercava, mediante l'invio d'una fitta schiera di oratori (ne mandò a Roma, a Gaeta da Ladislao di Durazzo e in Francia), di creare il maggior numero possibile di alleati ai Fiorentini e nemici ai Milanesi. Compito dunque del C. e del Buondelmonti, una volta raggiunto a Buda il re Sigismondo, era quello di assicurare alla propria città un contingente di genti d'arme nel caso di un eventuale conflitto tra Firenze e Milano. La promessa avrebbe dovuto essere sancita da un preciso patto scritto. A questo proposito, appunto per convincere il re, avrebbero dovuto presentare il Visconti come "uno tiranno a lui bene noto, il quale cerca con ogni studio e modo d'occupare le città e terre dell'imperio in Italia et subiugare i popoli liberi e i vicari imperiali". In secondo luogo dovevano proporre al re in sposa Giovanna figlia di Carlo III di Durazzo e sorella di Ladislao, appoggiato dai Fiorentini nel Regno di Napoli contro gli Angioini.
Il C. morì nel 1401; era allora docente presso lo Studio fiorentino, e il 30 novembre di quell'anno fu sostituito alla lettura di teologia da fra' Giovanni Bertoldi da Serravalle, il futuro traduttore e commentatore di Dante.
Il C. fu anche matematico, e in molti codici dell'abbaco viene eguagliato ai più celebri matematici del tempo; fu senza dubbio, benché oggi quasi del tutto dimenticato, al suo tempo uomo assai reputato per la sua profonda e multiforme cultura e per le sue notevoli doti intellettuali, se Giovanni da Prato nel suo Paradiso degli Alberti lo ricorda come il "preclaro e famoso teologo e matematico maestro Grazia, non meno d'ingegno divino che umano". Nello stesso Paradiso degli Alberti troviamo testimonianza di interventi del C., e con ruolo di primo piano, nelle discussioni teologico-filosofiche condotte da Coluccio Salutati.
Delle opere del C. pervenuteci, le più importanti sono Le esposizioni sopra a Dante, manoscritte nel cod. Riccardiano 1053. Le Esposizioni, secondo la convincente teoria del Guerri, sono il rifacimento e l'ampliamento compiuto dal C. sull'autografo Commento del Boccaccio a Dante (che il Boccaccio aveva lasciato in eredità con gli altri suoi scritti a un confratello del C. e poi al convento di S. Spirito), e conterrebbero, fusi insieme, un fondo autentico del Boccaccio e ampi rimaneggiamenti ed aggiunte del Castellani. Se le cose stanno così, possiamo anche trarre dalle Esposizioni il terminus post quem per la definizione della data di nascita del C.; ben inteso ammesso che l'inciso "in que' tempi io non era", riferito con ogni probabilità alla peste del 1348(cfr. Guerri, p. 1781, lo si intenda "allora io non esistevo" e lo si attribuisca al C. e non al Boccaccio. Pubblicata è una laude del C. che fu composta per la processione dei Bianchi dell'agosto dell'anno 1399 (ibid., pp. 167-169). Lo stesso Guerri gli attribuisce poi e pubblica (pp. 169-172)anche una canzone in lode di Dante che reca nel cod. Chigiano 580, p. 125 l'intestazione "Recita di Dante d'un frate di Santo Spirito" e nel cod. Laurenziano rediano 184 "Canzonemorale composta per frate... dell'Ordine di Santo Agostino e tratta di Dante". Disperse, ma di non improbabile reperimento per lo studioso che riesca a risalire al luogo dove fu convogliato il ricco materiale della biblioteca del convento di S. Spirito, sono le due opere religiose del C.: le Lectiones theologicae e le Questiones super libros sententiarum, le sue opere di maggiore mole e impegno che gli procurarono più vasta fama ed ammirazione.
Fonti e Bibl.: I. Pamphilus, Chronica Ordinis fratrum eremitarum Sancti Augustini, Romae 1581, p. 73; T. de Herrera, Alphabetum augustinianum..., I, Romae 1646, p. 306; L. Torelli, Secoli agostin., VI, Bologna 1680, pp. 195, 329; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 315; 1. F. Ossinger, Bibliotheca augustiniana historica, critica et chronologica..., Ingolstadii - Augustae Vindelicorum 1768, pp. 346-348; Giovanni da Prato, Paradiso degli Alberti, ritrovi e ragionamenti del 1389, a cura di A. Wesselofsky, Bologna 1867, I, pp. 127 ss., 251, 260, 304; III, pp. 3, 77; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, I, Firenze 1875, p. 401; A. Gherardi, Statuti dell'Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, p. 370; G. Volpi, Rime di trecentisti minori, Firenze 1907, p. 256; G. M. Monti, Un laudario umbro quattrocentista dei Bianchi, Todi 1920, p. 34; D. Guerri, Il commento del Boccaccio a Dante, II, Bari 1926, pp. 62, 166-189, 198 s.; D. A. Perini, Bibliogr. augustiniana cum notis biographicis..., I, Firenze 1929, p. 211; II, p. 75.