Graziano
Definito il padre del diritto canonico, Graziano è figura, da un lato, misteriosa per la mancanza di fonti dirette e certe, dall'altro, estremamente presente nella tradizione grazie alla sua Concordia discordantium canonum, la compilazione dottrinale-normativa con la quale «sorse una vera scienza del diritto della Chiesa» che trasformò «la mole complessa di regole e tradizioni ecclesiastiche in un sistema ragionato, universale, per sé stante» (Kuttner 1953, p. 17) e che fu universalmente conosciuta, in onore al suo autore, come Decretum Gratiani.
Le notizie su Graziano, in gran parte desumibili da fonti indirette, risultano piuttosto scarne e, talvolta, contraddittorie. Una tradizione consolidata ha lungamente ritenuto che Graziano fosse un monaco camaldolese, originario di Chiusi, o di Ficulle, un piccolo centro fra quest’ultima città e la vicina Orvieto, che avesse compiuto i primi studi a Ravenna per poi trasferirsi a Bologna dove, attivo fra il 1130 e il 1140 nel monastero dei Santi Felice e Naborre, avrebbe redatto la Concordia discordantium canonum o Decretum (1140 circa). Ricerche recenti, suscitate da alcune prime importanti riflessioni di Stephan Kuttner, che ha invitato la storiografia a occuparsi anche del profilo biografico di Graziano, evitando di ripetere i dati convenzionali della letteratura più risalente – dati che si erano successivamente consolidati (Kuttner 1988, p. 5) –, hanno fortemente messo in dubbio la sua appartenenza all’ordine camaldolese (Noonan jr 1979). Resterebbe invece ancora plausibile che Graziano fosse un monaco, com’è attestato dalla Summa Parisiensis (ed. T.P. McLaughlin, 1952, p. 181: «Vult tamen Magister [...] quia ipse monachus erat») di pochi anni successiva alla redazione del Decretum. Della sua vita conosciamo, con certezza, un unico episodio, testimoniato da un atto notarile dal quale risulta che Goizo, cardinale di Santa Cecilia, nell’agosto 1143, chiama tre esperti, Graziano, Gualfredo e Mosè, per una disputa, in tema di decime ecclesiastiche, al cospetto del cardinale legato di Innocenzo II, a S. Marco a Venezia (Cortese 1995, pp. 200-01).
Inoltre, muovendo da un’addizione alla Cronaca di Roberto di Torigny, abate di Mont-Saint-Michel, già sottolineata da Kuttner (1988, p. 8), si è ritenuta fondata la presenza di Graziano al Concilio di Reims del 1131 come episcopus clusinus, accanto al papa Innocenzo II (Mazzanti 1999, p. 97): una notizia che risulterebbe confermata da studi più recenti, condotti sulla base della tradizione manoscritta del Decretum, che inducono a ritenere come il nostro avesse la dignità episcopale, che i suoi legami con ambienti francesi risalissero agli anni della gioventù per la frequentazione di S. Vittore a Parigi, come conscolaris di Rolando Bandinelli e che, infine, avesse avuto conoscenza, oltre che di altre opere, della Glossa ordinaria alla Bibbia: un’opera i cui primi testimoni manoscritti, risalenti al 1130 circa, circolavano soltanto in alcune parti del centro dell’Europa (De León, in La cultura giuridico-canonica medioevale, 2003, p. 101). Una carica, quella di vescovo di Chiusi, che verrebbe confermata da un’annotazione in un necrologio del 12° sec., conservato nella Biblioteca comunale di Siena (ms. F-I-2, f. 5v), che attesta la data di morte di un «gratianus episcopus clusinus» in data 10 agosto senza precisarne l’anno: «augusti... IV idibus obiit... et gratianus espiscopus clusinus» (Reali 2009, pp. 96, 244).
Un dato indiscutibile è che Graziano operò lungamente a Bologna dove tenne scuola, e che a Bologna respirò l’atmosfera di quello che è stato autorevolmente definito il Rinascimento giuridico, non solo per la riscoperta del Corpus iuris civilis, ma anche perché quel testo fu oggetto di studio e di insegnamento da parte della nascente Scuola dei glossatori.
A Bologna conobbe il moto della civilistica irneriana e postirneriana, con le vivaci dispute che percorsero tutto il primo cinquantennio del 12° sec. (Quaglioni 2002, p. 3). In questo senso
la Concordia grazianea è bolognese, ha una cittadinanza specifica. Graziano, corrispondendo alla istanza, che emerge ferma nella Chiesa post-gregoriana, vuol fissare qualcosa che serva di fondamento a future e più elevate e ambiziose costruzioni dottrinali e normative. La Chiesa non ha un corpus giustinianeo su cui innalzare le guglie di una interpretatio, né le troppo informi collezioni precedenti possono essere utilizzate per un tale scopo. Occorre sistemare una coerente piattaforma il più possibile ridotta a organicità e occorre sorreggere il materiale con un progetto. Questo fa Graziano, anche se in modo rudimentale, con strumenti ancora malcerti come non possono non essere quelli di un pioniere (Grossi 1995, pp. 204-05).
E Graziano riesce a fare questo proprio attraverso la redazione della Concordia discordantium canonum.
Molte questioni restano però ancora aperte quali la genesi dell’opera, la sua struttura originaria e la sua redazione finale: esse, oltre ad aver suscitato un ampio e articolato dibattito storiografico, finiscono per intersecarsi anche con lo scopo della compilazione grazianea, uno scopo più complesso di quello che gli viene tradizionalmente attribuito, tanto da far pensare a una relazione con lo scisma del 1130, con la vittoria di Innocenzo II e con la genesi del Lateranense II (Quaglioni 2002, p. 3).
Per comprendere pienamente queste problematiche, alle quali la storiografia non ha ancora dato una risposta univoca, occorre prender le mosse dal 1582, allorquando Gregorio XIII ordinava la pubblicazione dell’editio romana del Decretum («Iubemus igitur, ut quae emendata et reposita sunt, omnia quam diligentissime retineantur, ita ut nihil addatur, mutetur et imminuatur»): un’edizione con la quale si correggeva quella precedente, pubblicata nel 1580, con il breve Cum pro munere.
L’opera, frutto del lavoro dei cosiddetti correctores romani, non era, evidentemente, un’edizione critica in senso moderno, ma solo «un tentativo di mettere ordine nelle pluralità di tradizioni testuali dell’opera» (Larrainzar, in La cultura giuridico-canonica medioevale, cit., p. 63). Con il trascorrere dei secoli, durante i quali si è assistito alla pubblicazione di ulteriori edizioni (Pithou, Böhmer, Richter), un passo importantissimo veniva compiuto da Emil Friedberg che, nel 1879, pubblicava la editio lipsiensis secunda: era il primo tentativo volto a «ristabilire il testo primigenio del Decreto, così come era uscito dalle mani dell’autore o degli autori» (Larrainzar, in La cultura giuridico-canonica medioevale, cit., p. 67). L’edizione che verrà ripubblicata in anastatica nel 1928 e, da ultimo, nel 1959, è quella alla quale ancora oggi si fa riferimento.
L’importante riflessione di Kuttner (1948), successivamente confermata e ampliata dallo stesso autore, auspicava la realizzazione di una nuova edizione critica che consentisse di individuare le tappe dell’elaborazione del Decretum fino a quando il testo non fosse stato fissato definitivamente:
quell’edizione dovrebbe essere un’opera in cui il lettore possa distinguerne le tappe dell’elaborazione, un’edizione in cui possa essere identificato anche il testo così come circolò e come arrivò ad essere fissato in modo standard, dalle prime generazioni di decretisti fino agli inizi del secolo XII, momento in cui i commenti all’opera di Graziano culminano nella sua Glossa ordinaria (Kuttner 1988, p. 26; trad. it. in Larrainzar, in La cultura giuridico-canonica medioevale, cit., p. 71).
Tale riflessione ha indotto la storiografia più recente a raccogliere l’invito. I primi lavori di Anders Winroth (1997, 1998, 2000) – al quale va indubbiamente ascritto il merito di aver concretamente riaperto gli studi sulla tradizione manoscritta del Decretum – individuano due recensioni della Concordia grazianea, realizzate da due diversi autori, sulla base di due differenti corpi di fonti: la prima recensione, portata a compimento nel 1139; la seconda compiuta prima del 1158, caratterizzata dall’aggiunta di altre auctoritates. A queste indagini, che seguono i primi rilevanti studi di Rudolf Weigand (1997, 1998), si sono succedute le ricerche di José Miguel Viejo-Ximenez (2002; in La cultura giuridico-canonica medioevale, 2003; 2005) e, soprattutto, quelle di Carlos Larrainzar: studi, questi ultimi, che inducono a considerare il Decretum
come un testo vivo, composto per tappe, in revisioni irregolari, parziali e successive, che nella sua origine più antica non fu mai una raccolta di canoni antichi ma qualcosa di simile a un manuale di docenza (Larrainzar, in La cultura giuridico-canonica medioevale, cit., p. 80).
Una sorta di work in progress, sviluppatosi in un ventaglio di tempo relativamente lungo, sostanziatosi, molto probabilmente, in quattro tappe (Exserpta, Concordia, Decretum, Decretum Vulgatum) (Larrainzar 1998, 1999, 2001, 2006). Un testo che, nel 1150, in uno stadio molto avanzato di elaborazione, viene utilizzato nelle aule dei tribunali (Nardi 1998) e al quale, in epoca di poco successiva, sarebbero state aggiunte le paleae (Viejo-Ximénez, in La cultura giuridico-canonica medioevale, cit., pp. 161, 169).
Nell’ambito universitario bolognese, pertanto, viene redatta un’opera che non sarà mai resa ufficiale – ancorché si sia ipotizzato un provvedimento di questo tipo da parte di papa Eugenio III, senza che peraltro la letteratura ne abbia ritenuto la fondatezza – (Noonan jr 1976, Classen 1978), e che costituirà, per secoli, uno dei punti di riferimento per la scienza del diritto canonico.
Quale che sia la genesi dell’opera, e quali che siano le sue fasi evolutive, in ragione del fatto che nel Decretum non vi è alcuna formulazione teorica circa la metodologia utilizzata, occorre sottolineare come il titolo (Concordia discordantium canonum) indichi, di per sé, il metodo e l’obiettivo di Graziano, ossia raccogliere fonti diverse e testi di diversi autori dal contenuto discordante, cercando dialetticamente di conciliarne il significato: canoni apostolici, canoni dei Concili generali e particolari dal 4° sec. al II Concilio Lateranense del 1139, le epistolae decretales dei pontefici (da Damaso a Innocenzo II), ivi comprese le decretali pseudoisidoriane, i testi dei Padri della Chiesa, i penitenziali, i libri liturgici, i sinodi episcopali, il diritto romano e, in misura molto ridotta, le leggi franche. E questa armonizzazione avviene immediatamente attraverso un contributo personale di Graziano (dicta).
Il rinnovamento metodologico nello studio delle auctoritates favorito dal clima culturale sviluppatosi già nell’11° sec., trova pertanto un punto di arrivo proprio con la Concordia grazianea: un clima culturale sviluppatosi soprattutto nella Francia del nord attraverso lo studio della Sacra pagina e tramite una tradizione che si sostanzia, da ultimo, nelle opere di Bernoldo di Costanza, Ivo di Chartres, Algero di Liegi, Anselmo d’Aosta. Quest’ultimo, per es., come sottolinea Francesca Viola nella sua tesi di dottorato La concordanza dei contraria nella teologia e nel diritto canonico del secolo XII (2007-2008) raggiunge nel rapporto tra ratio e fides un equilibrio tra la possibilità di comprendere le verità rivelate attraverso gli strumenti della dialettica ed i limiti posti alla ragione umana. I riflessi della vivacità intellettuale del tardo undicesimo secolo investono anche i canonisti che, abbandonate le armi polemiche della battaglia condotta per ripristinare le prerogative del Pontefice romano, spostano la loro attenzione sul problema del buon governo dell’Ecclesia christianorum. I canonisti fanno proprio lo spirito teologico della veritas intesa come giustizia, e la eleggono a principio cardine dell’interpretazione dei canoni. Nel sistema che creano non vi è antagonismo nel rapporto tra Sacerdotium e Regnum, poiché entrambi concorrono alla realizzazione in terra della salus animarum. Questo ideale permette di comprendere nella già ricca pluralità delle fonti canoniche anche gli exempla e tutte le auctoritates utili a condurre l’uomo sul sentiero della giustizia, cioè le stesse leggi secolari e la consuetudine. L’unico requisito irrinunciabile è la non contraddittorietà con la ratio e con la veritas.
E Graziano, ponendosi nell’ambito di una tradizione metodologica che va consolidandosi, in ciò favorito dalla nascita della Scuola di Bologna e del metodo di studio che in essa si va affermando, contribuisce, in maniera decisiva, alla costruzione di un testo che costituirà uno degli insostituibili punti di riferimento per la scienza del diritto canonico.
Un metodo che la storiografia moderna ha tradizionalmente racchiuso nelle cosiddette quattro rationes, gli strumenti metodologici attraverso i quali Graziano ha tentato di comporre le antinomie fra le diverse auctoritates: 1) la ratio significationis, strettamente legata alla tecnica della distinctio platonica, che permette di individuare e chiarire il senso profondo di ogni disposizione; 2) la ratio dispensationis, che consiste in un privilegio a carattere soggettivo che induce per causa di necessità o di utilità a derogare alla regola generale; 3) la ratio loci, per la quale, avuto riguardo all’ambito territoriale, la regola particolare deroga alla regola generale; 4) la ratio temporis, secondo la quale la regola posteriore deroga a quella emanata in precedenza.
Un’ultima parola va dedicata, infine, alla suddivisione dell’opera che, nella vulgata, consta di tre parti. La prima comprende 101 distinctiones, di cui le prime 20 sono dedicate alla teoria generale, mentre le altre agli uffici ecclesiastici. La seconda consta di 36 causae, a loro volta suddivise in quaestiones, che trattano, in particolare, di diritto penale e processuale, del patrimonio ecclesiastico e del matrimonio; all’interno di questa seconda parte è la quaestio 3 della Causa 33 cui è stato attribuito il titolo de poenitentia: un testo talmente lungo da aver richiesto l’ulteriore ripartizione in 5 distinctiones. La terza parte, infine, è interamente composta del de consecratione dedicato a materie sacramentali e teologiche, suddiviso in 5 distinctiones.
Testo di spartiacque, forse un work in progress originato da una lunga attività scolastica, il Decretum [...] assomma in sé il vecchio ma si proietta nel nuovo e incarna il "tentativo di armonizzare le discordantiae, cioè le antinomie, che la vita secolare della società ecclesiale aveva ammucchiato a seconda dei tempi, dei luoghi, delle circostanze diversi e che ora si mostrano pastoralmente scandalose e inammissibili". Consonanza dei canoni, dunque, concordia, composizione armonica che nasce non solo dalle dissonanze, ma per le dissonanze, unità che non aspira alla monotonia di un ordine nel quale le particolarità si dissolvono, ma che delle particolarità è comprensione e ragione (Grossi 1995, p. 117; Quaglioni 2002, p. 4).
Una composizione armonica che, solo un secolo dopo, non sarà più il frutto del metodo dialettico, ma della volontà dei grandi pontefici legislatori così come può dedursi da una lettura attenta delle bolle di promulgazione delle rispettive collezioni. Ne è un primo esempio la Rex pacificus con la quale Gregorio IX, il 5 settembre 1234, promulgava il Liber Extra. Le caratteristiche dell'autenticità (che attribuiva ai testi in esso recepiti la forza e la inderogabilità della norma), dell’unità (nel senso che le norme in essa contenute entravano in vigore contemporaneamente), dell'esclusività (con la quale si abrogavano tutte le decretali apparse successivamente al Decreto di Graziano) e dell'universalità, impresse dal pontefice alla sua raccolta, superano le quattro rationes e sconvolgono il sistema interpretativo adottato da Graziano in poi (Liotta 1999, 2007).
Per il testo della Concordia discordantium canonum si deve ancora ricorrere al Corpus iuris canonici, a cura di E. Friedberg, 1° vol., Decretum magistri Gratiani, Lipsiae 1879 (rist. Graz 1959).
S. Kuttner, De Gratiani opere noviter edendo, «Apollinaris», 1948, 21, pp. 118-28.
S. Kuttner, Graziano: l’uomo e l’opera, «Studia Gratiana», 1953, 1, pp. 15-29.
J.T. Noonan, Was Gratian approved at Ferentino?, «Bulletin of medieval canon law», 1976, 6, pp. 15-27.
P. Classen, Das Decretum Gratiani wurde nicht in Ferentino approbiert, «Bulletin of medieval canon law», 1978, 8, pp. 38-40.
J.T. Noonan jr, Gratian slept here. The changing identity of the father of the systematic study of canon law, «Traditio», 1979, 35, pp. 145-72.
S. Kuttner, Research on Gratian: acta and agenda, in Proceedings of the seventh international congress of medieval canon law (Cambridge, 23-27 July 1984), ed. P. Linehan, Città del Vaticano 1988, pp. 3-26.
E. Cortese, Il diritto nella storia medievale, 2° vol., Il basso Medioevo, Roma 1995, in partic. pp. 197-212.
P. Grossi, L’ordine giuridico medievale, Roma-Bari 1995.
R. Weigand, Zur künftigen Edition des Dekrets Gratians, «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte» Kanonistische Abteilung, 1997, 83, pp. 32-51.
A. Winroth, The two recensions of Gratian’s Decretum, «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte» Kanonistische Abteilung, 1997, 83, pp. 22-31.
R. Weigand, Chancen und Probleme einer baldigen kritischen Edition der erstern Redaktion des Dekrets Gratians, «Bulletin of medieval canon law», 1998, 22, pp. 53-75.
A. Winroth, Les deux Gratien et le droit romain. In memoriam Rudolf Weigand, «Revue de droit canonique», 1998, 48, 2, pp. 285-99.
C. Larrainzar, El Decreto de Graciano del códice Fd (= Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi Soppressi A.I. 402). In memoriam Rudolf Weigand, «Ius Ecclesiae», 1998, 10, pp. 421-89.
P. Nardi, Fonti canoniche in una sentenza senese del 1150, «Studia Gratiana», 1998, 29, pp. 661-70.
F. Liotta, I papi anagnini e lo sviluppo del diritto canonico classico: tratti salienti, in Studi di storia del diritto medioevale e moderno, a cura di F. Liotta, 1° vol., Bologna 1999, pp. 107-28.
C. Larrainzar, El borrador de la “Concordia” de Graciano: Sankt Gallen, Stiftsbibliothek MS 673 (= Sg), «Ius Ecclesiae», 1999, 11, pp. 593-666.
G. Mazzanti, Graziano e Rolando Bandinelli, in Studi di storia del diritto, Istituto di Storia del diritto Italiano, 2° vol., Milano 1999, pp. 79-103.
A. Winroth, The making of Gratian’s Decretum, Cambridge-New York 2000.
C. Larrainzar, La formación del Decreto de Graciano por etapas, «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte» Kanonistische Abteilung, 2001, 87, pp. 67-83.
D. Quaglioni, Graziano, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 59° vol., Roma 2002, ad vocem.
J.M. Viejo-Ximénez, La investigación sobre las fuentes formales del Decreto de Graciano, «Initium», 2002, 7, pp. 217-39.
La cultura giuridico-canonica medioevale. Premesse per un dialogo ecumenico, a cura di E. De León, N. Álvarez de las Asturias, Milano 2003 (in partic. C. Larrainzar, La ricerca attuale sul “Decretum Gratiani”, pp. 45-88; E. De León, La biografia di Graziano, pp. 89-107; J.M. Viejo-Ximénez, La ricezione del diritto romano nel diritto canonico, pp. 157-209).
C. Natalini, Il diritto giustinianeo nella Causa III del Decretum, «Studia et Documenta Historiae et Iuris», 2004, 70, pp. 379-405.
J.M. Viejo-Ximénez, La composición del Decreto de Graciano, «Ius Canonicum»», 2005, 45, pp. 431-85.
C. Larrainzar, L’edizione critica del Decreto di Graziano, «Folia canonica. Review of eastern and western canon law», 2006, 9, pp. 69-92.
F. Liotta, Tra compilazione e codificazione. L’opera legislativa di Gregorio IX e Bonifacio VIII, in Studi di storia del diritto medioevale e moderno, a cura di F. Liotta, 2° vol., Bologna 2007, pp. 21-39.
P. Landau, Gratian and the Decretum Gratiani, in The history of medieval canon law in the classical period, 1140-1234: from Gratian to the decretals of pope Gregory IX, ed. W. Hartmann, K. Pennington, Washington D.C. 2008, pp. 22-54.
F. Reali, Magister Gratianus e le origini del diritto civile europeo, in Graziano da Chiusi e la sua opera. Alle origini del diritto comune europeo, a cura di F. Reali, Chiusi 2009, pp. 17-130, 244 tav. 1.
C. Larrainzar, Métodos para el análisis de la formación literaria del Decretum Gratiani. “Etapas” y “esquemas” de redación, in Proceedings of the thirteenth international congress of medieval canon law (Esztergom, 3-8 August 2008), ed. P. Erdö, Sz. A. Szuromi, Città del Vaticano 2010, pp. 86-115.