COSSALI, Grazio
Nacque ad Orzinuovi (prov. di Brescia) nel 1563. Nulla sappiamo dalle fonti circa la sua prima educazione artistica: l'Ultima cena della chiesa di Pudiano (Brescia), del 1580, mostra, comunque, un giovane diciassettenne già padrone della prospettiva delle finte architetture, ma ancora sostanzialmente impacciato e privo di guida nell'esecuzione delle figure; mentre la teletta con Madonna e santi nella chiesetta di Macesina a Bedizzole, di due anni più tarda, induce ad ipotizzare un alunnato prolungato ed assiduo presso il conterraneo pittore Luca Mombello, discepolo del Moretto.
Se il C. abbia potuto incontrare Carlo Borromeo durante la visita apostolica da questo compiuta ad Orzinuovi nel 1580, non si è ancora in grado di provare: certo è il fatto che l'iconografia del santo milanese fu divulgata nel Bresciano e fuori dal C. in un gran numero di raffigurazioni, che hanno più l'aspetto di ritratti che di ripetizioni agiografiche ed accademiche.
L'alunnato presso il Mombello viene ulteriormente provato dalla grande tela con L'incoronazione della Vergine e santi, nella sacrestia della parrocchiale di Orzivecchi (1584); ma nel 1587 l'artista è a Cremona, nel convento di S. Domenico, per sfuggire "ai rigori della giustizia attesi alcuni criminali disordini da lui commessi nel suo paese" (Picenardi, 1820). Il quadrone con la Caduta della manna (1587, con autoritratto), ora nel palazzo civico, dimostra l'evoluzione artistica di un pittore giovane ma pronto a far propri i suggerimenti di un manierismo eclettico ed aggiornato qual era quello di Cremona in quegli anni.
Il momento di passaggio dalla formazione mombelliana ad un manierismo più maturo ed eclettico è rappresentato da quattro opere, già parzialmente aperte ai suggerimenti extralocali: la Lapidazione di s. Stefano (1585-86 c.; Orzinuovi, coll. priv.); il Gesù cade sotto la Croce di S. Giacomo a Soncino; il Sacrificio di Melchisedec della parrocchiale di Gardone Val Trompia; e il S. Martino e il povero della Bibl. di Pontoglio, tutti dipinti pressappoco coevi.
Dal 1587 incomincia per il C. una collaborazione fitta con l'Ordine domenicano, che presumibilmente è dovuta all'appartenenza di un congiunto all'Ordine stesso: a Soncino, nella chiesa di S. Giacomo; a Milano, nella chiesa di S. Maria della Rosa (1594, Crocifisso, perduto: cfr. Bartoli, 1776, p. 199); a Pavia, nella chiesa di S. Tommaso (1595, pala perduta); ad Alessandria nella chiesa dei domenicani di Bosco Marengo (1597); a Brescia, nella chiesa di S. Domenico (1612); ad Orzinuovi, nel convento domenicano, con tre opere che ancora si trovano in loco.
Dal soggiorno cremonese il C. riporta in patria una pittura influenzata dai modi dei Campi e del Malosso, ma anche pronta ad aprirsi alle suggestioni degli aggiornamenti lagunari arrivati a Brescia con le opere di Palma il Giovane e, soprattutto, dei Tintoretto dal quale il C. desume buona parte dei propri tipi maschili e femminili e la caratteristica maniera di impiegare la luce in zone contrapposte di chiari e di scuri. Altri suggerimenti (si vedano le architetture) l'artista deriva dal Veronese; altri ancora da Camillo Procaccini: fondendoli tutti in un manierismo personale che non mancherà - proprio perché consono ad un tipo di pittura devozionale controriformistica - di esercitare un certo fascino in ambito bresciano, alessandrino, pavese.Nel 1589 la Madonna del Rosario della parrocchiale di Ome, prima opera bresciana, immette nell'ambito locale i risultati di frequentazioni e di meditazioni extralocali che non mancheranno di condizionare in senso più moderno un ambiente pittoriro ancora largamente legato al Moretto (attraverso i suoi epigoni) e alla pittura lagunare.
Dopo questa significativa pala (replicata con modi un po' più maturi per la parrocchiale di Brione) si può dire che l'itinerario artistico del C. si dipani in maniera piuttosto lineare e coerente ad un proprio personale "modus" attraverso lunghi anni di alacre ed intensa attività, con un copioso numero sia di tele sia di affreschi.
Nel 1590-1600 sicollocano numerose opere nel territorio bresciano (Anelli, 1978, pp. 174-78)e in luoghi più lontani dalla città natale: dopo la menzionata grandissima tela con la Caduta della manna di Cremona, lo ritroviamo a Cantù (S. Maria Ausiliatrice tra i ss. Giacinto e Alberto nella chiesa di S. Maria) nel 1596;a Bosco Marengo (Alessandria) nel 1597con una pala per la chiesa di S. Croce (Trionfo dello stendardo cattolico alla battaglia di Lepanto con i quindici misteri del Rosario); a Castelnovetto Lomellina (forse nello stesso anno) con la Madonna del Rosario per la parrocchiale. Nel 1600dipinge L'Annunciazione per la parrocchiale di Valgoglio (Bergamo); nel 1602 una pala per la parrocchiale di Pradalunga (Bergamo) e la Pentecoste per il duomo di Castiglione delle Stiviere; forse nel 1614 L'Annunciazione, firmata, del santuario della Madonna della Scoperta a Lonato; nel 1618 l'altra Pentecoste, ora nel palazzo vescovile di Cremona. Mentre febbrile continua la sua opera nel Bresciano, via via si va delineando un'adesione, di artisti locali e non, al fare dei C.: forse artisti modesti, ma certo divulgatori del suo modo di operare.
Alcuni sono noti, altri ignoti coloritori operosi nelle valli. Ricordiamo, nel Bresciano, Giuseppe Amatore (nell'opera di Bagnolo Mella), G. B. Galeazzi, C. Ruchelo, N. Grisiani (largo divulgatore delle iconografie cossaliane in Val Camonica, ove peraltro il C. era stato attivo e sarà poi presente, a continuarne l'opera, il figlio Giacomo); a Cremona, I. Ferrari; in Piemonte, oltre ad una fase della pittura giovanile di Guglielmo Caccia (nelle opere di Calliano o di Candia) una schiera di ignoti coloritori che vengono fortemente influenzati dalle esuberanti tipologie della Madonna in gloria e della Madonna del Rosario del C. (G. Romano, Casalesi del Cinquecento..., Torino 1970, p. 90).La seconda metà della vita del C., per quanto si può dedurre dalla dislocazione delle opere e dai pochi documenti ritrovati, dovette svolgersi tutta tra la casa di Brescia e la villa di Orzinuovi, dove è lecito pensare che trascorresse il periodo estivo, senza però smettere il lavoro. Ne fa fede il numero cospicuo di tele lasciate nel borgo natale: nella chiesa di S. Domenico, S. Nicola da Bari, s. Pietro da Verona e s. Cosma, L'Incoronazione della Vergine e l'Addolorata e santi (1613)più tardi ripresa, con identico schema, per Romano Lombardo; in S. Maria del Camerio, S. Carlo Borromeo presenta Orzinuovi alla Vergine (1614) e il Martirio di s. Lorenzo;nella parrocchiale, Elia e l'angelo.
Due lettere di Agostino Giannotti, del 21 e 28 ott. 1626 (pubbl. da Boselli, 1971, pp. 69 s.), ci informano che il C. risiedeva "ancora"(è ottobre, quindi vi passava il periodo estivo) in villa in Orzinuovi "con tutta la famiglia", che era in rapporti col Cerano a Milano, e che, per un affare, avrebbe mandato a Milano il figlio Giacomo.
Questa documentazione e il fatto che dopo il 1626 non esistono opere del C. datate ci fanno supporre che non fosse più in buona salute e preferisse avviare il figlio alla direzione della propria bottega (che, a giudicare dal numero così elevato di opere e da certe cadute di qualità, doveva essere molto attiva).
Di più elevata, o almeno di più costante qualità, appare la produzione dei C. nel periodo dal 1600al 1626 c. per le chiese di Brescia: del 1609 èla grandiosa, e compositivamente impegnativa, Adorazione dei Magi, per la chiesa della Madonna delle Grazie; dei 1616sono il Martirio di s. Agata e quello di S. Cecilia per S. Gaetano, L'Elemosina di s. Carlo Borromeo per S. Carlo alla Casa di Dio, il Cristo sul Calvario incontra sua Madre, per S. Lorenzo; del 1622 sono la Imposizione del nome al Battista, la Natività del Battista (che riprende gli stilemi della pala del 1621nella parrocchiale di Portese) e la Visione apocalittica (da una incisione di Albrecht Dürer) per la chiesa di S. Giovanni.
Più o meno negli stessi anni si devono datare la Vergine in gloria in S. Gaetano (1612 C.), il Cristo spogliato oggi alla Pinacoteca Tosiomartinengo (1615 c.), La Vergine, santi e anime purganti (1615-20 c.) in S. Maria del Carmine, La SS. Trinità con s. Carlo Borromeo e s. Ambrogio (1610-20 c.) in S. Maria Calchera.
A queste opere, sicuramente documentate, o firmate, o comunque oggi concordemente ascritte al C. dalla critica, si deve aggiungere un'altra vasta serie di opere attribuite in modo incerto o assegnate alla bottega, che qui non è il luogo di menzionare partitamente; nonché un numero, purtroppo rilevante, di tele disperse, o distrutte, o di ubicazione oggi ignota.
Ma non si potrà non ricordare, almeno per sommi capi, la copiosa attività del C. frescante: il soffitto di S. Gaetano (1615), il primo altare a destra in S. Agata, alcuni affreschi in S. Maria delle Grazie, tutte opere bresciane; alcuni degli affreschi in palazzo Avogadro Spada a Bagnolo Mella; nonché, forse, il grandioso complesso dei refettorio grande dell'abbazia di Rodengo (1608), di controversa (dato anche al Giugno) ma antica attribuzione.
Morassi (1939) attribuiva dubitativamente al C. il piccolo affresco sopra l'arca di Gaspare Brunelli in S. Francesco in Brescia; ma, se incerta (e per noi insostenibile) è tale assegnazione, è invece documentata (1605) la sua opera di architetto nelle due cappelle, di S. Pietro e Porcellaga, nella stessa chiesa: unico lavoro di architettura del C., ma significativo nell'economia della sua produzione (cfr. C. Boselli, in Anelli, 1978, pp. 211-16).
Secondo la tradizione (Cozzando, 1694) il C. sarebbe morto nel 1630 per un colpo d'archibugio per mano del figlio; ma l'atto di morte presso la chiesa di S. Agata in Brescia, stilato il 4 dic. 1629, non precisa le cause della morte (Guerrini, 1938, p. 232).
Del figlio Giacomo restano due opere firmate, debolmente condotte sul fare manieristico del padre (Anelli, 1978, tavv. XCIV s.): S. Carlo, s. Gottardo e s. Firmo (1632) nel santuario della Madonna della Rosa a Monticelli Brusati (Brescia); L'incoronazione della Vergine coi santi Carlo Borromeo, Silvestro e Rocco (1632), nell'eremo di S. Silvestro ad Angolo Terme. Alcune altre gli sono state attribuite (Fappani, 1972, IV, pp. 23 s.; Anelli, 1978, pp. 196-98) in base a considerazioni stilistiche: Natività della Vergine, Presentazione al Tempio, Sposalizio della Vergine, Annunciazione, già nel presbiterio del santuario della Madonna della Rosa a Monticelli Brusati (1632 c.); e la grande Annunciazione (ante 1645) della parrocchiale di Polaveno (Brescia).
Bibl.: Per una esauriente bibl., oltre a M. Bernath, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 510 s.,vedi L. Anelli, G. C. pittore orceano, Brescia 1978 (anche per Giacomo). Ma vedi anche: L. P. Cozzando, Vago e curioso ristretto dell'Istoria bresciana, Brescia 1694, pp. 121-28; F. Bartoli, Notizia delle pitture, sculture ed architetture... d'Italia, I, Venezia 1776, p. 199; II, ibid. 1777, p. 54; G. Aglio, Le pitture esculture della città di Cremona, Cremona 1794, p. 59; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, II, Bassano 1795-96, pp. 38 s.; G. Picenardi, Nuovaguida di Cremona, Cremona 1820, p. 71; G. Zanardelli, Lett. sulla Esp. bresciana del 1857, Milano 1857, pp. 387, 463; P. Guerrini, Il Pittore dis. Carlo, in Memorie stor. d. Diocesi di Brescia, 1938, p. 232 (anche per Giacomo); Catal. d. cosed'arte e di antichità d'Italia, A. Morassi, Brescia, Roma 1939, ad Indicem;B. Passamani, in Storia diBrescia, III, Brescia 1964, pp. 595 ss.; G. Romano, Casalesi del Cinquecento, Torino 1970, p. 90 e passim; C. Boselli, Nuove fonti per la storia d. arte. L'arch. dei conti Gambara presso la Civica Bibl. Queriniana di Brescia, in Mem. d. Istituto venetodi sc., lett. ed arti, XXXV(1971), pp. 69-73, 77 (anche per Giacomo); A. Fappani, Santuaried immagini mariane nel Bresciano, Brescia 1972, III-IV, passim (anche per Giacomo); C. Boselli, G. C. architetto, in L. Anelli, cit. (1978), pp. 211-16; T. Sinistri, Brescia nelle stampe, Brescia 1977, pp. 74 s., 152, 170, 186; R. Prestini, Storia e artenel convento di S. Giuseppe…, Brescia 1978, pp. 130 s.; L. Anelli, in Enciclopedia Bresciana, III, Brescia 1978, pp. 50 ss. (p. 50 per Giacomo); Id., Alle radici della pittura cossaliana, in Brixia sacra, n. s., XV (1980), 3-6, pp. 121-28; M. T. Rosa Barezzani, Testimonianze musicalinella chiesa di S. Francesco d'Assisi in Brescia, ibid., pp. 157-184; L. Anelli, S. Nicolò di Rodengo, in Monasteri benedettini in Lombardia, Milano 1980, pp. 150-153; G. Panazza-A. Bertolini, Arte in Val Camonica, I, Brescia 1980, p. 85; L. Bandera, G. C. e la pittura cremonese, in Artelombarda, XXVI(1981), 58-59, pp. 52-55; L. Anelli-E. M. Guzzo, Le chiese di Pontoglio, Brescia 1982, pp. 99-100; L. Anelli, Ricognizioninel Seicento (II), in Brixia Sacra, n. s., XVIII (1983), pp. 91-104; Id., Le grandi pale di Nave, Brescia1983, passim.