GRAZIOLO da Firenze
Assimilato da Bertoni al contemporaneo Finfo (Graziolo Finfo), G. fu "poeta del secolo XIII ancorché fiorisse […] circa il 1290, nondimeno ritenne assai più del dialetto, e della pronunzia de' Poeti, che furono innanzi alla metà del Secolo, che di quelli che vennero dopo […]. Di sue Rime ne porta un testo il Redi, che egli medesimo conservava; e un altro ne tiene appresso di se il Bargiacchi in Firenze, dal quale è stato cavato il saggio, che diamo nel presente Volume Gli occhi sono messaggi de lo core". Così scriveva Giovan Mario Crescimbeni, chiosando il Bacco in Toscana di F. Redi che aveva annoverato G. semplicemente fra gli autori di sonetti.
G. è infatti noto solo in quanto autore del sonetto [G]li ochi sono mesagi de lo core trasmesso dal manoscritto conservato a Firenze, Bibl. Laurenziana, Redi 9, n. 397, c. 140v, sotto la rubrica "Graçiolo da Firençe". Difficile dire - data l'esiguità della prova, che non pare tuttavia assimilabile alla maniera guittoniana - quale ruolo G. abbia svolto nella cerchia dei poeti fiorentini.
Finfo fu poeta fiorentino attivo nella seconda metà del Duecento, verosimilmente intorno al 1268. Il nome è attestato dalle rubriche dell'unico testimone che tramanda i due testi a lui ascritti nella tradizione, ovvero il manoscritto conservato presso la Bibl. apostolica Vaticana, Vat. lat. 3793. Una più esatta precisazione delle coordinate biografiche è impedita dalla pressoché totale assenza di dati documentari certi. Unica eccezione è costituita dai riferimenti a Finfo e a suo padre compresi in un atto relativo al bando del 1268 dei ghibellini fiorentini e permette pertanto la fissazione della sua figura alla storia fiorentina degli anni cruciali 1260-70.
Il documento, pubblicato per la prima volta da Ildefonso di San Luigi, recita, sotto all'anno 1268, rubrica 139: "Item isti sunt Ghibellini confinati […] De populo S. Simonis […] Buonus Guidi Neri. Finus [sic] eius filius […] isti sunt Ghibellini de Sextu S. Petri Scheradii, qui stare debent ad confines extra civitatem, comitatum et totum districtum Florentie […] Finfo f. Buoni Guidi Neri". Il passaggio fa parte dei "monumenti che servono d'illustrazione, o di giunta alle cose contenute in questo tomo", ovvero la Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani. La "nota per ordine di Sesti di tutti i Ghibellini ribelli, cacciati o confinati fuori di Firenze l'anno 1268" è "tratta dal Libro del Chiodo e dal Lib. XIX de' Capitoli a 43. sino a 60. Delle Riformagioni, e riportate nel Cod. Antico di S. Paolino a 77. e nello Zibald. A. a 357". Nell'edizione della Cronaca da lui curata N. Rodolico sceglie invece a fondamento ecdotico due manoscritti fiorentini ove la rubrica 139, e quindi i riferimenti a Finfo, non sono presenti.
Di Finfo risulta chiarita l'ascendenza ("figlio di Buono di Guido Neri"), l'appartenenza politica e, evidentemente, la sicura fiorentinità. In mancanza di altre notizie certe sarà prudente collocare la sua opera attorno all'anno 1268. Qualche, peraltro non accessoria, conferma del dato cronologico procede direttamente dai testi letterari.
I componimenti relati dal manoscritto vaticano e attribuiti a Finfo sono due canzoni trascritte alle carte 61r (n. 192) e 61rv (n. 193), ove risultano attribuite rispettivamente a "Finffo del Buono Guidi Neri di Firenze", Se longh'uso mi mena, e a "Finffo del Buono Guido Nero", Vostro amoroso dire; secondo dunque la consuetudine del copista del manoscritto vaticano che fa della prima rubrica, proemiale, quella solitamente più ricca di contestualizzazione topografica. Sono dunque confermati gli estremi onomastici, anche se il nome di Finfo non sembra altrimenti attestato nell'onomastica fiorentina contemporanea.
La prima canzone è indirizzata a Monte Andrea ("te /Monte", vv. 5-6) e sin dall'incipit vi si fa allusione a una condizione di vita peculiare che più avanti si specificherà quale di quella di "frate". La canzone sembrerebbe scritta lontano da Firenze; pertanto la sua composizione è forse da ritenersi posteriore al bando del 1268. La seconda canzone comincia con: "Le vostre parole affettuose" ed è inviata a Guittone d'Arezzo, anzi a "mesere frate Guittone" (v. 3). Il particolare non è irrilevante poiché implicitamente conserva un terminus ante quem utile: parrebbe cioè scritta per Guittone già convertito.
Se questi sono i due soli testi ascritti a Finfo, altri componimenti importanti appaiono legati al suo nome: il sonetto di Guittone, Finfo amico, dire io, voi presente, e la lettera che il poeta lucchese Dotto Reali Carincioni, frate gaudente, che morì probabilmente tra il 1282 e il 1297, inviava a Meo Abbracciavacca di Pistoia: "mando a te questo sonetto per tutte quelle cose che di sopra son ditte. E risponsione mi manda di ciò che senti. E mostralo a frate Gaddo e a Finfo" (C. Segre - M. Marti, La prosa del Duecento, Milano-Napoli 1959, pp. 98 s.); ancora a Finfo, infine, è indirizzata la lettera di Guittone nella cui salutatio è dichiarata la presenza molteplice di non meglio identificati "compagni" (ibid., p. 70).
Proprio tale circostanza, unitamente all'amicizia che lo vincolava a due frati gaudenti, ovvero Dotto Reali e Guittone, ha indotto a ritenere che Finfo facesse anch'egli parte dei cavalieri della milizia della Beata Maria Vergine Gloriosa, ordine nato al tempo della crociata contro gli albigesi e rifondato a Bologna nel 1260 da Loderingo Andalò. Che Finfo facesse parte dei frati gaudenti è opinione negata recisamente da Margueron e invece ripresa di recente da Pasquini.
Le due canzoni attribuite a Finfo appaiono strettamente aderenti a modelli stilistici guittoniani, fonte diretta di entrambe è infatti la canzone Tuttor, s'eo veglio o dormo di Guittone. I testi di Finfo sono compresi in quel carattere difficile, "labirintico" indagato da d'Arco Silvio Avalle.
Le rime di Finfo e i testi a lui riferiti sono stati editi in Le antiche rime volgari secondo la lezione del codice Vaticano 3793, a cura di A. D'Ancona - D. Comparetti, Bologna 1875, II, pp. 393-398; V, p. 401; G. Zaccagnini - A. Parducci, Rimatori siculo-toscani del Dugento, Bari 1915, pp. 104 s.; F.F. Minetti, La "canzon-rosta" di Finfo, in Studi di filologia italiana, XXXIII (1975), pp. 5-14; Id., Sondaggi guittoniani. Rifacimenti della vulgata laterziana, con l'aggiunta della missiva di Finfo, Torino 1974, pp. 79-86; Concordanze della lingua poetica italiana delle origini, a cura di A.S. Avalle e con il concorso dell'Accademia della Crusca, I, Milano-Napoli 1992, pp. 840 s.
Fonti e Bibl.: F. Redi, Bacco in Toscana, Firenze 1685, pp. 21, 100; G.M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia. Comentarii, II, 2, Venezia 1730, p. 87.
Per Finfo: Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani, a cura di N. Rodolico, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXX, 1; Ildefonso di San Luigi, in Delizie degli eruditi toscani, VIII (1777), p. 221; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1930, p. 129; S. Santangelo, Appunti sulle lettere di Guittone d'Arezzo, in Id., Saggi critici, Modena 1959, p. 297; G. Roversi, L'Ordine della milizia di Maria Vergine Gloriosa detto dei frati gaudenti, in Ronzano e i frati gaudenti, Bologna 1965, pp. 11-50; R. Santi, Le limpide glorie di Ronzano: i frati gaudenti, ibid., pp. 51-74; C. Margueron, Recherches sur Guittone d'Arezzo, Paris 1966, p. 215; A. Hessel, Storia della città di Bologna, a cura di G. Fasoli, Bologna 1975, pp. 216, 250 s.; E. Pasquini, Intersezioni fra prosa e poesia nelle lettere di Guittone, in Guittone d'Arezzo nel settimo centenario della morte.Atti del Convegno internazionale, Arezzo… 1994, a cura di M. Picone, Firenze 1995, pp. 177-204; C. Giunta, La poesia italiana nell'età di Dante. La linea Bonagiunta-Guinizzelli, Bologna 1998, p. 202 (vedi anche la recensione di G. Borriero in Critica del testo, III [2000], 3, pp. 1065-1073).