grazioso
Nell'ambito di ciò che si riferisce a Dio, graziosa, cioè " piena di grazia ", è la bontade di lui (Cv III VI 12).
Nell'ambito dell'umano, la maggiore parte de l'amistadi si paiono seminare in questa etade prima [l'adolescenza], però che in essa comincia l'uomo ad essere grazioso... la quale grazia s'acquista per soavi reggimenti, che sono dolce e cortesemente parlare, dolce e cortesemente servire e operare (Cv IV XXV 1: cfr., nel commento di Busnelli-Vandelli, il passo di Tomm. Comm. in Ps. XLIV 2 " Duo sensus vigent in homine principaliter, scilicet visus et auditus; unde per haec duo aliquis gratiosus apparet: per pulcritudinem visui, per gratiosum verbum auditui ").
L'aggettivo allude dunque a quelle doti di ‛ garbo ', ‛ affabilità ', ‛ cortesia ', che D. attribuisce alla donna... di gentile aspetto molto, la quale fue assai graziosa in questa... cittade (Vn VIII 1), doti che si fa lui stesso attribuire da Francesca (O animal grazïoso e benigno..., If V 88; ma il Buti: " però che sanza grazia non era ch'elli andasse così vedendo le pene de' dannati ", ripreso dal Vellutello), e che nel loro grado più alto costituiscono gli attributi propri di Beatrice, sicché era graziosa, cioè " piena e apportatrice di grazia ", la sua compagnia (Vn XXVI 14: cfr. I vv. 3-4 del sonetto di cui queste parole sono il commento: quelle che vanno con lei son tenute / di bella grazia a Dio render merzede, § 10). Ancora con riferimento a Beatrice, ma in diversa accezione, è definita g., nel senso di " ottenuta per sua grazia " (Pazzaglia), la revelazione, che ella era in cielo (Cv II VII 6).
In senso più generico, l'aggettivo qualifica l'ovra di Amore, " la sua operazione benefica " (Pazzaglia; cfr. Rime XLVII 12); o allude alla ‛ grazia ' femminile di Bellaccoglienza, in Fiore CXXXVIII 6.
Come " gradito ", " bene accetto ", in Cv IV XXVIII 19 e Pg VIII 45 grazioso fia lor [alle grandi ombre dei principi della valletta] vedervi assai (legato a un concetto di " lieto gradimento " [Chimenz] è anche il grazïoso loco [Pg XXVI 138] che il disire di D. ‛ apparecchia ' al nome di Arnaldo Daniello: " cioè laudabile e piacevile, imperò che dovea dir bene di lui ", Buti); ancora come predicato di fia, in Pg XIII 91 (in dittologia con caro: " cosa gradita e preziosa ", Mattalia) e in Pd III 40 grazioso mi fia se mi contenti / del nome tuo: in questi due ultimi passi l'aggettivo si carica di un valore attivo, come sembra al Porena, che interpreta: " tale da suscitare la mia gratitudine ".