Grecia
Simbolicamente, il primo secolo del cinema greco si è aperto e si è chiuso nel segno dei fratelli Maniaki: To vlemma tu Odyssea (1995; Lo sguardo di Ulisse) di Theo Anghelopulos porta il protagonista in viaggio nei Balcani sulle tracce di film realizzati dai pionieri del cinema Milton e Yanaki Manaki (1882-1964; 1878-1960). Nati nel villaggio valacco di Avdala, vicino a Grevena (Macedonia greca), furono i primi, negli anni Dieci del Novecento, a riprendere avvenimenti storici, politici, usi e costumi del loro Paese di origine e dei Balcani, spaziando dalla Macedonia all'Albania, alle regioni della ex Iugoslavia, alla Romania. Il loro lavoro destò forti impressioni in tutti questi Paesi, alcuni dei quali spesso rivendicarono una sorta di paternità spirituale nei confronti dei due registi. Il cinema apparve in G. il 28 novembre 1896, con la prima proiezione pubblica in una sala di Atene, ma solo intorno alla metà del 20° sec. si potrà parlare della nascita di una cinematografia nazionale: la dittatura (1936-1941) del generale I. Metaxàs, la Seconda guerra mondiale, l'occupazione dal 1941 al 1944 da parte dell'esercito italo-tedesco, la guerra civile durata fino al 1949 furono eventi e condizioni storiche che non favorirono sicuramente lo sviluppo del cinema.
L'inizio della produzione si colloca nel 1909, a opera del franco-ungherese József Hepp (inventore anche di un sistema di sottotitolazione che durò fino agli anni Settanta) e dei suoi allievi; nel 1911 poi il noto attore comico Spyridion Dimitrakopulos realizzò Quo vadis Spyridion, mentre a partire dal 1914 un italiano, Filippo Martelli (ribattezzato Filippos Marteglis) creò, insieme a Nikos Kukulas lo studio in cui, con Kostas Bachatoris, girò l'anno successivo il mitico Golfo, basato sulla commedia agreste di S. Peressiadis e considerato il primo film del cinema greco. Questo idillio pastorale fu il primo di un genere (le fustanelle, dal nome delle gonne del costume tradizionale maschile) che sarebbe durato per decenni. Come questo, anche altri film del primo periodo portarono sullo schermo testi teatrali e miti popolari ottocenteschi, esaltandone le caratteristiche di spettacoli popolari, adatti alla diffusione del nuovo strumento; da essi si distacca per una maggiore raffinatezza Dafnis ke Chli (1931, Dafne e Cloe) di Orestis Laskos. Unico film a toccare il pressante problema della disoccupazione tra le due guerre fu Kinoniki sapila (1932, Marciume sociale) di Stelios Tatassopulos, mentre sul piano dell'interesse storico un gran numero di documentari erano stati realizzati 'sul campo' durante le spedizioni in Asia Minore (1919-1923).
Il cinema come attività organica di produzione si sviluppò per iniziativa di singoli imprenditori, con la nascita di compagnie come la Athini Film (1910) di Spiridonas Dimitrakopulos, la Nova Films (1921), la DAG Film dei fratelli Kostas e Dimitris Gaziadis (1927), il cui Eros ke kymata (1927, Eros e onde) ebbe grande successo commerciale ma che fu messa in crisi dall'avvento del sonoro, la Anzervos (1934) e la più famosa, la Finos Film (1943) che sarebbe rimasta per almeno quattro decenni la più importante casa di produzione del Paese, fondata da una delle più straordinarie personalità del cinema greco, Filopimin Finos, avvocato, abile imprenditore, attivo anche nel periodo più drammatico della storia nazionale grazie al suo distacco dalla politica. Investendo in macchinari moderni e avvalendosi sempre dello stesso personale tecnico e artistico, Finos sbaragliò la concorrenza e raggiunse livelli qualitativi difficilmente eguagliabili. Prendendo a modello il cinema statunitense, sceglieva personalmente soggetti e registi di grande successo popolare come Dimitris Ioannopulos, Giorgos Tzavellas, Nikos Tsiforos, Alekos Sakellarios. Negli anni Quaranta produsse dodici film, nei Cinquanta una trentina, un centinaio nei Sessanta. Si deve a Finos e alle sue moderne apparecchiature il primo film greco sonoro, diretto da lui personalmente, Tragudi tu chorismu (1939, Il canto della separazione). L'avvento del sonoro aveva per la G. un significato diverso che per altri Paesi: il pubblico ascoltava finalmente la sua lingua e la sua musica, fino a poco tempo prima occultate dalla dominazione turca. Il cinema contribuiva così a far riemergere una cultura fino ad allora soffocata.Scoppiata la Seconda guerra mondiale, nel 1941 i nazisti invasero la G. e nel 1942 la Resistenza iniziò a organizzarsi in tutto il Paese. I documentari dell'ELAS, l'esercito di liberazione ellenico, girati in quel periodo vennero sequestrati dai tedeschi e mai più ritrovati. Il cinema intanto non affrontava il tema della guerra, come accadeva in quasi tutte le altre nazioni coinvolte nel conflitto, per paura della censura; in questo clima il più grande successo lo ottenne I foni tis cardias (1943, La voce del cuore) prodotto da Finos e diretto da Ioannopulos, un melodramma interpretato da famosi attori della tragedia e del teatro. Chirokrotimata (1944, Applausi) di Tzavellas è considerato il film più importante dell'epoca, la storia di un vecchio artista che, credendo di essere stato dimenticato, muore per l'emozione di fronte ai ritrovati applausi del pubblico.
Nel 1944 la G. fu liberata dalle forze alleate e di lì a poco scoppiò la guerra civile: I Germani xanarcontai (1948, Ritornano i tedeschi) di Sakellarios, prodotto da Finos Film, auspicava paradossalmente il ritorno dei tedeschi come unico mezzo per ritrovare l'unità del Paese dilaniato dalla guerra civile ed ebbe un grandissimo successo. Numerose case di produzione nacquero e morirono in breve tempo in quel periodo, caratterizzato da film di facile consumo. Intanto il pubblico cresceva, e insieme a esso l'importazione dagli Stati Uniti: nel 1948 trecento film americani arrivarono nelle sale. I generi cinematografici preferiti dal pubblico erano i melodrammi popolari come O methystakas (1950, L'ubriacone), grande successo di Tzavellas interpretato da Orestis Makris nella parte dell'uomo che si sacrifica per non nuocere alla carriera del figlio.
Il tema del sacrificio era centrale in quel periodo per una gran parte dei film greci, molti dei quali erano basati sul cliché della ragazza madre che riesce a vivere dignitosamente in una società che la condanna: così, in una fase storica in cui i problemi reali erano la povertà e la disoccupazione, il messaggio che il cinema veicolava era una rassegnata accettazione della propria condizione. I film prodotti dagli studios non presentavano traccia degli stimoli critici del Neorealismo italiano, la cui influenza si fermava per lo più alla scelta dei titoli; To pikro psomi (1951, Pane amaro) di Grigoris Grigoriu, I mauri gi (1952, Terra nera) di Stelios Tatassopulos, sulla vita di un villaggio di minatori di Naxos, realizzato con il contributo di tutta la popolazione; To xypolyto tagma (1954, Battaglione scalzo) di Gregg Tallas che racconta della lotta per la sopravvivenza di bande di orfani nella Salonicco occupata dai tedeschi; da ricordare anche Nekri politeia (1951, Città morta) di Frixos Iliadis, il primo film greco presentato al Festival di Cannes (nell'edizione del 1952), grazie al quale la critica internazionale scoprì l'attrice Irene Papas.
Il cinema commerciale prese spunto dalle trasformazioni che in quel decennio investivano tumultuosamente la città di Atene sia dal punto di vista urbanistico sia per l'aumento costante della popolazione; il cinema creò così linguaggi e caratteri in bilico tra urbanizzazione e costumi provinciali, cavallo di battaglia di comici molto amati dal pubblico. Sakellarios firmò commedie di enorme successo, mentre ripresero vigore le cosiddette commedie bucoliche. Nel 1951 Grigoriu e Lokurgos Stavrakos fondarono una scuola di cinema. Si cercò in tal modo di porre rimedio alla carenza di registi cinematografici che aveva spesso indotto scrittori e registi teatrali a firmare film.Nel frattempo nasceva il cinema d'autore con Magiki polis (1954, Città magica) e O drakos (1956, L'orco) di Nikos Kunduros, e con Kyriakatiko xypnima (1954, Risveglio domenicale) e Stella (1955; Stella, cortigiana del Pireo) di Michalis Kakoghiannis (noto come Michael Cacoyannis). Furono questi i primi registi greci a varcare i confini del Paese e a raggiungere notorietà presso la critica internazionale; l'interesse delle loro opere risiede nel superamento dei modelli del cinema commerciale, nel vigore del racconto e nell'originalità dello stile, più solare in Cacoyannis, più misterioso in Kunduros. Negli anni Sessanta comparve il musical, e il regista di maggior spicco fu Giannis Dalianidis, che diresse film di grande impatto nelle sale. Fin dal 1963 un raffinato regista come Nikos Papatakis lavorò tra la Francia (Les abysses) e la Grecia (I photographia, 1987, La fotografia) realizzando opere di ispirazione letteraria (J. Genet) e di taglio esistenzialista.Nel 1960 venne inaugurata a Salonicco la Settimana del cinema greco (dal 1966 Festival del cinema greco), dove Kunduros presentò To potami (1959, Il fiume). Nel 1961 la prima legge sul cinema elaborò misure di intervento a protezione della qualità: inserì una tassa sui film importati, concesse agevolazioni alle società straniere che giravano in G. e sostenne il Festival di Salonicco; ma solo queste due ultime misure furono applicate. La produzione raggiunse un picco tra il 1967 e il 1968 con 117 film, nel 1970 le sale arrivarono a 2000 rispetto alle 350 del 1945; iniziò poi una flessione nella produzione e nell'afflusso di pubblico, calo quest'ultimo dovuto anche alla diffusione ‒ tardiva rispetto al resto dell'Europa ‒ della televisione.
Con l'avvento della dittatura dei colonnelli (21 aprile 1967) il governo sostenne il cinema nazional-popolare; tuttavia, pur in questo nuovo scenario, il film che si affermò a livello internazionale fu Anaparastasi (1970; Ricostruzione di un delitto) di Anghelopulos, film chiave nella storia del cinema greco che, narrando le vicende storiche della G. del dopoguerra, ne portava alla luce le contraddizioni sociali e culturali. Alcuni registi preferirono espatriare, come Cacoyannis, Kunduros, Roviros Manthulis, Dimitris Kollatos e Dimos Theos che fece uscire all'estero il suo film bloccato dalla censura Kierion (1968, un nome che indica la G. come Paese senza più identità), sull'assassinio di un giornalista americano attribuito ai comunisti e in realtà opera dei servizi segreti. Iakovos Kabanellis, autore di teatro e sceneggiatore di film come Stella e O drakos, girò un canto di libertà come To kanoni ki t'aidoni (1968, Il cannone e l'usignolo) e Constantin Costa-Gavras, che era già espatriato, intervenne contro la giunta militare con Z (1969; Z ‒ L'orgia del potere) dal libro di V. Vassilikos sull'assassinio del deputato socialista G. Lambrakis.Nel 1974 la locuzione Nuovo cinema greco (NEK, Neos Ellenikos Kinematografos) comparve per la prima volta sulla rivista "Film", diretta dal regista d'avanguardia Thanassis Rentzis, autore di Vio-grafia (1975) e Corpus (1978), segretario dell'associazione dei cineasti e in seguito direttore del Festival di Salonicco. La situazione greca era ben diversa dai contesti da cui muovevano le nouvelles vagues di altri Paesi europei, ma il nuovo cinema greco ne riprese le tendenze di fondo, qualificandosi soprattutto per la cesura con gli stilemi popolari e agiografici del cinema commerciale legato alla dittatura. Tra i film e i nomi da ricordare in questa nuova fase: Evdokia (1971) di Alexis Damianos, Meres tu '36 (1972; I giorni del '36) e O thiasos (1975; La recita) di Anghelopulos, Kraniou topos (Luogo del cranio, 1973) di Kostas Aristopulos, Ta chromata tis iridos (1974, I colori dell'iride) di Nikos Panayotopulos, Modelo (1974) di Kostas Sfikas, Happy day (1976) di Pandelis Vulgaris. Il nuovo cinema greco si fece conoscere e apprezzare all'estero: I tempelides tis eforis kilados (1978, I fannulloni della valle fertile) di Panayotopulos fu premiato al Festival di Locarno, O Megalexandros (1980; Alessandro il Grande) di Anghelopulos ebbe il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia, Rembetiko (1983) di Kostas Ferris vinse l'Orso d'argento al Festival di Berlino del 1984.
Pur essendo caduta la dittatura (1974), la produzione cinematografica continuava a contrarsi e a circa dieci anni dalla sua nascita anche il nuovo cinema greco, che si era sviluppato senza alcun sostegno da parte dello Stato, avvertì la crisi, poiché il pubblico, che prima assisteva numeroso ai suoi film disdegnando perfino i successi del cinema americano, cominciava a disinteressarsi delle tematiche politiche e sociali. Una nuova legge giunse a sostenere il cinema e portò la firma di Melina Mercouri, attrice greca di fama internazionale che allora ricopriva la carica di ministro della cultura. Ma l'istituzione del Centro di cinema greco con il compito di finanziare la produzione nazionale non riuscì ad arrestare la flessione del pubblico nelle sale, dovuta sia all'introduzione dei canali televisivi privati e alla diffusione delle videocassette sia all'invasione del cinema statunitense, che alla metà degli anni Novanta raggiunse l'87% dei film proiettati.La produzione nazionale tornò ai generi più popolari, agli attori più famosi, alle storie d'amore e ai thriller, mentre la commedia rilanciava comici come Thanassis Vengos, che all'epoca della dittatura metteva in scena il pover'uomo vessato ma ricco di risorse, o come Kostas Vutsas e Sotiris Mustakas. Da ricordare autori come Orgos Katakuzinos, Nikos Vergitsis, Frida Liappa per le tematiche legate all'erotismo, Lakis Papastathis per le sue opere sulla storia e l'identità nazionale; il cinema più esplicitamente politico (Nikos Andonakos, Tassos Psarras, Christos Siopachas, Kostas Zyrinis, P. Vulgaris) continuava intanto a produrre analisi della realtà sociale del Paese; Pavlos Tassios raccontava con humour e amarezza i problemi legati all'inurbamento, Nikos Perakis era il regista di maggior successo con i primi film di satira sul periodo della dittatura. Appartato e geniale Stavros Tornes perseguiva una linea visionaria con Balamos (1982) e Karkalou (1984).
Negli anni Novanta la produzione è stata finanziata in piccola parte dalla televisione pubblica e privata e dai programmi dell'Unione Europea, ma più della metà dei film non è mai stata distribuita in sala. I film di questi anni sono opere di stampo realistico, centrate sul vissuto personale, lontane dai sogni del cinema americano, ed è forse questo l'unico elemento rimasto invariato nel cinema greco. Un ripiegamento sulla memoria e l'interiorità di cui sono espressione emblematica gli ultimi film di Anghelopulos. Una novità sociale e culturale significativa, documentata dal cinema, è rappresentata in questo periodo dall'apertura delle frontiere all'Est europeo in seguito al crollo dell'Unione Sovietica: ne sono testimonianza alcuni film interessanti come Ap to chioni (1993, Dalla neve) di Sotiris Goritsas, che racconta il viaggio in Grecia di alcuni uomini provenienti dall'Albania o Apo tin akri tis polis (1998; Città nuda) di Kostantinos Giannaris, dove i giovani appartenenti a famiglie di origine greca, disperse nell'era staliniana, si muovono nella notte della periferia ateniese.
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G. Soldatos, Istoria tu elleniku kinematografu (Storia del cinema greco), Athine 1979.
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N.F. Mikelides, Cinema greco, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa. Le cinematografie nazionali, t. 2, Torino 2000, pp. 1285-1303.
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