GRECIA
(gr. ῾ΕλλάϚ; lat. Graecia)
Stato dell'Europa sudorientale, la G., che costituisce la parte meridionale della penisola balcanica, presenta un composito sistema geografico: il nucleo continentale, a carattere montuoso, è articolato in tre principali catene - Pindo a O, Olimpo e Pelion a E; Taigeto nel Peloponneso - che coprono l'80% ca. del territorio, lasciando poco spazio a pianure di una certa estensione, concentrate nelle zone della Tessaglia e della Macedonia. Intorno alla penisola sono disseminate, per secessione dalla terraferma, numerosissime isole, per lo più di modeste dimensioni, afferenti a diversi arcipelaghi: le isole Ionie nel mare omonimo, le Cicladi e il Dodecaneso nel mare Egeo. La formazione geologica della penisola greca e del suo sistema microinsulare è frutto di movimenti recenti della crosta terrestre originati da fenomeni di corrugamento del sistema alpino non ancora stabilizzatisi, come dimostra d'altronde l'alta densità di eruzioni vulcaniche e manifestazioni telluriche di cui resta memoria nella storia della regione.Mentre in antico il territorio della G. fu inteso come limitato principalmente alle regioni dell'Attica e del Peloponneso, culla della civiltà classica ed ellenistica, l'importanza sempre crescente della regione balcanica nello scacchiere strategico dell'Impero romano generò, in epoca tardoantica, uno slittamento verso N del baricentro politico, che ebbe riflessi determinanti anche per lo sviluppo storico della regione in età medievale. Con la riforma amministrativa dioclezianea la G., dipendente dalla prefettura dell'Illirico con sede a Tessalonica a partire dalla metà del sec. 5°, fu divisa nelle province di Acaia (Attica, Peloponneso), Tessaglia, Macedonia ed Epiro. La scarsità e la lacunosità delle fonti storiche, insieme alla mancanza di indagini archeologiche capillari su base territoriale, non permettono di capire in quale misura le calamità naturali e le scorrerie delle popolazioni barbariche, soprattutto gote, verificatesi nel corso dei secc. 4°-6°, incisero nell'evoluzione della civiltà e della cultura greca. Il quadro generale sembrerebbe indicare per questo periodo la sopravvivenza delle attività economiche, in particolare di alcune connesse all'industria artistica - produzione ed esportazione di lucerne ad Atene, estrazione di marmi pregiati nell'isola di Taso e a Charistos in Eubea (Les carrières de marbre, 1980; Lambraki, 1980) -, e, con maggior evidenza per quanto concerne la G. settentrionale, la continuità di vita nei centri urbani, all'interno dei quali, con un processo lento che sembra incrementarsi solo dalla seconda metà del sec. 5°, si andavano inserendo gli edifici di culto. Resta da spiegare però come questo tessuto all'apparenza solido, sul quale Giustiniano intervenne con alcune opere di carattere difensivo (Procopio di Cesarea, De Aed.) connesse agli sviluppi della guerra gotica in Italia, possa essere stato irrimediabilmente sconvolto, nel volgere di pochi anni, dalle incursioni avaro-slave.Intensificatesi a partire dal 580-590 e proseguite nei primi anni del sec. 7°, le migrazioni degli Slavi provenienti dalle regioni a N del Danubio si abbatterono in modo rovinoso sulle province greche. La misura della disfatta è data dalla rarefazione di ritrovamenti monetali posteriori a Tiberio II (578-582), dalla diffusione di toponimi slavi nel territorio greco e soprattutto da due fonti storico-leggendarie - la cui attendibilità, sovente discussa nei dettagli, è però unanimemente riconosciuta nella sostanza - che tratteggiano, per l'estremo Nord e l'estremo Sud della penisola greca, l'evolversi del fenomeno di slavizzazione del paese. Da un lato i Miracula sancti Demetrii, nella narrazione dei ripetuti assedi portati dai barbari a Tessalonica, mostrano come la città, nella quale la zecca andava via via cessando la propria attività, già dal sec. 7° fosse un'isola bizantina in un mare slavo; dall'altro la Cronaca di Monemvasia, composta probabilmente nel sec. 10°, delinea un Peloponneso precocemente in mano agli Slavi, a eccezione di Corinto, di limitati settori costieri orientali e di qualche centro isolato come la stessa Monemvasia. Molti greci cercarono scampo nelle isole, che però non tardarono a essere oggetto di scorrerie di slavi - l'attacco a Creta è del 623 - e anche di contingenti persiani, per es. le incursioni contro Rodi e Samo (Oeconomides, Drossoyanni, 1989). A queste si aggiunsero, a partire dalla seconda metà del sec. 7°, le sempre più frequenti incursioni degli Arabi, che, dalle loro basi mediterranee, miravano a far capitolare la stessa Costantinopoli. In Attica, nella quale già dal sec. 7° si era costituito il tema dell'Ellade, era invece ancora viva e reattiva la presenza bizantina, tanto da proporre un anti-imperatore e l'invio di una flotta contro Costantinopoli dopo la proclamazione dell'iconoclastia da parte di Leone III (717-741), rimarcando così la posizione iconodula del clero greco nei confronti della controversia sulle immagini.Dopo una prima spedizione guidata da Stauracio nel 783, segnata da un successo solo parziale, la riannessione del Peloponneso all'impero avvenne durante il regno di Niceforo I (802-811), in un momento di generale ripresa del potere bizantino. Tra la fine del sec. 8° e gli inizi del 9° venne difatti gradualmente ripristinato il controllo bizantino sul territorio, con la costituzione dei temi di Macedonia, di Cefalonia - che comprendeva le isole Ionie - e del Peloponneso, preceduti nel sec. 7° da quelli della Tracia e dell'Ellade, e a cui fecero seguito poco più tardi i temi di Nicopoli per l'Epiro e di Strimone, comprendente Tessalonica insieme ai temi di Tracia e Macedonia. Alla riorganizzazione amministrativa e militare si accompagnò quella religiosa, con il definitivo distacco delle diocesi ecclesiastiche della G. dall'autorità romana. I desolati territori della G., sui quali si erano impiantate autonome amministrazioni delle etnie slave (Sklavinie) o estesi patrimoni fondiari praticamente svincolati dal potere centrale - emblematico appare il caso della ricca vedova Danelis, che in virtù delle proprie ricchezze sostenne l'ascesa di Basilio I al trono imperiale -, furono ripopolati grazie a forzati trapianti di contingenti militari e civili dall'Anatolia.La ripresa bizantina registrò successi nel controllo del Mediterraneo e delle frontiere balcaniche: nel 961 infatti il futuro imperatore Niceforo Foca (963-969) liberò Creta, occupata tra l'824 e l'828 da contingenti arabi espatriati, e più tardi, nei primi decenni del sec. 11°, Basilio II (976-1025) ottenne una schiacciante vittoria contro i Bulgari del re Samuele (976-1014), che erano penetrati in Macedonia e Tessaglia, conquistando Larissa e minacciando il Peloponneso. In questa occasione l'imperatore bizantino celebrò l'esito della sua vittoriosa campagna ad Atene nella Theotokos Atheniotissa, chiesa del Partenone, con particolari cerimonie che, secondo un'ipotesi recentemente confutata (Prinzing, 1993), troverebbero un'eco iconografica nelle raffigurazioni del tessuto conservato a Bamberga (Diözesanmus.) noto come seta del vescovo Gunther.Nella seconda metà del sec. 11° e per tutto il secolo successivo la G. fu oggetto in particolare delle mire espansionistiche del regno normanno: gli attacchi sferrati da Roberto il Guiscardo nel 1081 e da Ruggero II di Sicilia nel 1146-1147 prima e nel 1185 poi non portarono a occupazioni territoriali permanenti e sono famosi soprattutto per il forzato trasferimento a Palermo delle rinomate manifatture seriche delle città di Corinto e Tebe, conquistate da Ruggero nella campagna del 1146-1147 (Jacoby, 1991-1992). Il brutale saccheggio e la conquista di Tessalonica nel 1185 furono però un chiaro annuncio di ciò che sarebbe avvenuto a Costantinopoli vent'anni più tardi.La conquista della capitale bizantina nel 1204 portò a profonde modificazioni dell'assetto politico della G.: alcune isole dell'Egeo (Lesbo, Chio, Samo) rientrarono nei domini dell'impero latino di Costantinopoli; altre, tra cui Creta e le isole Ionie, passarono sotto il controllo di Venezia, che mantenne per sé anche alcune piazzeforti in Epiro e nel Peloponneso; Bonifacio di Monferrato fondò il regno di Tessalonica, comprendente territori della Macedonia e della Tessaglia, e istituì il ducato di Atene, con Attica e Beozia, che diede in feudo a Ottone de la Roche; nel Peloponneso si formò il principato di Acaia o Morea sotto l'azione congiunta di Guglielmo di Champlitte e di Goffredo I di Villehardouin, nipote dello storico testimone della presa di Costantinopoli. Solo in Epiro un membro della famiglia imperiale bizantina, Michele I Angelo Ducas Comneno (1204-1215), riuscì a creare un despotato greco, con sede ad Arta, che, al pari dell'impero bizantino di Nicea, mirava alla restituzione della sovranità bizantina su tutta la Grecia. L'azione di Michele e del suo successore Teodoro (1215-1230) portò in un primo tempo alla conquista della Tessaglia e alla presa di Tessalonica nel 1224, ma le ambizioni imperiali della dinastia furono spente prima dai rovesci militari contro i Bulgari nel 1230 e quindi dalla sconfitta nella battaglia di Pelagonia (1259), in cui il despota dell'Epiro Michele II Angelo Ducas Comneno (1231-1267/1268) si era alleato con gli Svevi di Sicilia e i Franchi di Morea contro Michele VIII Paleologo.La vittoria di Pelagonia, che aprì all'imperatore paleologo la strada per la riconquista di Costantinopoli, determinò anche la cessione a Bisanzio, da parte di Guglielmo di Villehardouin, di alcune postazioni del Peloponneso meridionale, da cui prese forma nel 1348 il despotato di Morea con capitale Mistrà.La situazione politica in G. dopo la caduta dell'impero latino d'Oriente fu, se possibile, ancora più frammentata e convulsa di quella precedente. Minore peso ebbe la presenza francese, soprattutto quando la Compagnia dei Catalani, un esercito di ventura già alle dipendenze di Costantinopoli, pose termine nel 1311 alla dinastia burgunda ad Atene e governò in sua vece il ducato per settantacinque anni. Anche nel Peloponneso, con l'ascesa della potenza greca di Mistrà e lo sfaldamento del principato di Acaia, passato nel 1278 nelle mani di Carlo I d'Angiò, la dominazione francese fu un fatto essenzialmente formale. In Tessaglia, in un territorio fortemente condizionato dalla presenza, sin dal sec. 12°, di gruppi etnici valacchi con aspirazioni autonomiste, Giovanni I Angelo Ducas (1267/1268-1289) assunse il titolo di sebastokrátor e stabilì un principato indipendente che sopravvisse fino al 1318 e fu in seguito assorbito da Costantinopoli. Sempre nel 1318 giunse a termine la dinastia epirota degli Angeli per un complotto ordito da Nicola Orsini di Cefalonia, che ottenne da Bisanzio riconoscimento e il titolo di despota. In Macedonia, dove già dal 1242 con Giovanni III Ducas Vatatze (1222-1254) l'impero bizantino aveva ripreso il controllo, Tessalonica ritornò a essere la seconda città dell'impero: le alterne vicende del sec. 14° ribadirono il ruolo cruciale, spesso di antagonista della capitale, che la città rivestì nel quadro degli eventi politici connessi con le lotte tra i paleologhi Andronico II (1282-1328) e Andronico III (1328-1341), nel terzo decennio del secolo, e con la sollevazione degli zeloti, il movimento antiaristocratico che governò la città negli anni quaranta. Della situazione di instabilità dell'impero bizantino approfittò il regno serbo, che, con Stefano Dušan (1331-1355), tra il 1345 e il 1348 si impadronì di Epiro e Tessaglia, regioni che solo da pochi anni erano state reintegrate nell'impero bizantino. All'invasione serba fece seguito, a partire dalla seconda metà del sec. 14°, la costante pressione degli Ottomani esercitata dapprima sulle regioni orientali della G. - la Tessaglia fu conquistata nel 1383, Tessalonica nel 1387 e in via definitiva nel 1430 - e quindi, superata la crisi determinata dalla disfatta di Ankara contro i Mongoli (1402), sull'intero territorio greco con la conquista dell'Epiro nella prima metà del sec. 15° e infine di tutto il Peloponneso, dove la roccaforte di Mistrà, estremo baluardo degli ideali culturali e politici bizantini, cadde nel 1460.
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