SALVIATI, Gregorio Antonio Maria
– Nacque a Firenze il 12 dicembre 1722 da Gian Vincenzo (1693-1757), duca di Giuliano, e da Anna Maria Boncompagni Ludovisi (1687-1752), figlia di Gregorio Boncompagni Ludovisi, duca di Sora e principe di Piombino.
Il padre, benché risiedesse a Roma, conservò sempre forti legami con Firenze e in particolare con la corte granducale, dove ricopriva, come suo padre e suo nonno prima di lui, la carica prestigiosa di cacciatore maggiore. Sposando nel 1719 Anna Maria Boncompagni Ludovisi, assicurava per sé e per i suoi discendenti una posizione di riguardo nella società romana, specialmente nei circoli legati da vicino alla corte pontificale.
Gregorio fu il secondogenito della coppia. Il primogenito Averardo (1721-1783) sposò nel 1750 Maria Cristina Lante della Rovere; il fratello minore Antonino (1728-1768) entrò nell’Ordine dei Cavalieri di Malta e servì all’occasione il re di Spagna; la maggiore delle sorelle, Laura (1725-1796) sposò nel 1742 Rodolfo Acquaviva – matrimonio benedetto dal papa in persona; la seconda, Caterina (1727-circa 1803), prese il velo in un convento domenicano a Prato; la minore, Ippolita (1734-1791), sposò nel 1754 il conte Niccolò Caprara di Bologna.
Non sappiamo molto sulla formazione impartita a Gregorio in vista della carriera ecclesiastica a cui era destinato. Secondo Gaetano Moroni (1853), ricevette un’istruzione confacente «all’elevata sua condizione», sotto la guida, come era lunga tradizione presso i Salviati, di tutori appositamente reclutati. Resta da appurare se Gregorio, sull’esempio del prozio paterno Alamanno e del prozio materno Giacomo Boncompagni, abbia seguito gli studi di diritto che gli avrebbero aperto la strada delle alte cariche curiali. Angelo Maria Bandini (Corona poetica..., 1754), vicino alla famiglia Salviati e in particolare a Gregorio, insiste sul fatto che quest’ultimo, quando era ancora un giovane prelato, aveva fondato un’accademia giuridica che si riuniva ogni settimana per discutere argomenti di diritto civile e canonico. Che cercasse di compensare così la mancanza di un titolo universitario?
Il 18 maggio 1733, a soli 11 anni, Gregorio ricevette due benefici minori nella diocesi di Pisa in seguito alla morte del prozio, il cardinale Alamanno – quest’ultimo doveva avervi rinunciato in suo favore prima di morire. Era il debutto precoce, ma non inatteso, di una fortunata carriera ecclesiastica. Nel maggio del 1745 fece il suo ingresso alla corte del pontefice: Benedetto XIV lo nominò dapprima cameriere segreto, per poi concedergli pochi mesi più tardi un ufficio di referendario della Segnatura apostolica. Nel 1747 fu inviato in Spagna per consegnare la berretta al cardinale Alvaro de Mendoza. Sia durante il viaggio sia una volta giunto a destinazione, fu accolto magnificamente da personaggi di primo piano e altissimo profilo. Ebbe così occasione di familiarizzarsi con l’alta società dell’epoca e di farvi conoscere il proprio nome. Finalmente, nel giugno del 1749, venne elevato al rango di prelato domestico.
Il 1753 segnò una nuova svolta nella carriera di Gregorio: se fino ad allora era stato soprattutto uomo di corte, a partire da quel momento gli furono affidati incarichi amministrativi o addirittura politici lontano da Roma – tutti mandati di particolare importanza. Proprio nel 1753 Benedetto XIV lo nominò inquisitore a Malta, ruolo che ricoprì fino al 1759. Era tutt’altro che una sinecura: a Malta l’inquisitore non si occupava solo di questioni di fede e di costumi, ma era un vero e proprio rappresentante del papa con funzioni di mediazione tra i diversi poteri dell’isola, in particolare il gran maestro dell’Ordine di Malta e il vescovo locale, che non sempre andavano d’accordo. Se Gregorio conservò l’incarico per sei lunghi anni, è segno che i suoi servizi furono apprezzati nelle alte sfere. Lo stesso vale per i sei anni successivi, che trascorse ad Avignone in qualità di vicelegato.
Nel 1766, rientrato a Roma, fu nominato commissario generale dell’esercito pontificio. Entrava così di diritto nella Camera apostolica, della quale sarebbe divenuto uditore generale nel 1775. Le speranze di Gregorio e della famiglia Salviati trovarono coronamento il 23 giugno 1777, quando Pio VI, papa da due anni, lo creò cardinale. Nel 1780 l’avrebbe fatto prefetto della Segnatura di grazia. Solo l’anno successivo sarebbe stato nominato cardinale protettore d’Irlanda, poi dell’Ordine dei conventuali nel 1783.
Salta subito agli occhi l’assenza del titolo cardinalizio assegnato di prassi a tutti i nuovi cardinali. In effetti Gregorio aveva ottenuto un indulto, rinnovatogli fino alla morte, che lo dispensava dal prendere gli ordini maggiori, dal suddiaconato al sacerdozio. Il fratello maggiore Averardo non aveva eredi maschi: di qui la necessità di non precludersi un eventuale matrimonio, perché la famiglia non si estinguesse. Anche il fratello minore Antonino, cavaliere di Malta, aveva ricevuto un indulto simile che lo dispensava dal pronunciare i voti solitamente richiesti a un cavaliere par suo.
È probabile che la nomina a prefetto della Segnatura di grazia non fosse estranea a tali preoccupazioni. Nel XVIII secolo il tribunale era quasi completamente svuotato delle sue funzioni, che erano state assorbite dalla Dataria, e ormai non si riuniva più di una o due volte all’anno. In sostanza il pontefice intendeva liberare Gregorio da incarichi troppo onerosi, che non gli avrebbero permesso di dedicarsi appieno alle responsabilità familiari che sempre di più gravavano sulle sue spalle. L’imponente corrispondenza scambiata con i fratelli Averardo e Antonino, ma soprattutto con le sorelle Laura, Ippolita e Caterina, ruota quasi esclusivamente intorno al problema della sopravvivenza della famiglia e alle inquietudini – se non vere e proprie angosce – che la questione suscitava in queste ultime.
Antonino e Averardo morirono rispettivamente nel 1768 e nel 1783, entrambi senza eredi maschi – Averardo aveva avuto soltanto una figlia, Anna Maria, nata nel 1752. Le redini della famiglia restarono dunque in mano al cardinale Gregorio. Si trattava di amministrare l’enorme patrimonio immobiliare lasciato dal fratello maggiore, stimato all’epoca più di un milione e mezzo di scudi, e di designare, con tutti gli accorgimenti legali del caso, un erede per tale patrimonio: la scelta sarebbe caduta sulla nipote Anna Maria, che nel 1768 aveva sposato il principe Marcantonio Borghese, e sul conte Carlo Caprara, figlio della sorella Ippolita.
Il 5 aprile 1794, il cardinale spirò a Roma nel suo palazzo di via della Lungara, ultimo rappresentante dei due principali rami della famiglia, quello fiorentino e quello romano. I funerali si svolsero il 7 aprile nella chiesa di S. Maria sopra Minerva, dove sarebbe stato sepolto.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Fondo Salviati, 1-32; 39-81; Segr. Stato, Legaz. Avignone, 305-308, 312; Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 8338: G. Dini, Relazione delle funzioni..., cc. 21-27; A.M. Bandini, Corona poetica illustrata con note istoriche, Firenze 1754, pp. XLI s.; Diario ordinario (di Roma), 9 agosto 1794, n. 2046, pp. 16-20; 16 agosto 1794, n. 20148, pp. 2-8.
G. Moroni, Dizionario di erudizione..., LXI, Venezia 1853, pp. 13 s.; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica Medii et Recentioris aevi, VI, Patavii 1968, p. 32; N. Del Re, La Curia romana. Lineamenti storico-giuridici, Roma 1970, p. 234; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, ad ind.; C. Weber, Legati e governatori dello Stato Pontificio, 1550-1809, Roma 1994, pp. 135, 889; G. Woimbee, Le Saint-Siège et l’Ordre de Malte au XVIIIe siècle, tesi di dottorato, Université Paris-Sorbonne, 2006, http:// www.paris-sorbonne.fr/article/le-saint-siege-et-l-ordre-de-malte (13 giugno 2017).