BARBARIGO, Gregorio
Nacque a Venezia il 27 marzo 1579 (M. Barbaro, in Arbori de' patritii veneti, I, p. 173, in Arch. di Stato di Venezia, riporta la data del 27 maggio; ma cfr. nello stesso Archivio, Avogaria di Comun, Nascite, V, p. 16), da Gio. (Zuan) Francesco e da Elisabetta (Betta) Mìchiel di Antonio. Sposò Elena Lippomano di Gio. (Zuan) Francesco (Avogaria di Cotnun, Matrimoni, III, p. 22).
L'ambiente nel quale venne formandosi è quello ricco e aperto dei "giovani". Ben presto infatti egli si era inserito in quella composita e pur compatta "accademia" che aveva come. capi riconosciuti Leonardo Dorià e Nicolò Contarini e come una delle principali forze propulsive Paolo Sarpi. Questa sua appartenenza non era sfuggita alle attenzioni di Roma. Il suo nome appare fra i lettori di libri considerati globalmente eretici - fra questi, oltre l'Institutio di Calvino e l'Apologia di Giacomo I d'Inghilterra, si trovavano anche scritti di Machiavelli e Guicciardini - di cui una volta passato a Roma aveva steso un ben dettagliato elenco fra, Fulgenzio Manfredi, uno dei teologi che aveva difeso la Repubblica di Venezia durante l'interdetto (Arch. Segr. Vat., Fondo Borghese, II, 48, f. 168).Fra le cariche pubbliche ricoperte dal B. va ricordato che egli fu savio agli Ordini e quindi di Terraferma. Designato poi il 16 apr. 1608 a sostituire Piero Contarini nell'ambasceria di Torino, ricevette la commissione dal Senato il 6 novembre dello stesso anno. Giunto a Torino il 23 novembre, vi fu accolto da Carlo Emanuele I con particolare onore e singolari manifestazioni di amicizia.
Non sembra che, nel primo periodo, il modo di condurre l'ambasceria da parte del B. (soprattutto in rapporto alla stesura dei dispacci e agli argomenti in essi trattati) soddisfacesse alle aspettative che in lui riponevano i capi dei "giovani". "Come che il Barbarigo non èmolto diligente, è stato tentato di riscaldarlo così da Nicolò Contarini, come anco da altri, e fatti officií molto efficaci, ma in fatto senza profitto": così scriveva il Sarpi il 14 ott. 1609 al Foscarini, ambasciatore a Parigi. E aggiungeva poi, esplicitamente, di esser intervenuto anch'egli per stimolare il B. (cfr. P. Savio, Per l'epistolario di Paolo Sarpi,in Aevum, XI[19371, p. 293). L'anno seguente, da Torino, il B. si avviava a divenire il mediatore della corrispondenza del Sarpi con riformati (soprattutto il Groslot de l'Isle) e gallicani, essendo imminente la partenza da Parigi del Foscarini. Per preparare il terreno ` il Sarpi descriveva il B. al Groslot in una lettera del 3 ag. 1610 come una "delle più tranquille anime che abbia non solo Venezia, ma forse Italia; prudentissimo nel maneggio degli affari suoi, alieni e pubblici, ma insieme sincero real amico e di piacevolissima natura * (P. Sarpi, Lettere ai Protestanti, I, p. 129). E in un'altra del 28 settembre dello stesso anno aggiungeva: "né io saprei trovar in questa nobilità persona che l'avanzasse in bontà e prudenza" (ibid., I, p. 138). Ma il B. non doveva servire unicamente da tramite per il prosieguo della corrispondenza dei Sarpi con gli amici d'Oltralpe; egli aveva bensì da entrare a sua volta in relazione epistolare con il Groslot onde ovviare agli inconvenienti che sarebbero sorti in seguito alla partenza del Foscarini da Parigi e per il subentrare al suo posto di Gíorgio Giustiniani "papista non per inganno, ma per malizia". ú proprio mirando a ciò che il Sarpi si faceva ad incitare il Groslot perché inviasse al B. "avvisi... e maggiormente le istruzioni e considerazioni sopra quel che passa" in Francia in fatto di religione; tutto ciò infatti sarebbe stato "utile non tanto a lui, quanto al pubblico, perché egli scriverà in senato..." (28 sett. 1610, ibid, I, p. 138).Quanto al modo, "volendo scriverli qualche cosa in confidenza, potrà usar la cifra" (ibid., I, p. 129). 1 dispacci inviati al Senato dimostrano - anche se la corrispondenza íntercorsa con il Groslot è andata smarrita o, più probabilmente, distrutta dallo stesso interessato - che il B. trasse profitto da essa. Il B. poté contribuire in tal modo ad appoggiare quel particolare indirizzo della politica veneta nei confronti della Chiesa romana di cui erano tenaci fautori e sostenitori i "giovani". Il debole intervento iniziale dei B. in questo settore è da considerarsi forse all'origine dell'insoddisfazione che sia Nicolò Contarini sia il Sarpi provavano nel 1609.
Terminata l'ambasceria, il duca di Savoia dimostrò al B. "manifestissimi segni di particolare... affetto... non havendo tralasciato maniera alcuna d'amore, et di honore..." (Arch. di Stato di Venezia - Senato III - Secreta - Savoia,filza 35, 12, 21 apr. 1612. 1 dispacci del B. da Torino si trovano alle filze 30-35). Ritornato a Venezia, il B. redasse la relazione di rito che fu presentata in Senato il 23 sett. 1612. Si tratta di una relazione ben tornita che non trascura nessuno degli elementi atti ad ingenerare una compiuta realistica comprensione della situazione politica dello Stato sabaudo.
Ma di notevole portata è soprattutto la lunga appendice - letta una volta allontanati dall'aula i "papalisti" - che si prefiggeva di far conoscere "la regolata disposizione in che stanno le cose ecclesiastiche" negli Stati dei duca di Savoia relativamente a "la collazione de' benefici, la giuridizione dei magistrati sopra le cose e persone ecclesiastiche, e la signoria dei feudi nei quali ha la Chiesa qualche interesse". "In queste tre cose - aggiungeva subito dopo il B. - assolutamente si racchiude la potestà dei principi sopra il clero dei loro Stati, la dipendenza del medesimo clero dalla loro autorità e la concordia e la quiete di tutto il governo" (Le relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneziani nel secolo XVII, a cura di N. Barozzi e G. Berchet, s. 3, Italia, I, Torino-Venezia 1862, pp. 185 s.). Esercitando decisamente il potere dello Stato all'interno di questi ambiti ritenuti i "più principali", riteneva il B. si potessero eliminare "le occasioni di manifeste controversie con la corte romana". Con questa appendice egli inseriva la sua voce in un contesto di ben congegnati interventi intelligentemente sincronizzati dal Sarpi e dal Contarini al fine di realizzare in Venezia, sull'esempio di altri Stati cattolici, una situazione in cui fosse tolta al papa ogni possibilità di ingerenza nei fatti interni della Repubblica.
Eletto il 3 marzo 1613 a succedere ad Antonio Foscarini in Inghilterra, il B. riceve il 20 settembre la commissione dal Senato. In essa, oltre le istruzioni generali sulla cui traccia avrebbe dovuto svilupparsi la sua ambasceria in Inghilterra, si dà ordine al B. che passando "per Zurich, principal Cantone de Sig.ri Svizzeri" faccia visita a "quei S.ri III.mi". Egli avrebbe dovuto quindi informarsi "se ci fusse dispositione di ben intendersi con noi, et di darci nelli nostri bisogni qualche numero de loro fanti et con quali modi, et oblighi et se liaveriano la comodità del passo da condurli nel nostro Stato, et in quanto tempo, et con quali stipendij, et conditioni, et con quai mezi si potera tirar il negocio alla conclusione..."(Arch - di Stato di Venezia - Deliberazioni [Secreta] 1613 - Senato I-R,103, c. 170). Giunte informazioni a Venezia "della ispeditione che il Sig.r Governatore di Milano dissegnava di fare di persona in Grisoni, per concludere lega con quella Natione", il 29 settembre il Senato ordinava al B. che "passando per quelle parti" s'informasse "da che habbino havuto origine queste trattationi di Milano, che dispositione vi sia in Grisoni di concluderla, quali impedimenti ci possano essere, et spetialmente come l'intenda, et si muova Mons.r Pasquale, Ministro del Re Christianissimo..." (ibid., cc. 175v-176). Il 3 ottobre è ancora il Senato a informare il B. circa "l'avvenuta confederatione tra Francia e il cantone dei Sig.ri Svizzeri di Zurich" e a rimettere a lui la decisione circa il luogo ove trattenersi per eseguire gli incarichi affidatigli. Per qualche tempo egli fissa la sua residenza in Coira. Con il susseguirsi di sempre nuove istruzioni, quella che doveva essere una missione esplorativa in occasione del viaggio verso la nuova sede, si avvia a divenire una vera e propria missione stabile.
Il 20 dicembre il Senato decide che il B. "immediatamente" si trasferisca a Zurigo con il compito di ringraziare "quei Sig.ri... particolarmente della loro interpositione nel favorire et portare con la loro auttorità, et consigli la nostra lega con Sig.ri Grisoni, come cosa giovevole alli commun commodi delli nostri governi liberi, a quali niuna cosa può essere più utile, che l'unione et buona intelligenza, et il concetto in cadauno, che ella sia veramente tale* (ibid.,CC. 226V-227). Il 15 genn. 1614 vengono inviate al B. lettere credenziali per i "Sig.ri delle Tre Leghe de Grisoni" che sarebbero convenuti in Coira. Il B. è invitato a porre in evidenza come "la nostra amicitia [habbil ben origine dalla conformità di governi liberi, et da una antica et quasi naturale continuatione de animi, et reciprochi ufficij, ma insieme da una certa communicatione de gli interessi de ambe le parti, che sono si congionti, che il servitio dell'una è inseparabile dal commodo dell'altro" (ibid.,CC. 231-232V): interessava giungere a la "renovatione della lega con Sig.ri Grisoni".
Avviate le trattative con Zurigo ed avendo compiuto questa città dei passi nei confronti di Berna circa una possibile alleanza con Venezia con esito positivo, il B. riceve lettere credenziali per "li Sig.ri di Berna" e l'incarico di "trattar l'unione o l'alianza fra le loro, et la nostra Republica" (Deliberazioni [Secreta] 1614 - Senato I-R,104, cc. 10-11). Il Senato spesso, come per es. il 13 febbr. 1615, esprime la sua "intiera soddisfattione, per la desterità, et prudenza usata nel superare le difficoltà, et impedimenti di questo importante negocio, combattuto per ogni verso da contrarij, et inaspettati accidenti" (ibid.,C. 214).
Condotte in porto con Zurigo e Berna le trattative che si concluderanno con l'accordo del 6 marzo 1615, interessatosi alla leva "oltre li Svizzeri [de] tre compagnie de Grisoni", dopo che reiterati tentativi di "stabilire il passo per Grisoni" intrapresi a Coira con l'aiuto degli ambasciatori di Zurigo e Berna si eran ridotti "a segnc) di nessuna speranza" (i dispacci del B. relativi a questo periodo si trovano in Senato III - Secreta - Svizzera,filze 3-4, Svizzeri), il B. ricevette ordine di recarsi in Inghilterra, visto che ormai "... gli affari d'Italia ridotti al segno della desiderata quiete, non ci sollecitano ad altra provisione di genti straniere..." (Deliberazioni [Secreta] 1614 - Senato I-R,104, C. 214: 13 febbr. 1614, nel nostro computo 1615). Ripassato da Zurigo - il compito di recarsi a Berna veniva affidato al segretario -si diresse in Inghilterra & dove inviò il primo dispaccio il 6 sett.,1615. Nel breve tempo in cui egli poté servire la Repubblica in Inghilterra, la sua azione diplomatica brillò in tempestività, scaltrezza, finezza di tatto: i suoi dispacci (Senato III - Secreta - Inghilterra - filze 15-16) stanno a testimoniarlo. L'ultimo suo dispaccio datato 3 giugno 1616 reca una firma tracciata con mano tremante e inferma. Tre giorni dopo si spegneva a Londra, all'età di appena 37 anni, otto dei quali egli aveva speso al servizio di Venezia come ambasciatore.
Il segretario G. Batt. Lionello il giorno stesso descriveva in un dispaccio le sue ultime ore e rilevava: "... veramente è cosa fuori dubbio vera, che li gravi patimenti di questi tre anni, che esso S.r Amb.r ha speso per il mondo l'hanno condotto alla morte, aggiongendovisi una eccessiva applicatione d'animo alle cose di V. Ser.tà, et il continuo studio... * (Senato III - Secreta - Inghilterra - filza 16, cc. 145-146).
Nessun elogio migliore di quello stilato dal segretario Lionello potrebbe esser scritto sulla tomba di un uomo che tutto si era votato alla causa della sua patria "con tanto incommodo della sua casa". La solidità di una vita intIL mamente religiosa, la dedizione assoluta alla patria, la vivida intelligenza, la larghezza delle idee, la squisita umanità, il taglio finemente diplomatico che caratterizza la sua azione, fanno del B. una delle figure più marcate e complete del gruppo dei "giovani". Morendo, il B. lasciava tre figli in ancor tenera età: Gio. Francesco, che sarà il padre dei cardinale Gregorio Barbarigo, Antonio e Angelo.
Fonti e Bibl.: Nessun lavoro è stato sino ad oggi dedicato al Barbarigo. Oltre le fonti sopra citate, sono da ricordare ancora 4 lettere scritte dal B. al Sarpi e conservate nell'Arch. di Stato di Venezia, Consultori in iure,filza 453, ff. 86-87 (da Torino, 14 nov. 1610: notizie relative alla nomina ai vescovadi nel ducato di Savoia), ff. 100-101 (da Coira, 10 genn. 1614), ff. 102-103 (4 marzo 1614), ff. 125-128 (da Zurigo, 17 ott. 1614). Soprattutto quest'ultima missiva èdi notevole importanza. La relazione sull'ambasceria di Savoia è riportata nel volume citato di Le relazioni degli Stati Europa. ..., pp. 123-194. Per il trattato conchiuso tramite il B. fra Venezia e Zurigo e Berna cfr. Codex Italiae Diplomaticus, a cura di J. Chr. Liinig, Francofurti-Lipsiae 1726, Il, C. 2021-2028. La data è da ritenersi 6 marzo 161S come in modo assai evidente appare nell'originale del trattato e non 1613 come erratamente è affermato da S. Romanin nella Storia documentata di Venezia (Venezia 1858, VII, p. 104) e ancora recentemente ripetuto nella Cronologia veneziana del Seicento, in La civiltà veneziana nell'età barocca, Firenze-Venezia 1959, p. 269. Altri riferimenti in P. Sarpi, Lettere ai Protestanti, a cura di M. D. Busnelli, Bari 1931, 1, pp. 123, 127, 162, 164, 169, 184, 194, 198, 200, 210, 222, 223, 225, 227, 230, 231, 258, 259, 261, 265, 267, 269, 272, 274; Il. pp. 93, 97; Id., Lettere ai Gallicani,a cura di B. Ulianich, Wiesbaden 1961, pp. XIX, LV, LVI, LVII, LIX, LX, LXII, LXIII, LXIV, LXXI, CXXXVI, CXXXVII, 101; P. Daru, Storia della repubblica di Venezia, Capolago 1834, VI, pp. 21 s. (esposizione falsata dell'effettivo andamento delle trattative sia con Berna e Zurigo sia con i Grigioni); R. Feller, Geschichte Berns, Bern 1954, 11, pp. 475-477.