GREGORIO da Spoleto
Nacque a Matrignano, presso Spoleto, da Andrea di Angelo, prima del 1460; è da escludere l'identificazione (Baruffaldi, pp. 81 s.) con un frate agostiniano che nel 1454 fu presidente del capitolo della provincia di Spoleto e nel 1459 lettore nello Studio di Siena e priore del locale convento di S. Agostino.
La formazione di G. si svolse a Spoleto, nel convento di S. Nicolò, alla scuola degli agostiniani, il cui abito egli vestì probabilmente sin dalla fanciullezza. Completati gli studi umanistici, prese a condurre un'esistenza girovaga. Nel 1485, anche per i buoni uffici del concittadino Pierleone Leoni, medico di Lorenzo il Magnifico, entrò al servizio dei Medici come istitutore di Franciotto Orsini, nipote di madonna Clarice, e soprattutto, insieme con Urbano Valeriano e Demetrio Calcondila, di Giovanni de' Medici, il futuro Leone X.
In questa prima fase dell'insegnamento fiorentino, e precisamente nella tarda estate del 1487, si collocano un paio di lettere di Alessandro Farnese (il futuro papa Paolo III) a Giovanni de' Medici e allo stesso G.: Alessandro, svelando che lo scambio epistolare era stato promosso da G. a fini educativi, menzionava una "Pomponianam […] libertatem" quale matrice culturale comune e nel rispondere G. confermava "Pomponii praeceptoris nostri simplicitatem" (Carteggio, pp. 21-24), accenni che inducono a pensare a una qualche influenza del magistero di Pomponio Leto su Gregorio. Con il passaggio di Franciotto Orsini alla pratica delle armi il suo insegnamento dovette allentarsi ma forse non interrompersi del tutto, se in una lettera del 16 dic. 1489 Stefano da Castrocaro scriveva a Bernardo Dovizi da Bibbiena che nella dimora di Franciotto si conservavano oggetti di studio del maestro (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, CXXIV, c. 323r). Nel biennio 1489-90 rimase invece vicino a Giovanni de' Medici: una lettera indirizzatagli da Matteo da Tolentino l'8 genn. 1489 (ibid., CIII, c. 115r) informa infatti della residenza di G. (definito "eruditissimus iuvenis") in casa di Lorenzo de' Medici accanto a Giovanni, che egli accompagnò in occasione del conseguimento del suddiaconato e diaconato ed esaminò (bonariamente) per il conferimento della laurea in diritto canonico (ibid., CCXXIV, c. 319r). Appunto a questo magistero fa riferimento una missiva di Giovanni al padre, da Pisa il 23 genn. 1490, con cui si richiedevano remunerazioni per G. (lasciando intendere che anche Demetrio Calcondila, intimo di G., si era adoperato in tal senso, ibid., XCVI, c. 445r). Da questo interessamento derivò l'attivarsi del Magnifico, che l'8 febbraio scriveva a Girolamo canonico della cattedrale di Spoleto e ad Andrea priore di S. Felice affinché fossero concessi benefici a G., "Gregorio nostro di casa" (ibid., LXIII, c. 108r). Fino a questa data non era dunque ancora avvenuta l'uscita dall'Ordine agostiniano, di cui dà notizia Giovan Battista Bracceschi nei Commentarii per l'historia di Spoleti rimasti manoscritti (Laureti, p. 5).
Che G. seguisse, oltre quella di Giovanni de' Medici, l'educazione di altri giovani della nobiltà fiorentina è dato che trova conferma in un manoscritto della Biblioteca Medicea Laurenziana che conserva lettere indirizzate a lui e a Franciotto Orsini da Michele Verino (tutte senza data, il termine ante quem è la morte di quest'ultimo, avvenuta il 30 maggio 1487). In una delle missive Michele informa di aver preso in prestito dalla biblioteca agostiniana di S. Spirito le tragedie di Seneca a nome di G. e lo invita a una sollecita lettura e a una pronta restituzione (Laur., plut., LXXXX, sup., 28, c. 7); in molti casi l'allievo inviava al maestro versioni dal greco o esercitazioni in versi bisognose di revisione (cc. 42v, 59r); infine lo informa sulla lettura di opere facete come quelle di Pulci e del Burchiello, con toni che sembrano attestare una distanza di G. dal versante popolare della cultura fiorentina e un insegnamento ispirato a una piena ortodossia umanistica con esclusivo culto dei classici. Conferme in tal senso giungono dal registro dei prestiti della Biblioteca Medicea (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, LXIII, cc. 139r, 140r), che riporta notizia di alcuni codici presi direttamente da G. tra il 1486 e il febbraio 1491 tra i "libri del Philelpho": Alessandro di Afrodisia, Tucidide, Licofrone, le storie di Livio, a segnare un percorso equamente diviso tra filosofia, retorica e storia e che tuttavia doveva essere aperto anche al neoplatonismo fiorentino. In una lettera del 21 dic. 1489 a B. Michelozzi, il Ficino non solo esprimeva un giudizio lusinghiero su G. (definito nuovo Mercurio), ma chiedeva se egli avesse in lettura un suo manoscritto con la traduzione del De insomniis di Sinesio e del De daemonibus di Michele Psello.
Il 20 sett. 1490 Stefano da Castrocaro informava Piero Dovizi da Bibbiena (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, CXXIV, c. 205r) di un periodo di malattia di G. trascorso a Passignano: G., "di natura debile et corpo più tosto mal disposto che no", era assistito affettuosamente da Giovanni de' Medici. Il rapporto con il giovane cardinale si interruppe nella primavera dell'anno dopo: nell'aprile 1491 Giovanni era a Pisa a seguire le lezioni di Gentile Bechi; questi scriveva a Piero Dovizi, ai primi di aprile del 1491, di una "certa instillacione gregoriana" (ibid., CXXIV, c. 239r) ancora viva nel figlio di Lorenzo e lasciava intravedere alcuni motivi di dissidio fatti trapelare da G. nei confronti dei Medici ("la famiglia non tollerava il pispassera di Gregorio").
È incerto se G. rimase a Firenze dopo la primavera del 1491, ma la sua partenza va forse collocata nei giorni convulsi che seguirono la morte del Magnifico, nei quali scomparse tragicamente anche il protettore di G. a Firenze P. Leoni (9 apr. 1492). Alla fine del 1494 G. era a Ferrara: visse nel palazzo estense del Paradiso, precettore dei figli di Rinaldo d'Este, fratello di Ercole I, ma avendo tra i suoi discepoli anche Alberto Pio e L. Ariosto. Con quest'ultimo, in particolare, dovette consolidarsi un rapporto affettuoso, all'interno di un insegnamento che durò fino al 1497, quando Ludovico, assunto a corte, passò alle lezioni di Sebastiano dell'Aquila. Celebre il racconto di Satire, VI, 163-195, da cui traspare, all'interno un legame non solo intellettuale, un sincero attaccamento del poeta verso la figura reverenda del maestro. Riguardo alle relazioni che G. si creò a Ferrara va menzionato anche un sonetto di A. Cammelli, nel quale, lamentandosi della propria condizione e ricordando gli amici che non se ne curano, l'autore colloca accanto a Niccolò Lelio Cosmico e ad Alfonso Trotti un Gregorio, che può forse identificarsi con lo spoletino. Ancora al periodo estense, con ogni probabilità, risale la traduzione dal greco della Tabula Cebetis, oggi perduta; di questa versione latina dichiarava di essersi giovato il medico parmense Gian Giacomo Bartolotti per il volgarizzamento da lui realizzato a Ferrara il 28 apr. 1498 e dedicato al duca Ercole I d'Este.
Chiamato da Isabella d'Aragona, vedova del duca di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza, G. lasciò Ferrara nel dicembre 1499 per accompagnare in qualità di precettore il figlio di lei Francesco Sforza in Francia. Il soggiorno parve destinato a concludersi rapidamente, come testimonia un'ode latina dell'Ariosto, in cui annuncia ad A. Pio che G. era prossimo a tornare in Italia (Ariosto, pp. 25 s.).
Ma la prospettiva di un rientro non si realizzò: G. morì a Lione tra il 1502 e il 1503 e i suoi resti furono sepolti in una tomba (pagata 100 fiorini da un fiorentino rimasto senza nome) nella chiesa di Notre-Dame, andata distrutta nel 1810.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, LXIII, cc. 139r-140r; CIII, c. 115r; CXXIV, cc. 205r, 239r; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 915, cc. 53v-54r, 113r; 2621, cc. 62v, 65v-66r; Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur., plut., LXXXX, sup., 28, cc. 6r, 7r, 28r, 32r, 42v, 58r; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. lat., cl. XIV, 123 (= 4662), cc. 76r-83v; Copenaghen, Kongelige Bibliotek, Fabricius Collection, Gl. slg. samling, 2125, cc. 1r-30v; M. Ficino, Epistolae, Venetiis 1495, c. CCIIIv; A. Cammelli, I sonetti faceti, secondo l'autografo ambrosiano, a cura di E. Percopo, Napoli 1908, pp. 232 s.; Carteggio umanistico di Alessandro Farnese, a cura di A. Frugoni, Firenze 1950, pp. 21-24, 39-41, 47 s.; L. Ariosto, Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli 1954, pp. 24-27, 568; L. Torelli, Secoli agostiniani, Bologna 1682, p. 84; G. Baruffaldi, La vita di messer Ludovico Ariosto, Ferrara 1807, pp. 81-88; G. Carducci, La gioventù di Ludovico Ariosto, in Id., Opere, XV, Bologna 1905, pp. 135-137; A. Sensi, I nomi delle vie di Spoleto, in Eco dell'Umbria, Spoleto s.d. [1880 circa], pp. 21-25; G. Volpi, Luigi Pulci, studio biografico, in Giorn. stor. della letteratura italiana, XXII (1893), pp. 1-6; A. Lazzari, Ugolino e Michele Verino. Studi biografici e critici, Imola 1897, p. 111; G.B. Picotti, La prima educazione e l'indole del futuro Leone X, Potenza 1919, pp. 23-27; Id., La giovinezza di Leone X, Milano 1927, pp. 19-22, 53 s., 196, 252, 255, 262, 619, 676 s.; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto ricostruita su nuovi documenti, I, Firenze 1930, pp. 132-134; P. Laureti, G. da Spoleto, Spoleto 1933; E. Bigi, Vita e letteratura nella poesia giovanile dell'Ariosto, in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXLV (1968), pp. 10-14; E. Zanette, Personaggi e momenti nella vita di Ludovico Ariosto, Milano 1970, pp. 46-49; M. Santoro, L'emblematica memoria del maestro: la matrice umanistica, in Id., Ariosto e il Rinascimento, Napoli 1989, pp. 17-24; S. Benedetti, Itinerari di Cebete. Tradizione e ricezione della "Tabula" dal XV al XVIII secolo, Roma 2001, ad indicem.