GREGORIO di Cecco
Di questo pittore senese, figlio di Francesco (Cecco), si hanno notizie documentarie comprese tra il 1418 e il 1424.
Dalla critica viene unanimemente ritenuta valida l'identificazione con G. di un "Giorgio di Checo di Lucha" iscritto nel ruolo dei pittori di Siena, iniziato nel 1389, ipotizzata dal Milanesi che, pubblicando il documento, ritenne "Giorgio" un'errata trascrizione del nome di G. (I, p. 46).
Nel 1418 "Gregorio dipentore" fu pagato 4 lire per la "dipegnitura dei libri di Biccherna", perduti (ibid., p. 47). Due anni dopo, insieme con il suo maestro e padre adottivo Taddeo di Bartolo, eseguì un'elaborata pala, anch'essa perduta, per l'altare Marescotti in S. Agostino.
Lo si desume dal manoscritto di monsignor Fabio Chigi, il futuro papa Alessandro VII (in Bacci, 1939, p. 308), il quale nel 1625-26 vi lesse l'iscrizione "Taddeus et Gregorius de Senis pinxerunt 1420". L'opera comprendeva, nello scomparto centrale, un gruppo ligneo raffigurante la Vergine con il Bambino, nota come Madonna del Magnificat, tuttora conservata nella chiesa ed eseguita da un anonimo scultore senese, variamente identificato. Per l'ideazione della scultura e del complesso del polittico si è ipotizzato (Neri Lusanna) un intervento di Taddeo di Bartolo, assegnando alla bottega di Taddeo, in particolare a G., l'esecuzione del rivestimento pittorico della scultura, che, oggi pressoché integro, risulta sovrapponibile, nella cromia usata e negli originali motivi decorativi, quasi un marchio della bottega di Taddeo, a quello usato da G. nella veste dell'Assunta nel polittico del 1423.
Nello stesso 1420, come riportava Romagnoli (pp. 254 s.), G. dipinse un affresco nella chiesa dei servi con le Anime del purgatorio e una tavola raffigurante una Madonna con Bambino per l'altare destro della chiesa di S. Chiara, entrambi perduti.
Il 15 ott. 1421, con un atto stipulato nel palazzo comunale di Siena, l'artista costituì una compagnia per l'esercizio della pittura della durata di dieci anni con Taddeo di Bartolo.
G. doveva risiedere presso l'abitazione del suo maestro, dovendo corrispondere a monna Simonina, moglie di Taddeo, una somma compresa tra i 12 e i 16 fiorini l'anno per il vitto e l'alloggio (Corti, pp. 373 s.). Una clausola specifica del contratto riguardava gli eventuali lavori da effettuarsi, da parte dei due pittori, nella pieve di S. Giovanni in Siena, durante i quali sarebbero rimasti ciascuno "in sua libertà", senza per questo sciogliere la società.
Durante il 1421 G. fece anche parte della commissione che si occupava della costruzione della chiesa e della loggia di S. Paolo. Nel dicembre di quello stesso anno "Gregorio Chechi Luce pictore de Senis" risultava testimone di un atto rogato a Siena (ibid., pp. 373, 376). Il 26 ag. 1422 Taddeo di Bartolo, nel testamento redatto poco prima di morire, a suggello della stima e dell'affetto che evidentemente legava i due artisti, dichiarava G. suo erede universale.
Al 1423 risale l'unica opera, datata e firmata, a noi giunta di G., il polittico del Museo dell'Opera del duomo di Siena, raffigurante la Madonna dell'Umiltà e santi.
Il polittico, originariamente destinato all'altare della Visitazione nel duomo, di patronato della famiglia Tolomei, è coronato da una cuspide con l'Assunta; nello scomparto centrale vi è la Madonna col Bambino, angeli musicanti e la Colomba dello Spirito Santo; nei laterali vi sono i Ss.Agostino, Giovanni Battista, Pietro e Paolo, sormontati da trilobi con busti degli Evangelisti; e in due cuspidi laterali, i ss. Biagio e Ansano. È stata ricollegata a questo polittico una piccola cuspide con Angelo annunciante, conservata in una collezione privata torinese (Bartalini).
Attorno a quest'opera la critica ha cercato di ricostruire il corpus dell'artista. Si tratta di tre piccole tavolette di predella raffiguranti la Crocifissione (Siena, Museo dell'Opera del duomo), la Natività della Vergine (Pinacoteca Vaticana) e lo Sposalizio della Vergine (Londra, National Gallery). Berenson, che per primo riconobbe i tre pannelli come facenti parte di uno stesso complesso (1930-31), accolse solo in un secondo momento (1968) l'ipotesi della paternità di G. proposta da Graziani (1948).
Per altri dipinti il giudizio sull'attribuzione non è stato unanime. Brandi nel pubblicare il catalogo della Pinacoteca di Siena (1933) attribuì a G. una piccola tavola, in cattivo stato di conservazione e di ignota provenienza, raffigurante S. Giovanni Evangelista. Carli (1946, p. 57) ritenne sua opera un tabernacolo con Annunciazione e Crocifissione del Museum of fine arts di Boston, a causa delle strettissime affinità stilistiche che individuava con la tavoletta della Crocifissione di Siena. Carli (ibid., p. 62) ipotizzò pure una possibile attribuzione a G. degli affreschi con Storie della Vergine che rivestono le pareti del coro della chiesa di S. Leonardo al Lago, presso Siena. Boskovits (pp. 20 s.), negando l'attribuzione a G. sia del tabernacolo di Boston, sia della Madonna della Johnson Collection di Filadelfia ipotizzata da Brandi (1949, p. 184), propose un catalogo dell'artista formato da diverse opere facenti capo all'Assunta della chiesa di S. Maria Maggiore a Bettona, opera collegata a G. da Berenson (1968).
Nel 1423 il pittore sposò Iacopa, figlia di Domenico dei Cori; ma il 1° luglio 1424, quando Simonina, vedova di Taddeo, decise di adottare il fratello di G., Andrea, e di donargli tutti i suoi beni, il pittore risultava già essere morto (Corti, pp. 373, 376 s.).
Fonti e Bibl.: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi (1835 circa), IV, Firenze 1976, pp. 253-256; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, Siena 1854, I, pp. 46 s.; II, pp. 107 s.; B. Berenson, Quadri senza casa. Il Trecento senese, in Dedalo, XI (1930-31), pp. 338-340; C. Brandi, La Regia Pinacoteca di Siena, Roma 1933, pp. 107 s.; P. Bacci, L'elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena. Compilato nel 1625-1626 da mons. Fabio Chigi poi Alessandro VII. Secondo il ms. Chigiano I. I. 11, in Bull. senese di storia patria, X (1939), p. 308; E. Carli, Il Museo dell'Opera e la Libreria Piccolomini di Siena, Siena 1946, pp. 56 s., 62 s.; A. Graziani, Il Maestro dell'Osservanza, in Proporzioni, II (1948), p. 81; C. Brandi, Quattrocentisti senesi, Milano 1949, pp. 36, 184, 249, 251 s.; C. Volpe, Deux panneaux de Benedetto di Bindo, in La Revue des arts, VIII (1958), 4, p. 176; B. Klesse, Seidenstoffe in der italianischen Malerei des 14. Jahrhunderts, Bern 1967, p. 291; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Central Italian and North Italian schools, I, London 1968, p. 201; P. Torriti, La Pinacoteca nazionale di Siena. I dipinti dal XII al XV secolo, I, Genova 1977, p. 209; M. Boskovits, Su Niccolò di Buonaccorso, Benedetto di Bindo e la pittura senese del primo Quattrocento, in Paragone, XXXI (1980), 359-361, pp. 10, 20 s.; G. Corti, La compagnia di Taddeo di Bartolo e G. di C., con altri documenti inediti, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXV (1981), pp. 373-377; E. Neri Lusanna, Un episodio di collaborazione tra scultori e pittori nella Siena del primo Quattrocento: la "Madonna del Magnificat" di S. Agostino, ibid., pp. 325-340; A. Bagnoli, in Il gotico a Siena (catal.), Siena 1982, p. 355; L. Bellosi, ibid., pp. 294, 346-348; R. Bartalini, in Antichi maestri pittori. 18 opere dal 1350 al 1520 (catal.), Torino 1987, n. 10; C. Alessi, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 652 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 579.