GRES (fr. grès; sp. gres; ted. Steingut; ingl. stoneware)
Genere di ceramica (v.) intermedio fra la faenza e la porcellana, essendo a pasta opaca e colorata come la prima, densa e durissima come la seconda e come essa da cuocersi ad alta temperatura (v. appresso); sonoro, a grana più o meno fine, fragile all'urto e ai rapidi cambiamenti di temperatura; che si produce o senza vetratura, oppure vetrato, verniciato, "copertato". L'impasto è essenzialmente composto di argilla plastica (fr. glaise) sgrassata con sabbia e con silice e si può foggiare anche a grandi dimensioni. La vetratura è salina (silico-alcalina, formata dal sale marino volatilizzato e decomposto dalla silice della pasta al momento in cui viene gettato nella fornace al termine della cottura (salatura del gres); la vernice per i gres artistici invece è generalmente piombifera o a base di scorie di ferro; la coperta è a base di feldspato. Viene foggiato a usi industriali e a criterio d'arte, perché suscettibile di svariatissime colorazioni e di ornati a rilievo delicati e precisi, sui quali il colore del rivestimento assume vaghe trasparenze.
Industria. - Nell'industria si distinguono generalmente tre tipi di gres; gres comuni, gres chimici, gres fini. Per le loro particolari applicazioni hanno anche importanza i cosiddetti gres architettonici e i gres per pavimentazioni.
Gres comuni. - I gres comuni trovano il loro impiego e sono indispensabili nelle fognature domestiche e cittadine e nelle canalizzazioni sotterranee. Si usano argille assolutamente esenti da calcare che abbiano un contenuto di alcali e fondenti tali da permettere l'intima fusitine dell'impasto senza deformazioni. Tali argille sono piuttosto rare in Italia e finora si sono riscontrate, sfruttabili industrialmente, solo in Lombardia, Piemonte, Toscana, Sardegna. Le argille, dosate e aggiuntivi varî correttivi, sono lavorate a umido con molazzi, cilindri, impastatrici, granulatrici, ecc., secondo le proprietà; poi son depositate in cantina per la stagionatura.
La formatura dei pezzi avviene secondo gli svariati sistemi dell'industria ceramica a mano, con modelli di gesso, modelli di legnci, tornî, presse, ecc. Caratteristica è la macchina per la formazione dei tubi, che consiste in una trafila verticale con cilindri alimentatori e campana di compressione. Il tubo, a mano a mano che esce dalla trafila, è sostenuto da una tavola a contrappeso che scende fino alla lunghezza voluta; il tubo poi viene tagliato con filo di ferro o altro dispositivo. Con queste trafile si eseguono tubi di diametro da 2 a 60 cm. I tubi e gli altri pezzi dopo lavorazione di rifinitura in crudo, vengono essiccati sia naturalmente, sia in essiccatoi artificiali e poi vengono portati ai forni che sono a fiamma rovesciata, di grande capacità, circolari o rettangolari, con parecchi focolai. La temperatura di cottura è di circa 1250 ÷ 1300°.
La caratteristica vernice incorporata con la massa si ottiene iniettando, nel momento della massima temperatura, vapori di sodio ottenuti dalla decomposizione del cloruro di sodio (sale comune). Raggiunto il punto di cottura si chiude il forno, lo si lascia raffreddare molto lentamente per aumentare la tenacità del greś o poi si estrae il materiale. In gres si può eseguire qualsiasi pezzo per la formazione delle fognature: tubi, curve, giunti, ispezioni, paralleli, conici, sifoni, sghembi d'immissione, pozzetti, fondi di fogna, ecc. In gres si fabbricanno anche fumaiuoli, mangiatoie, esalatori, canaletti per orinatoi e concimaie, articoli per stalle, ecc. Avendo pareti lucide, prive di asperità e inalterahili, i tubi di gres, in confronto a quelli di altro materiale, possono convogliare a parità di diametro un maggior volume di liquido. Per la loro inattaccabilità e inconduttività essi possono anche essere largamente usati per la protezione dei cavi telefonici ed elettrici.
Gres chimici. - La fabbricazione ha luogo come per i gres comuni ma con materie prime più fini e più selezionate, accuratamente dosate secondo le necessità dell'impiego. Di gres chimici si fabbricano: rubinetti di svariatissimi tipi fino a 200 mm. di diametro, tubi, curve, giunti, sifoni, congiunzioni a manicotto o a flangia, torri di reazione fino a 1800 mm. di diametro, filtri a vuoto, ventilatori, pompe a pistone e centrifughe, caldaie, agitatori, vasche, bombonnes, montaliquidi a pressione d'aria, recipienti per depositi acidi fino a 6000 litri, giare per attrezzare carri ferroviarî, serpentini, condensatori, ecc. Per la fabbricazione di tutti questi oggetti si rendono necessarî dopo cottura espedienti varî, macchine a smeriglio, tagliatrici, tornî, trapani, ecc., studiati secondo le necessità, accoppiando opportunamente gli accorgimenti della meccanica fine alla speciale tecnica ceramica.
Gres fini. - I gres fini rientrano nella categoria delle ceramiche artistiche. Per la loro lavorazione e cottura v. ceramica.
Gres architettonici. - Nelle regioni dell'Europa settentrionale, traendo profitto dalla possibilità di lavorare il gres in masse relativamente grandi e di utilizzare le sue proprietà di resistenza agli agemi atmosferici, lo si usa per motivi decorativi architettonici eseguendti frontoni, capitelli, statue, fregi ornamentali, ecc. Varietà di questi gres ornamentali sono i gres flammés, ottenuti introducendo speciali ossidi metallici negl'impasti e facendo variare bruscamente il regime dei forni: si hanno iridescenze ed effetti suggestivi. In Italia i gres architettonici sono poco usati.
Gres per pavimentazioni (ted. Klinker). - Per la sua durezza il gres si presta egregiamente per le pavimentazioni soggette a forte usura e quindi viene largamente impiegato per marciapiedi stradali, di stazioni, mercati, pavimentazioni di lavatoi, anditi, androni, saloni industriali, ecc., ed ora in forma di masselli di maggior spessore anche per il rivestimento delle strade di grande comunicazione. Per ottenere i gres di pavimentazione le argille vengono generalmente essiccate, polverizzate e mescolate coi loro correttivi. Con presse idrauliche o con altro sistema si ottengono poi le piastrelle che possono essere a un colore o a più colori a seconda delle forme e dei tubi prescelti. La cottura avviene per le piastrelle di pavimentazione in forni a camera o intercomunicanti a elevata temperatura, ma generalmente senza la salatura.
Arte. - Una manifestazione artistica più antica è cinese (v. appresso). Una sua specie, sotto forma di stoviglie da tè di color rosso bruno senza rivestimento e con ornati plastici a forma di draghi, di ramoscelli fioriti, ecc. (il cui centro più noto sembra quella di Yi-hsing) ebbe in Europa particolare voga. I Portoghesi, al tempo dei Ming, ve la diffusero con la voce portoghese di búcaro (bucchero: più largamente applicata alle cosiddette "terre odorose"). I ceramisti olandesi tentarono subito, e felicemente, l'imitazione di questo genere di ceramica, soprattutto per l'uso del tè, e già dal 1678 sono conosciute piccole teiere di Delft, attribuibili forse a Lamberto Cleffius (morto nel 1691), di color rosso bruno con ornati plastici, naturalmente di gusto cinese, smaltati a più colori. Gl'Inglesi, alla loro volta, ne intrapresero la fabbricazione. Giovanni Dwight, a Fulham presso Londra, prese il brevetto di questa lavorazione nel 1684 e i fratelli Elers, provenienti dall'Olanda, verso il 1690 divisero con lui il merito dell'introduzione del gres rosso nel Regno Unito. Lo stesso I. G. Böttger, inventore della porcellana dura di Sassonia, iniziò i suoi successi ceramici con la scoperta del gres rosso sassone (1708) mediante l'auto dello scienziato E. W. Tschirnhaus (il quale aveva studiato a Leida), e ne produsse piccole stoviglie d'un impaste rosso-bruno, duro, opaco, senza rivestimento, levimto a brunitura, con ornati plastici in rilievo, le quali, impropriamente, furono chiamate "porcellana rossa".
Indipendentemente da questa speciale applicazione (che va notata a sé perché, attraverso l'opera del Böttger, è in qualche modo connessa con la scoperta della porcellana caolinica in Europa) va detto che i Cinesi, sottili maestri in ogni tempo dell'arte del vasaio, iniziarono ben presto la produzione di stoviglie in gres, sulle quali ottennero i più begli effetti, decorandole con rivestimenti a "gran luoco". Le colorazioni più ricche e più dolci sono dovute all'impiego di ossidi metallici resistenti ad alta temperatura (uranio, cromo, manganese, ferro, rame, ecc.); il rosso di rame, invece, è dato dall'ambiente riduttore del forno. La Corea e il Giappone ci dànno essi pure simili prodotti, la cui bellezza consiste soprattutto nella semplicità della linea e nella squisitezza del colore.
Anche l'Europa ha prodotto gres; nelle sue regioni settentrionali (specialmente Germania, Paesi Bassi, Francia, Inghilterra) il Medioevo ci mostra una rozza produzione utilitaria, che viene formando una transizione fra le antiche paste verniciate e la terra greificata. I testi francesi del sec. XVI (per es. Rabelais) citano una poterie azurée, nota anche al Pialissy, che si può credere una snrta di gres. Dapprima comuni e rozzamente lavorate per uso domestico, queste stoviglie lentamente, col perfezionarsi della tecnica e colora, entilirsi del gusto, si volsero a criterio d'arte. Così nel Cinquecento furono prodotti pezzi cospicui, talora onorati di ricche montature e di parti complementari cesellate da orafi, il cui valore artistico consisteva nell'ornato plastico, a rilievo o sigillato, e nella varietà di colore data dal rii. estimento. Le opere più antiche furono dette dagli amatori, con nome convenzionale, gres di Fiandra, anche perché portano iscrizioni in un dialetto assai affine al fiammingo, (Raeren, infatti, che è un centro importante di questa produzione, dipendeva allora dal ducato di Limburgo, nei Paesi Bassi; ora appartiene al Belgio. La produzione arcaica della Fiandra prende il nome di Jacoba 's kannetjes (brocche di Giacoma) perché si credette opera di Giacomina di Baviera, contessa del Hainault e moglie di Giovanni duca del Brabante, durante la sua prigionia nel castello di Teylingen presso Rotterdam (circa 1430).
Ma la storia documentata del gres europeo è ancora da farsi. Sembra, comunque, che la priorità della produzione si debba alla Germania, specie nel tratto del bacino del Reno da Coblenza a Colonia ricco di argille convenienti a questo lavoro. Le forme sono sempre quelle di oggetti destinati a uso casalingo (brocche e boccali soprattutto); più rari furono gli oggetti ornamentali, talora anche di grandi dimensioni. L'ornato è in rilievo plastico, più tardi sostituito da impressioni operate con punzoni di legno, e in esso abbonda la nota araldica, ma non sono escluse le figurazioni desunte da incisioni di maestri tedeschi contemporanei con soggetti biblici, di caccia, di genere, di stile gotico, Spesso inscritti in fregi circolari, oppure decorazioni a disegni geometrici; talora i pezzi portano anche la data. In generale, si può dire che i gres tedeschi hanno una struttura architettonica a forti sagome, sovente complesse e sovraccariche di ornato, che dànno un senso di solidità. Varî furono i centri piu notevoli; il ciclo di Colonia (le cui opere sono forse anteriori al sec. XV) fornì abbondantemente i Paesi Bassi e l'Inghilterra: le opere del capoluogo (un pezzo datato 1558 è nel Museo locale), di Frechen e di Siegburg (vicino a Bonn) ci offrono più spesso gres in forma di vasi cilindrici, ornati di soggetti religiosi o allegorici in rilievo. La pasta è di un bianco opaco a grana molto fine, coperta da una vetrina trasparente. A Colonia e a Frechen sono ascritti i vasi col collo decorato da un grosso volto barbuto, che rappresenta il card. Bellarmino, ivi applicato in dispregio del celebre gesuita per le discordie religiose di quei paesi (e anche dell'Inghilterra, che pure imitò questo genere) con Roma. Essi sono chiamati appunto bellarmine, greybeard e anche conscientr e costituiscono un'interessante iarietà, che poi si deformò. Raeren, nei suoi gres dei secoli XVI-XVII impiegò una pasta grigiastra, verniciata in bruno e in turchino hrillante; Girenzhausen, presso Coblenza. (sec. XVII) lavorò paste bianco-grigiastre sotto forma di saliere, scaldamani a foggia di libri, vasi da burla, ecc., che ci mostrano l'impiego del violaceo di manganese; Kreussen in Baviera (sec. XVII) si distingue per l'impiego anche della doratura, sopra una vernice nera o marrone, (due suoi pezzi assai noti sono conosciuti sotto il nome di "tazza degli Apostoli" e di "tazza degli Evangelisti" dalle figurazioni rilevate che portano). Altri luoghi di lavorazione di gres d'arte, sono Hölhr, presso Coblenza, Nassau, Bunzlau, Ratisbona, Norimberga, Bayreuth, ecc. Più sobria è la lavorazione francese il cui centro è il Beauvaisis (Beauvais, Savignies, Chapelle-aux-Pots). Sono ricordati i gres di Beauvais, che venivano offerti ai re di Francia in occasione del loro passaggio per quella città. Le forme sono più semplici delle tedesche: nappi, brocche da acqua, vasi da fiori, l'ornato spesso si limita ai gigli araldici o ad altra nota di blasone. L'Inghilterra, come vedemmo, cominciò la lavorazione del gres col sec. XVII; e generalmente i primi sono di un color bruno chiaro. Dopo la morte del Dwight (v. sopra) la produzione (nello Staffordshire) divenne più rozza, di gres salato. A metà del sec. XVIII un altro intervento di Olandesi introdusse sul gres la pittura a piccolo fuoco, generalmente di gusto cinese. Nel terz'ultimo decennio cominciò la grande opera di Josiah Wedgwood (v.) che trasformò la ceramica inglese e insieme produsse gres fini a vario colore (basalto nero, diaspro turchino, cammei, ecc.) in tavolette, medaglioni, busti, vasi di gusto classico, ai quali cooperarono come disegnatori e modellisti anche artisti italiani. Con l'inizio del sec. XX i Francesi specialmente (Delaherche, Bigot per oggetti di ornamento, la Manifattura di Sèvres per la decorazione monumentale) si posero alla testa di un rinnovamento, che vuol dare la palma alla semplicità della forma congiunta alla vaghezza delle tinte, ben presto seguiti dalle altre nazioni. Ma già all'Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna di Torino (1902) le terre greificate e i gres dei Chini di Borgo S. Lorenzo indicavano che anche la ceramica italiana sapeva mettersi nel movimento. (V. tavv. CCI e CCII).
Bibl.: D. Bastelaer, Les grès wallons, Mons 1885; H. Schuermans, Mille incriptions des vases de grès dit flamand, Anversa 1885; L. Solon, The ancient art stone-ware of the Low-Countries and Germany, Londra 1892; O. v. Falke, Das reinische Steinzeug, Berlino 1908, voll. 2; K. Koetschau, Reinisches Steinzeug, Monaco 1924; B. Rackham e H. Read, English Pottery, its development from early times to the end of the eighteenth century, Londra 1924; B. Rackham, Catalogue of English porcelain, earthenware ecc. ..., Londra 1930.