GRILLI (Γρύλλοι)
Sorta di caricatura, della quale, secondo Plinio, era ritenuto inventore il pittore Antifilo, noto inoltre come autore di ῥωπογραϕίαι cioè quadri di genere, di piccole cose.
Antifilo era, secondo le fonti classiche, di origine egizia. Forse in parte per questa ragione, giacché l'Egitto offriva esempî di nature miste animali e umane e precedenti di caricature sotto specie animali (v. caricatura), in parte per alcuni elementi della notizia pliniana, che attribuisce l'origine della denominazione di grilli al fatto che Antifilo dipinse un tale di nome Gryllos (maiale), e forse in parte ancora perché una delle più note caricature dell'antichità (quella della fuga di Enea con Anchise e Ascanio) rappresenta i personaggi come cinocefali, certo è che l'opinione comune degli archeologi sembra oggi identificare questi grilli con uno appunto dei due generi di caricatura invalsi presso gli antichi, e cioè con quello delle figure a testa d'animale o di forme miste. È opinione di G. Patroni che il luogo di Plinio (Nat. Hist., XXXV, 114) non solo non autorizzi a tanto, ma offra anche qualche elemento contrario poiché da esso può ricavarsi, se si vuole, la possibilità che Gryllos fosse, più che il nome, il soprannome scherzoso dato a un personaggio dipinto da Antifilo, per le sue fattezze porcine; ma non si ricava in alcun modo che il pittore mescolasse le due nature, animale e umana, e meno che mai che al suo personaggio egli desse una testa d'animale. Il cenno pliniano, forse, si adatterebbe meglio all'ipotesi che volesse identificare i grilli con l'altro genere di caricatura, quello pigmeizzante o nanizzante (v. caricatura); e ciò sia che la notizia abbia qualche valore storico, sia che si tratti di una leggenda erudita della tarda età diadochea, formatasi per motivi eziologici, cioè per rendersi ragione del nome grylloi (non rammentando ch'esso era stato dato genericamente a caricature esibenti un corpaccio su esili gambette, e in ciò simili al porco).
Bibl.: E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung d. Griechen, Monaco 1923, p. 770, ove si suppone che Plinio alluda a nature miste dipinte, cosa improbabile.