GRIXOPOLUS
GRIXOPOLUS ParmensisPittore attivo a Mantova nei decenni centrali del sec. 13°, la cui figura artistica è entrata solo di recente in un ampio dibattito che interessa il problema della cultura pittorica nell'Italia settentrionale in quel torno di tempo.Il merito della riscoperta di G. spetta certamente a Paccagnini (Mantova, 1960), dopo un parziale intervento di ripulitura e restauro di alcuni dipinti all'interno del palazzo della Ragione di Mantova, sui quali già qualche anno prima si era soffermato Ozzola (1953). L'attività dei restauratori aveva infatti messo in evidenza sulla parete nord del palazzo due cicli sovrapposti: quello inferiore presenta una scena di battaglia con guerrieri all'assalto di una rocca, mentre in quello superiore sono raffigurati temi religiosi. In alto, al centro della parete, sulla sinistra, un gigantesco S. Cristoforo con il Cristo giovinetto sulle spalle si rivolge a una figura femminile, mentre sulla destra una Madonna in trono con il Bambino è affiancata da tre santi e da un eremita. Ai piedi della Vergine, su una bordura rossa e marrone, si legge: "Tu vite portus tu delectabilis ortus tu pares absque maris semine stella maris [---] polus fecit hoc opus". Nella zona inferiore della medesima parete, sulla sinistra partendo dall'alto, sono dipinti i resti, privi purtroppo del busto e della testa, di sei figure accoppiate, tra cui, come risulta dall'iscrizione, sono sicuramente individuabili quelle di s. Pietro e di "frater Iane Bonus", cioè Giovanni Bono, eremita mantovano da cui avrebbe avuto origine l'Ordine degli Agostiniani. Al di sotto, i patriarchi Isacco e Giacobbe, divisi dall'Albero della vita, sorreggono un telo a forma di barca con all'interno alcune figure ignude. Ai piedi dei patriarchi corre un'iscrizione in cui compare nella sua integrità il nome di G. "Grixopolus pictor Par[---]sis" e che divide la scena da una decorazione a finto marmo. Sempre sulla parete settentrionale, ma questa volta nella zona di destra, si intravedono resti di figure ignude che si dirigono verso un angelo che fa da raccordo, secondo Paccagnini (Mantova, 1960), con una Crocifissione, in cui sono chiaramente identificabili la Vergine, la base della croce e le figure di s. Giovanni e di un altro personaggio di cui è rimasta solo la parte inferiore del corpo. Anche in questa scena un'iscrizione, in cui sono chiaramente leggibili solo le parole "in vitam Habram", divide la parte narrativa dalla decorazione a finto marmo sottostante.Paccagnini (Mantova, 1960), sulla base delle strette connessioni stilistiche, propose collegamenti con gli affreschi del battistero di Parma, in particolare confrontando i tre nudi del palazzo della Ragione con la figura del Cristo nella scena del Battesimo e ipotizzando che la parola "Par[---]sis" potesse corrispondere a "Parmensis", anche se sottolineava come si trattasse "di una deduzione ricavata solo dall'accostamento formale, poiché niente assicura che il pittore del Battistero di Parma sia originario della città emiliana". Lo stesso studioso rilevava infatti che nei dipinti mantovani, a suo avviso realizzati alla metà del sec. 13°, sulla base della cronologia riportata dalle fonti per la costruzione del palazzo della Ragione, sono evidenti le formule bizantineggianti della 'maniera greca', peraltro dichiarate apertamente dal nome del pittore, che denuncerebbe o una sua origine greca o una programmata grecizzazione del nome.Nonostante il preciso accostamento formulato da Paccagnini (Mantova, 1960), le sue osservazioni non sono state raccolte negli anni successivi da coloro che hanno affrontato il problema del ciclo del battistero parmense (Toesca,1960; Demus, 1968, che pure per primo ha individuato la presenza di maestranze parmensi ad Aime, in Savoia; Gavazzoli, 1972; 1975; Gandolfo, 1982; Rossi Scarzanella, 1984; Romano, 1985; Angiolini Martinelli, 1986).La questione è stata invece ripresa da Segre Montel (1986a) che, pur accettando l'ipotesi di Paccagnini sulla probabile origine parmense di G., ritiene che l'occidentalizzazione del linguaggio bizantino nei dipinti del palazzo della Ragione di Mantova sia accostabile, più che ai frescanti del battistero di Parma, alla miniatura veronese della prima metà del Duecento e in particolare propone l'accostamento con due codici del Nuovo Testamento conservati a Roma (BAV, Chigi A.IV.74; Vat. lat. 39), il secondo dei quali assegnato da Arslan (1943) alla prima metà del Duecento, ma che recentemente è stato datato al primo quarto del sec. 14° (Eleen, 1977). La stessa Segre Montel (1986b) ha proposto una cronologia di poco posteriore al 1250, anno di costruzione del palazzo mantovano, cronologia che sarebbe confermata dalla figura di Giovanni Bono, morto proprio a Mantova nel 1249: la presenza del frate eremita tra i santi ai lati della Madonna in trono costituirebbe infatti un ulteriore elemento a favore dell'identificazione del personaggio e soprattutto permetterebbe di circoscrivere l'esecuzione dei dipinti al 1251, anno in cui a Mantova iniziò il suo processo di canonizzazione. In ogni caso, pur accettando alcune delle ipotesi di Paccagnini (Mantova, 1960), Segre Montel (1986a) ritiene che non esista alcun rapporto con il ciclo del battistero di Parma e finisce per separare le vicende dei dipinti mantovani da quelli parmensi.Negli anni immediatamente successivi, le relazioni tra i due cicli sono tornate al centro dell'attenzione dopo i recenti restauri del battistero di Parma. Quintavalle (1987a; 1987b) infatti ritiene che G. corrisponda all'artista che affianca il maestro bizantino autore della Déesis e del Battesimo della nicchia dietro l'altare, pur dipingendo in modo sempre bizantineggiante, ma assai meno efficace, rapido e teso. Anche Bianchi (1986) sottolinea le strette affinità dei dipinti del battistero di Parma con quelli di Saint-Martin ad Aime e, a un diverso livello, con quelli del palazzo della Ragione di Mantova, anche se propone una cronologia intorno al 1250 e comunque entro il 1260. Fiaccadori (1986) ripercorre la vicenda di G., accetta la restituzione onomastica di Paccagnini (Mantova, 1960) e giunge alla conclusione che l'analisi paleografica delle iscrizioni confermerebbe il legame con Parma dei dipinti mantovani.Nella sostanza quindi, nel 1987, alla conclusione del restauro dei dipinti del battistero, la critica sembra sostanzialmente concorde nel sottolineare le strette relazioni tra i due cicli, mentre le differenze si incentrano soprattutto sui problemi cronologici. Quintavalle (1987a; 1987b) propone infatti il decennio tra il 1260 e il 1270, che coincide con la consacrazione del battistero parmense, mentre Fiaccadori (1986) anticipa di ca. un decennio l'esecuzione dei dipinti. Calzona (1989; 1991a; 1991b) ha riaffrontato la questione al fine di approfondire le sollecitazioni proposte da Paccagnini ritenute ancora corrette. Recentemente Boskovits (1988-1989; 1989) ha invece rimesso in discussione l'intera problematica escludendo che il G. di Mantova sia presente nell'impresa del battistero di Parma. Secondo lo studioso, il disegno "incisivo e di quasi geometrica precisione" dell'autore dei dipinti mantovani sarebbe completamente diverso da "quello che delinea con tratti energici le figure vigorose ed animate da uno spirito espansivo nella cupola del Battistero" (Boskovits, 1988-1989). A suo avviso, inoltre, i modi di G. sono da confrontare con quelli del miniatore che nel 1258 eseguì un codice emiliano ora a Firenze (Laur., Plut. 5.sin.2) o del maestro che pochi anni dopo, nel 1262, decorò una Bibbia conservata a Londra (Abbey Coll., S.A.7345). Senza sostanziali varianti, questa posizione è stata accettata da Bazzotti (1989) e da Pagella (1993). Bibl.: W. Arslan, La pittura e la scultura veronese dal sec. VIII al sec. XIII, Milano 1943; L. Ozzola, Pitture inedite a Mantova, BArte, s. IV, 38, 1953, pp. 169-171; Mantova. Le arti, I, Il Medioevo, a cura di G. Paccagnini, Mantova 1960, pp. 256-257; P. Toesca, Il Battistero di Parma, Milano 1960; O. Demus, Romanische Wandmalerei, München 1968, pp. 58, 65, 134 (trad. it. Pittura murale romanica, Milano 1969); M.L. Gavazzoli, Un'insolita iconografia di San Francesco di Assisi nel Battistero di Parma, Arte lombarda 17, 1972, 36, pp. 23-26, 44; id., Le pitture della cupola del Duomo di Parma e gli scritti di Gioacchino da Fiore, in Il Romanico, "Atti del Seminario di studi, Varenna 1973", a cura di P. Sanpaolesi, Milano 1975, pp. 111-163; L. Eleen, Acts Illustration in Italy and Byzantium, DOP 31, 1977, pp. 253-278: 255-258; F. Gandolfo, Gli affreschi del Battistero di Parma, in Il Medio Oriente e l'Occidente nell'arte del XIII secolo, "Atti del XXIV Congresso internazionale di storia dell'arte, C.I.H.A., Bologna 1979", a cura di H. Belting, II, Bologna 1982, pp. 193-201; C. Rossi Scarzanella, Gli affreschi duecenteschi del Battistero di Parma, AV 23, 1984, 2, pp. 5-14; G. Romano, Per i maestri del Battistero di Parma e della Rocca di Angera, in Scritti in memoria di Carlo Volpe, Paragone 36, 1985, 419-423, pp. 10-16; P. Angiolini Martinelli, Pittura del Duecento in Emilia Romagna, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 189-192; C. Segre Montel, Pittura del Duecento in Lombardia, ivi, 1986a, pp. 61-70: 62; id., Grixopolus, ivi, 1986b, II, p. 584; A. Bianchi, Il ciclo pittorico del Battistero di Parma. La cupola, FR, s. IV, 131-132, 1986, pp. 9-32; G. Fiaccadori, Grixopolus pictor parmensis. Dal Battistero al Palazzo della Ragione, ivi, pp. 33-37; A.C. Quintavalle, Battistero di Parma: il cielo e la terra, Parma [1987a], p. 8; id., A Parma, tutto il cielo in una cupola, Corriere della Sera, 12 ottobre 1987b; id., Il Battistero di Parma, Parma 1988; id., Il Battistero di Parma. Il cielo e la terra (Civiltà medievale), Parma 1989; A. Calzona, Grixopolus Parmensis al Palazzo della Ragione a Mantova e al Battistero di Parma, ivi, pp. 243-277; M. Boskovits, A proposito del ''frescante'' della cupola del Battistero di Parma, Prospettiva, 1988-1989, 53-56, pp. 102-108; id., Pittura e miniatura a Milano: Duecento e primo Trecento, in Il Millennio Ambrosiano, III, La nuova città dal Comune alla Signoria, a cura di C. Bertelli, Milano 1989, pp. 26-69: 33-35; U. Bazzotti, Il Medioevo. Da Matilde di Canossa ai Gonzaga, in Pittura a Mantova dal Romanico al Settecento, Milano 1989, p. 6; A. Calzona, Precisazioni sulla cronologia dei dipinti della cupola del Battistero di Parma, in Salimbeniana, "Atti del Convegno per il VII centenario di Fra Salimbene, Parma 1987-1989", Bologna 1991a, pp. 47-75; id., La rotonda e il palatium di Matilde, Parma 1991b, pp. 97-114; E. Pagella, Le pitture duecentesche del Battistero di Parma. L'esperienza dell'Oriente, in Battistero di Parma. La decorazione pittorica, Milano 1993, pp. 117-126: 120.A. Calzona