grossezza
Ricorre quattro volte, tutte nel Convivio, con senso intellettuale e materiale. Parlando degli antichi astrologi da cui Aristotele attinse l'opinione che i cieli fossero otto e non nove, D. qualifica i primi di g., ossia di " insufficiente dottrina ": Aristotile credette, seguitando solamente l'antica grossezza de li astrologi, che fossero pure otto cieli (II III 3). La parola è usata anche per definire l'ottusità di coloro che respingono ogni desiderio di sapere, e sta per " bestiale grossolanità ": Costoro sempre come bestie in grossezza vivono, d'ogni dottrina disperati (IV XV 14).
Negli altri due esempi, g. ha senso concreto: in Cv III VII 5 allude alla " compattezza ", " spessezza " della materia: li Angeli, che sono sanza grossezza di materia, quasi diafani per la purità de la loro forma; il termine era del linguaggio filosofico e D. lo ripete in VE I III 1 cum grossitie atque opacitate mortalis corporis humanus spiritus sit obtentus, derivandolo da s. Tommaso: " clauditur mens hominis ab alio homine per grossitiem corporis " (Sum. theol. I 107 1 ad 1). In III IX 12 indica la " densità " dei vapori atmosferici che offuscano la luce delle stelle: lo quale mezzo... transmuta la immagine de la stella che viene per esso, per la grossezza in oscuritade.