GROSSO DELLA ROVERE, Clemente
Figlio di Antonio Grosso e di Maria Basso, nacque a Savona intorno alla metà del sec. XV (era maggiore del fratello Leonardo, nato nel 1463).
Il G. rimase sempre molto legato alla propria città di origine, allora nella sua ultima fase di prosperità: sotto il dominio sforzesco Savona vide tutelate le proprie libertà commerciali dalle pretese dei Genovesi, ma il ritorno della dominazione francese ripristinò le vecchie convenzioni, favorevoli a questi ultimi.
La madre del G. era figlia di Luchina Della Rovere, sorella di Francesco, il futuro papa Sisto IV, e di Giovanni, del casato savonese dei Basso. A questi, come ad altre famiglie congiunte alla propria (tra gli altri i Gara, i Grosso, i Giuppo, i Franciotti, i Vegerio, i Riario), Sisto IV concesse l'adozione del cognome Della Rovere e garantì una significativa ascesa sociale ed economica; i Basso Della Rovere, in particolare, figurano nel Libro d'oro del Comune di Savona, che riporta l'elenco delle persone e delle famiglie nobili, o dichiarate tali dagli Anziani del pubblico. Di particolare favore presso Sisto IV godette uno zio del G., fratello della madre, Girolamo, che nel dicembre 1477 giunse al cardinalato insieme con altri tre nipoti del pontefice.
Non va dato credito, invece, a chi vorrebbe il G. cugino di Giuliano Della Rovere, poi papa Giulio II, e nipote diretto di Sisto IV, come figlio di una sorella di cui non sarebbe noto il nome (è quanto riferisce ad esempio il Ciaconio, e diversi storici odierni sono stati tratti in inganno da questa erronea tradizione). Che fosse figlio di Maria cugina di Giulio II lo testimonia, tra gli altri, il cronista Sigismondo de' Conti da Foligno, molto vicino alla famiglia Della Rovere, segretario particolare di Giulio II fin da prima della sua ascesa al pontificato e rimasto tale fino alla sua morte (1512).
Tra le famiglie savonesi favorite dal pontefice figurano dunque, a fianco ai Basso, anche i Grosso. Proprio ad Antonio, padre del G., sembra si possa far risalire la prima acquisizione, per la famiglia, del cognome Della Rovere, già apparentemente avvenuta alla data del 1470, ma per gli anni precedenti non provata da fonti documentarie: ancora in documenti savonesi del 1465 è citato solo come Antonius Grossus mentre nel 1470 è già Antonius de Ruvere olim Grossus.
Il padre del G. fu notaio del Comune di Savona per il quale rogò almeno dal 1447 al 1471, ricoprendo contemporaneamente la carica di notaio della curia civile del Comune. Non sicura invece, ma probabile, la sua identificazione - sostenuta tra gli altri dal Verzellino - con l'Antonio de Ruvere de Saona che si firma tesoriere nei registri della Camera apostolica perugina dal 1472 al 1476 senza far riferimento al cognome originario, contrariamente ad altri due nipoti di Sisto IV, Antonio e Bartolomeo Giuppo Della Rovere che ricoprono consecutivamente in quegli anni la carica di tesoriere della provincia del Patrimonio.
Numerosi i fratelli del G.: Galeazzo Antonio, Francesco Andrea, Bartolomeo, Leonardo, e le sorelle Nicoletta, Luchina e Isabella. Alcuni erroneamente menzionano Giovanni Antonio e Sisto Grosso Della Rovere tra i fratelli del G., di cui sono invece nipoti, in quanto figli di Bartolomeo. Matrimoni nobilitanti e assegnazioni di cariche ecclesiastiche o civili furono i mezzi attraverso cui i due pontefici Della Rovere, e in particolare Giulio II, procurarono buone posizioni economiche e sociali a tutti i loro nipoti, figli di Antonio Grosso e Maria Basso.
Della prima giovinezza del G. non abbiamo notizie, se non che entrò a far parte dell'Ordine dei frati minori, come prima di lui Sisto IV - che una volta divenuto generale dell'Ordine ne aveva tentato una riforma e aumentato le prerogative - e Giulio II, che dal 1474 dell'Ordine fu protettore.
Dal prozio Sisto IV il G. fu nominato, il 27 ott. 1483, vescovo di Mende, nella Lozère, dove gli succedette, dopo la morte, il fratello Francesco Andrea. Ma la sua attenzione dovette presto volgersi altrove: dal dicembre 1484 ricoprì infatti, per nomina del successore di Sisto IV, Innocenzo VIII, la carica di tesoriere di Perugia, già del padre Antonio (1472-76) e del fratello Galeazzo Antonio (1476-84).
Da Perugia (la cui Tesoreria assorbiva dal 1481 anche quelle di Foligno, Todi e Spoleto) il G. dovette informare il pontefice, già nel dicembre 1484, di una situazione di notevole disordine nell'amministrazione finanziaria.
Innocenzo VIII, il genovese Giovan Battista Cibo, dovette in buona parte la propria elevazione al soglio al cardinale Giuliano Della Rovere. Ciò determinò una forte crescita del potere della famiglia Della Rovere sotto il pontificato del Cibo, anche in termini di assegnazione di uffici ecclesiastici e di governo temporale. Dai registri della Tesoreria perugina si desume che il G. ricoprì la carica fino alla fine del 1486; non documentabile è invece la sua attività fino al 1493 quando, all'inizio del papato di Alessandro VI Borgia, ricevette in commenda l'abbazia cistercense di Bonnecombe, nella diocesi di Rodez.
L'inimicizia tra Alessandro VI e Giuliano Della Rovere e l'intesa tra quest'ultimo e Carlo VIII condizionarono la vita del G. per gli anni a seguire. Nel 1495, infatti, il cardinale Giuliano, dal 1471 legato ad Avignone, avendo scelto di seguire Carlo VIII nella sua discesa in Italia, decise di nominare (10 marzo 1495) il G. suo luogotenente generale e governatore degli Stati pontifici in Francia. Fissata dunque la propria residenza ad Avignone, il G. continuò a svolgere le sue mansioni anche dopo il ritorno in Francia dello zio e mantenne la carica fino al 1502, quando fu sostituito da Galeotto Franciotti Della Rovere, suo parente.
Le sorti del G. furono anche in seguito legate a quelle dello zio Giuliano, la cui elezione a pontefice, nel 1503, determinò un significativo balzo in avanti nella sua carriera ecclesiastica, dal momento che egli rientrò fra i quattro cardinali della prima creazione di Giulio II, il 29 novembre.
Insieme con il G. divennero cardinali Galeotto Franciotti Della Rovere, prediletto tra i nipoti del pontefice, l'arcivescovo di Narbona Guglielmo di Clermont e il vescovo di Siviglia Juan Zúñiga, creati, secondo Machiavelli, "perché la Chiesa avesse più aiuti, e sappiasi difendere da chi cercasse di occupargli il suo […]" (Machiavelli, Legazione XIII, lettera ai Dieci del 29 nov. 1503): il riferimento è evidentemente all'occupazione veneziana delle terre di Romagna.
Al G. fu assegnato il titolo di cardinale prete dei Dodici Apostoli, e contestualmente quello di S. Clemente. La promozione cardinalizia non gli consentì tuttavia, diversamente da quanto avverrà per il fratello Leonardo, di incidere con la sua presenza nel mondo romano, da cui fino ad allora era vissuto lontano: morì a Roma, con sospetto di avvelenamento, il 13 ag. 1504.
Secondo Verzellino, prima di morire avrebbe affrontato una lunga malattia e avrebbe trascorso diversi mesi a Piacenza. Fu sepolto in S. Pietro in Vaticano, nella cappella di Sisto IV.
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