GRUAMONTE
Non si conosce la data di nascita di questo scultore, e probabilmente anche architetto, attivo a Pistoia nella seconda metà del XII secolo.
La sua firma compare in un'iscrizione posta sul bordo dell'architrave del portale della chiesa di S. Andrea: "Fecit hoc op(us) Gruamons magist(er) bon(us) et Adeodat(us) frater eius"; mentre l'anno di esecuzione, il 1166, è ricordato in un'ulteriore iscrizione scolpita sull'intradosso.
Alcuni studiosi hanno contestato l'autenticità di questa data, i cui caratteri dimostrerebbero un'esecuzione non più antica del XVI secolo; attualmente, pur ammettendo l'ipotesi che la scritta sia tarda, si accetta comunque una datazione dell'opera al settimo decennio del XII secolo (Glass, p. 77).
L'architrave, inquadrato su tre lati da una cornice a motivi vegetali e con scene figurative, rappresenta il fulcro dell'apparato scultoreo del portale che comprende anche i due leoni, sostenenti l'archivolto superiore, e i sottostanti capitelli figurati, realizzati da quel "magister Enricus" la cui firma si legge sul capitello destro e che probabilmente faceva parte della bottega di Gruamonte. Le scene sull'architrave, riprodotte su uno sfondo interamente decorato con motivi di fiori e girali, rappresentano da sinistra a destra, secondo alcune interpretazioni, I re magi in viaggio ed Erode ordina la strage degli innocenti in un'unica rappresentazione e l'Adorazione (Ascani), secondo altre l'Arrivo dei magi alla corte di Erode - dove i tre re sono rappresentati a cavallo mentre un quarto personaggio, un messaggero inginocchiato, annuncia il loro arrivo a Erode seduto sul trono - e l'Adorazione (Glass). Lo stile di quest'opera, in cui non è facile distinguere le due diverse mani degli artefici, sebbene sia possibile ipotizzare un ruolo minore rivestito da Adeodato (solo G. è infatti detto nell'iscrizione "magister bonus"), dimostra lo stretto legame esistente tra i due artisti e l'arte del più famoso Guglielmo, autore del pulpito del duomo di Pisa (circa 1160) attualmente conservato nella cattedrale di Cagliari.
La decorazione dello sfondo è direttamente confrontabile con quella delle scene del pergamo cagliaritano come pure il ritmo e la posizione occupata dalle figure, la pesantezza dei loro panneggi, i volti lunghi e marcati. Se si accetta la seconda interpretazione della scena, la presenza del messaggero inginocchiato sarebbe piuttosto insolita, poiché il personaggio non compare nel testo biblico e non si ritrova in altre rappresentazioni della medesima scena; esso è stato allora identificato come il nunzio che compare nelle rappresentazioni sacre medievali ispirate alle storie dei magi (Glass, p. 15). Alcuni interessanti dettagli sono scolpiti sui troni di Erode e della Vergine: sul primo si distingue un drago nell'atto di afferrare un bambino, immagine che fu interpretata come la rappresentazione dell'anima di Erode posseduta dal demonio (Salmi, p. 89), ma che può anche essere considerata come una sorta di premonizione della strage degli innocenti; sul secondo compare invece una piccola figura alata benedicente che potrebbe rappresentare l'immagine dell'anima di Maria priva di peccato (Glass, p. 16). La scelta del soggetto iconografico, i magi, si collegherebbe alla posizione stessa dell'edificio, posto lungo il tratto urbano della via peregrinalis, e dunque al tema del pellegrinaggio (Gai, p. 192). Inoltre, l'opera si presterebbe secondo Glass (pp. 17 s.) e Gai (p. 196) a un'ulteriore interpretazione, strettamente legata alla realtà politica del periodo: solo due anni prima si era infatti verificata la traslazione delle reliquie dei magi da Milano a Colonia per volontà dell'imperatore Federico I, detto il Barbarossa, e questo episodio non poteva non avere risonanza in una città come Pistoia, fedele all'imperatore. Nel complesso scultoreo di S. Andrea, il più antico di quell'area della Toscana, G. avrebbe dunque fuso suggestioni bibliche ed eventi contemporanei.
La chiesa pistoiese di S. Bartolomeo in Pantano fu riedificata nel 1159. La sua orditura architettonica richiama quella di S. Andrea; la decorazione scultorea si limita al solo architrave del portale, sul quale sono raffigurate l'Incredulità di s. Tommaso e la Missione degli apostoli. Quest'opera, datata al 1167, è stata attribuita da parte della critica a G. per le evidenti analogie stilistiche con l'architrave di S. Andrea (Toesca, 1927, p. 838).
Anche qui si ritrovano la stessa attenzione per la decorazione degli sfondi, ornati con motivi di girali e fiori, e quel gusto per i pesanti panneggi già rilevati nelle figure dei magi. D'altro canto la grossolanità dei personaggi ha portato a ritenere più probabile che l'artefice possa essere piuttosto identificato con una figura minore seguace di G. (Glass, pp. 19 s.). Sull'esistenza e l'eventuale localizzazione della bottega non ci sono certezze e del resto non è neanche dimostrato che le sculture fossero realizzate in loco; semmai, alcune incongruenze rilevate nell'incastro tra i pezzi scultorei e l'orditura architettonica della facciata di S. Andrea, sembrerebbero dimostrare il contrario, rendendo plausibile l'ipotesi che G. non risiedesse stabilmente nemmeno a Pistoia (ibid., p. 50).
Il terzo architrave eseguito da G., con il probabile contributo della bottega, è quello del portale della fiancata settentrionale della chiesa di S. Giovanni Fuorcivitas, ricostruita alla metà del XII secolo all'esterno delle mura cittadine. Si ignora la data della realizzazione; mentre la paternità dell'opera è testimoniata da un'iscrizione scolpita sui conci marmorei dell'archivolto soprastante la porta: "Gruamons magister bonus fec(it) hoc opus". La posizione dell'iscrizione sembrerebbe avvalorare l'ipotesi che a G. si possa attribuire, non solo l'esecuzione del complesso scultoreo, ma anche la progettazione dell'intero ordine inferiore del prospetto.
L'organizzazione rigidamente geometrica della parete, interamente rivestita con marmi bicromi e scandita da un'intelaiatura di archeggiature cieche sostenute da esili lesene, evidenzia chiaramente l'influenza esercitata dalle coeve facciate pisane; mentre l'inserimento di motivi a losanga e l'utilizzo di intarsi a piccole tessere bianche e nere nei rinfianchi richiama analoghi motivi presenti in alcune chiese fiorentine. I medesimi riferimenti sono rintracciabili anche nelle altre due chiese pistoiesi; e questo sembrerebbe andare a sostegno della teoria secondo la quale G. potrebbe essere stato anche il responsabile della coeva ricostruzione di S. Andrea e di S. Bartolomeo, la cui uniformità tipologica e dimensionale tra struttura ed elementi scultorei è stata già sottolineata (Ascani). Si tratta di impianti basilicali a tre navate su colonne caratterizzati da uno spazio interno particolarmente ristretto e slanciato che sembra risentire del medesimo effetto di graficizzazione rilevabile nelle facciate.
La composizione del complesso scultoreo del portale di S. Giovanni Fuorcivitas è molto simile a quella di S. Andrea: anche qui s'incontra un doppio archivolto, composto da una fascia decorata con foglie d'acanto su una ghiera di conci marmorei bicromi che poggia su due leoni scolpiti; la fascia sottostante è decorata con motivi floreali mentre l'architrave vero e proprio poggia su una coppia di capitelli scolpiti a foglie d'acanto. Sull'architrave è rappresentata l'Ultima Cena, uno dei temi iconografici più frequenti nella cerchia di Guglielmo; una migliore resa scultorea dei personaggi - seduti frontalmente a una lunga tavola coperta da una tovaglia il cui drappeggio ondulato scandisce e fissa la rigida posizione di ogni singola figura - e dei piani del rilievo suggerisce per quest'opera una datazione tarda rispetto alle precedenti, corrispondente grosso modo al nono decennio del secolo (Glass, p. 25).
A G. e alla sua bottega è stata attribuita una serie di altre opere di anonima fattura i cui caratteri stilistici denotano una chiara discendenza dall'arte di Guglielmo e la contemporanea presenza di alcune caratteristiche stilistiche già ravvisate nelle opere autografe di Gruamonte.
In particolare, la coeva decorazione scultorea della facciata di S. Iacopo della Magione di Altopascio, il più tardo pergamo della pieve di S. Michele in Groppoli, datato al 1194 e raffigurante la Natività e la Fuga in Egitto, e due formelle istoriate facenti parte del distrutto pulpito del duomo di Pistoia con la Visitazione e Cena e cattura di Cristo rinvenute sotto il pavimento della chiesa e conservate nella cripta. Non è possibile stabilire con certezza se queste opere possano rappresentare un'ulteriore fase di sviluppo dell'arte di G. o se, piuttosto, siano da attribuire ad altri artefici formatisi nella sua bottega, che attraverso la loro attività potrebbero aver contribuito a una diffusione nella regione dei modelli elaborati da Gruamonte.
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