GRUE
. Famiglia di ceramisti di Castelli (Teramo) il cui nome originario si suppone fosse Truvo (Truo).
Del capostipite Francesco Antonio (1594-1673) sono noti un quadro di mattonelle maiolicate (Madonna di Loreto, 1647), nella parrocchiale di Castelli e una targa (l'Angelo Custoda, 1677) già nella coll. De Minicis di Fermo. Carlantonio, suo figlio (1655-1723), è il caposcuola dell'arte castellana per il nuovo sentimento della natura e i nuovi valori cromatici sviluppati nelle sue maioliche a paesi e a storie sacre e profane (desunte da modelli dei maestri della pittura eclettica bolognese e della grande scuola napoletana contemporanea: Salvator Rosa, Giordano, Solimene, ecc.) che usa talora firmare anche in oro con la sigla C.A.G. (coll. Fuschi di Castelli; museo di S. Martino in Napoli). Con l'opera sua e quella dei figli la maiolica castellana acquista un carattere inconfondibile, specialmente per l'effetto pallido dei colori dolcemente armonizzati, che influì anche su altre officine italiane del Settecento.
La produzione è copiosissima e varia: mattonelle, cornici, scatole, pale d'altare, oltre all'infinita varietà di stoviglie e di targhe d'ogni dimensione, a soggetti storici e allegorici, scene di caccia, di costume, di genere, animali, fiori e marine, in buon disegno, ma soprattutto paesi. Generalmente ai soggetti mitologici si sostituiscono scene religiose, con figurazioni racchiuse da intrecci di acanto, di fiori naturalistici con elementi architettonici, putti carnosi, trofei, ecc. Nella tavolozza dominano il giallo e il verde oliva chiaro; l'azzurro è pallido; il rosso è sostituito da un moderato uso di arancione; il manganese dà delicati toni di violetto; le carnagioni sono olivastre; nelle vesti predomina un turchino leggiero e un giallo ocraceo. Spesso i pezzi sono lumeggiati d'oro.
Francesco Antonio Saverio, figlio di Carlantonio (1686-1746), studiò col pittore Lavalle da Penne, poi in Urbino, dove si laureò. Capeggiò nel 1716 una sommossa contro il feudatario locale per un aggravio sui maiolicari. Molti di questi vennero espulsi e da tale esodo ebbero origine officine prossime a Castelli (Rapino, Atri, Teramo, ecc.); F.A.S. fu incarcerato per più anni alla Vicaria di Napoli. Lavorò anche per i signori dei luoghi vicini, e talora con motti bizzarri e pungenti. Variamente eclettico, preferì la pittura a figure. Re Carlo III lo ebbe a Capodimonte. Dipinse anche vasi con poesie dedicate alla Madonna di Loreto, ora conservati nella raccolta di quel Santuario (uno è datato 1739).
Degli altri G. ricordiamo Anastasio (1691-1742) principalmente paesista; Liborio (1702-1776) che col fratello Aurelio fu ad Atri, poi a Teramo: pittore accuratissimo di scene storiche e di figure muliebri, con largo impiego di lumeggiature d'oro; Saverio (1731-1806 circa), che viaggiò all'estero, conobbe i segreti della pittura "a piccolo fuoco", e fu chiamato da Ferdinando IV a Napoli alla ripresa della Manifattura borbonica di porcellana, della quale divenne direttore.
Bibl.: D. Bonghi, Intorno alle maioliche di Castelli, Napoli 1856; C. Rosa, Notizie storiche delle maioliche di Castelli, Napoli 1857; F. Bernabei, Delle maioliche di Castelli, in Nuova Antologia, agosto 1876; C. Cherubini, De' Grue, Napoli 1865; V. Bindi, Le maioliche di Castelli, Napoli 1881; Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi, Napoli 1889, passim; B. C. K., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XV, Lipsia 1922 (con bibliogr.); C. Nicodemi, Franc. Ant. Grue nella rivolta di Castelli al Marchese della Valle Siciliana, Castellamare Adr. 1926; O. Rebuffat, The Maiol. of Castelli, in Trans. of the Ceram. Soc. Stoke-on-Trent, XXIX (1930), p. 111 segg.