GRYLLOI (Γρύλλοι, grylli)
Termine, tramandato dalle fonti letterarie antiche, col quale era designato un genere di raffigurazione grottesca e caricaturale, sulla cui precisa natura si sono formulate svariate ipotesi.
Il creatore di questo genere, secondo un passo di Plinio (Nat. hist., xxxv, 114), sarebbe stato il pittore Antiphilos, il quale: iocosis nomine Gryllum deridiculi habitus pinxit, unde id genus picturae grylli vocantur. Antiphilos (v.) avrebbe cioè dipinto in quadretti scherzosi un tale di nome Gryllos, di aspetto ridicolo e a questo genere di pittura si sarebbe poi dato il nome di grỳlloi. Dal passo di Plinio non risulta peraltro se questo Gryllos fosse di aspetto ridicolo in se stesso, oppure se fosse stato raffigurato in caricatura dal pittore, sussistendo anche la possibilità che l'artista avesse accentuato caricaturalmente l'aspetto già di per sé ridicolo del soggetto (v. caricatura).
Si è pensato che poiché il nome Gryllos richiama quello di γρῦλος che significa porco, Antiphilos avesse fatto la caricatura di un Gryllos raffigurandolo con testa di porco, giocando sull'assonanza del nome, e si sono richiamate a questo proposito varie immagini ellenistiche di uomini con teste animalesche o di aspetto animalesco, credendo di poterle identificare con i grỳlloi ricordati da Plinio. Il quadretto parodistico pompeiano con la fuga di Enea da Troia impersonato da scimmiesche figure di cinocefali rientrerebbe secondo questa teoria nel genere dei grỳlloi. Altri hanno invece congetturato che i g. fossero quelle immagini composite, eclettiche, con parti umane fuse con altre animalesche, mostruose, con maschere, in composizioni fantastiche ed astratte, che compaiono in una serie di gemme ellenistico-romane.
Si è notato d'altro canto che Gryllos difficilmente può essere un nome proprio e si è avanzata l'ipotesi che la fonte pliniana avesse la notizia che Antiphilos aveva dipinto γρύλλον τινά, cioè un quadretto del genere dei g. fraintesa poi come riferentesi a un individuo di questo nome (Gryllum nomine). Lo Pfuhl pensò che il passo riguardante Antiphilos rispondesse ad una spiegazione etiologica del genere dei g. diffuso nell'ellenismo. Si è peraltro richiamato un passo di Frinico (Praepar. sophist., ed. Borries, p. 58) in cui si distingue nettamente γρῦλος = porco e γρυλισμός = grugnito, da γρύλλος e γρυλλισμός: γρύλλος δὲ διὰ δυοῖν λλ ὀρχήματος εἶδός ἐστιν᾿ ἡ μὲν οὖν ὄρχησις ὑπὸ τῶν Αἰγυπτίων γρυλλισμὸς καλεῖται, γρύλλος δὲ ὁ ὀρχούμενος. Il gryllismòs è dunque un genere di danza egizia e grỳllos è il danzatore, e da un altro passo dello stesso autore sappiamo più precisamente che si tratta di una danza grottesca e sconveniente: γρυλλίζειν.... ἐπὶ τῶν ϕορτικῶς καὶ ἀσκημόνως ὀρχούντων.
Questo elemento grottesco, brutto, volgare, licenzioso che caratterizzava la danza detta gryllismòs appare confermato da un passo di Filodemo (Rhetorica, ed. Sudhaus, ii, p. 297) citato dal Binsfeld, che, parlando dei diversi generi di technìtai riguardo al pittore oppone la creazione dei bei quadri al dipingere g., cioè quadri di soggetto brutto (τὴν ϑέλησιν οὐ προσειλήϕασιν ..... ὁ δὲ (sc. ζωγράϕος) τοῦ καλοὺς δημιουργεῖν πίνακας ἀλλὰ τοῦ γρυλλογραϕεῖν).
Anche Iohannes Ieiunator, patriarca di Costantinopoli del VI sec., che attinge a fonti più antiche, in un passo riportato dal Binsfeld (De poenitentia, Migne, P. G., lxxxviii, p. 1972 C) opp6ne le immagini di grande statura di armoniose proporzioni e di bell'aspetto a quelle ridicole e dall'aspetto di g.: Εἶδές ποτε εἰκόνας πῶς αἱ μὲν (sc. εἰκόνες) τῶν προσώπων εἰσὶν εὐμήκεις καὶ εὐμεγέϑεις καὶ περικαλλεῖς αἱ δὲ γρυλλοειδεῖς καὶ καταγέλαστοι.
Da queste ultime fonti sembra di dover dedurre che g. si chiamavano le rappresentazioni di danzatori grotteschi, laidi, dai volti brutti, diffuse nell'ellenismo e la cui origine non è improbabile che debba ricercarsi nell'ambiente egizio e nell'arte alessandrina. Non è senza significato infatti che Antiphilos, a cui la tradizione attribuiva l'invenzione dei g., fosse egiziano e che questi danzatori grotteschi, pigmeoidi, dai glutei sporgenti, dai gesti lascivi, che dimenano fianchi, gambe, che agitano le bacchette incrociate nelle mani o suonano le nacchere in uno scomposto gesticolio, talvolta muniti di conici berretti, siano spesso inseriti in paesaggi nilotici, dei quali nel mondo romano abbiamo svariate rielaborazioni in pitture, mosaici, terrecotte. A questo genere possono allora riportarsi le note statuette bronzee di Mahdia con i danzatori pigmeoidi grotteschi e lascivi, probabili originali di arte alessandrina. Già lo Schreiber aveva chiamato g. i tipi dei danzatori grotteschi con i cappelli conici.
In un papiro di Ossirinco (n. 2331) del III sec. d. C. con accenno alle imprese di Eracle, appare in un contesto lacunoso la parola γρυλλω, non sappiamo con quale preciso riferimento, ma non è improbabile che il nome di g. fosse dato non solo alle scene di danza grottesca, ma anche a quelle con personaggi deformi, brutti, caricaturali e specialmente alle parodie mitologiche (v. ktesilochos; galaton) con interpreti pigmeoidi e grotteschi nel gusto ellenistico. Il quadretto pompeiano del cosiddetto Giudizio di Salomone potrebbe rientrare in questo genere e un interessante campionario ce ne offre un fregio frammentario della Casa del Menandro a Pompei con scene parodistiche mitologiche nelle quali compaiono Teseo e il Minotauro, Eros che sta per colpire un'eroina insieme ad Afrodite e ad Iris, Pasiphae ed Epithymia, Atena, tutti con teste abnormi e corpi grotteschi, in pose comiche, schizzati con disinvoltura e con scorrevole sommarietà, che potrebbe richiamare la facilitas che caratterizzava lo stile di Antiphilos (Quintil., xii, 10, 6).
Precedenti di questi aspetti grotteschi si potrebbero additare nei danzatori imbottiti creati nella ceramica corinzia del VII sec. a. C. e poi nelle scene parodistiche e umoristiche sui vasi cabirici (v.) della seconda metà del V sec. a. C., nei tipi di pigmei e in altre figurazioni della ceramica attica, sicché Antiphilos può aver portato su un piano di grande arte, del quadro di cavalletto, questi spunti precedenti, facendone un vero e proprio genere di carattere scherzoso e caricaturale.
Bibl.: H. Brunn, Geschichte der griech. Künstler, II, Stoccarda 1889, p. 248 ss.; Th. Schreiber, in Ath. Mitt., X, 1885, p. 392 ss.; A. Dieterich, Pulcinella, Lipsia 1897, p. 34 ss.; A. Furtwängler, Gemmen, II, Berlino-Lipsia 1900, p. 353 ss.; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., II, p. 770 ss.; M. Swindler, Ancient Painting, New Haven 1929, p. 274; A. Roes, in Journ. Hell. Stud., LV, 1935, p. 232 ss.; id., in Studies Presented to D. M. Robinson, II, p. 1162 ss.; D. M. Robinson, in Hesperia, Suppl. VIII, p. 321 ss.; A. Maiuri, La Casa del Menandro, Roma 1932, p. 127 ss. e 471; G. Patroni, in Enc. Ital., XVII, p. 967, s. v. Grilli; G. Bendinelli, Le pitture del Colombario di Villa Pamphili, in Mon. Pitt. Ant., III, Roma V; K. Latte, in Glotta, XXXIV, 1955, p. 190 ss.; W. Binsfeld, Grylloi, Dissert., Colonia 1956, con tutta la bibliografia più particolare. Vedi inoltre la bibliografia citata sotto le voci: caricatura; antiphilos; cabirici, vasi; pigmei.