Gu Yanwu
Filosofo cinese (n. Kunshan, Jiangsu, 1613 - m. 1682). Nato in un’antica e importante famiglia, si chiamava originariamente Gu Jiang, nome che però mutò in G.Y. con l’avvento della dinastia mancese. Si distinse per una profonda fedeltà agli ideali culturali e politici della dinastia Ming (1368-1644), pur criticando le diffuse mode letterarie dell’epoca e la dottrina di alcuni eminenti pensatori della rinascenza confuciana, in partic. dei fratelli Cheng Hao (➔) e Cheng Yi (➔), e addirittura dello stesso Zhu Xi. Tali pensatori avevano contribuito all’affermazione dell’idea di uno Stato centralizzato, vera causa, secondo G.Y., della profonda crisi socio-politica della sua epoca. Aver privato i funzionari locali del diretto governo della cosa pubblica aveva inevitabilmente indebolito l’amministrazione dell’intero impero. G.Y. raccomandò invece, contro una tendenza consolidatasi nei secoli, di assegnare cariche di governo locale ai soli membri delle famiglie già distintesi in tale esercizio, considerando il principio dell’ereditarietà e l’inclinazione naturale per l’interesse personale le uniche condizioni atte a garantire stabilità e sicurezza a tutte le aree periferiche dell’impero. G.Y. esortò così l’uomo di governo alla coltivazione del proprio interesse (si), ma in vista del conseguimento del bene pubblico (gong), e, al tempo stesso, esortò l’imperatore al perseguimento del solo bene pubblico per equilibrare ogni eccesso individuale. Lo studio deiclassici, cui G.Y. si dedicò anche in età matura, era l’unica via per restaurare l’originaria civiltà cinese. A tale studio fondamentale dedicò una ricca raccolta di note, intitolata Rizhi lu («Memorie di conoscenza quotidiana»), considerata la summa del suo pensiero sull’arte confuciana del buon governo.