GUADAGNI
Famiglia fiorentina di orafi attivi tra Settecento e la prima metà dell'Ottocento.
Nelle carte relative alle matricole dell'arte di Por Santa Maria di Firenze, corporazione alla quale aderivano gli orafi della città, si rintracciano notizie frammentarie su alcuni membri della famiglia fin dal Seicento; ma è comunque solo con Giuseppe e Vincenzo, figli di Tommaso di Pier Antonio, che sembra nascere una bottega il cui patrimonio verrà tramandato continuativamente di padre in figlio fino alla metà dell'Ottocento.
Giuseppe risulta immatricolato in data 30 maggio 1752 e compare come successore dell'orefice Angelo Miccinesi. Vincenzo, immatricolato il 4 sett. 1767, è ricordato in qualità di titolare della bottega nella quale in precedenza esercitava Filippo d'Agliana.
È con un terzo membro della famiglia, Giambattista, che in questi stessi anni i G. iniziano a segnalarsi nell'ambiente degli orafi e argentieri fiorentini, sia per la qualità della loro produzione, sia per l'attività istituzionale a favore dell'arte. Ricordato fin dal 1761 come lavorante presso la bottega dell'argentiere Francesco Loi, Giambattista risulta essere iscritto tre anni più tardi alla Compagnia degli orafi dedicata a s. Eligio, nella quale compare ricoprendo varie cariche fino all'aprile 1780. Nel 1795 è menzionato tra i maestri con bottega sul ponte Vecchio, luogo deputato alla lavorazione e al commercio dei preziosi fin da quando, nel 1593, il granduca Ferdinando I de' Medici l'aveva riservato agli orafi per liberare il ponte dalle botteghe dei beccai e dei pizzicagnoli. Morì nel 1806 lasciando l'opificio al figlio Gaetano che già vi lavorava.
Allo stato attuale delle ricerche pochi lavori sono riconducibili all'attività di Giambattista, la cui produzione è contrassegnata dal marchio con le iniziali "GG" in campo rettangolare. Sono tuttavia da segnalare un calice in argento nella chiesa di S. Felice in Piazza a Firenze e un pregevole ostensorio nella chiesa di S. Maria Novella, donato nel 1799 dal vescovo di Luni - Sarzana Vincenzo Maria Maggioli, che testimoniano chiaramente del livello della produzione e degli stretti rapporti con la curia cittadina.
Gaetano, nato a Firenze nel 1778, subentrò al padre nella conduzione della bottega divenendone titolare nel 1810 e viene citato nel censimento napoleonico del 1811. La fortuna del suo laboratorio è attestata non solo dalle ricorrenti commissioni da parte della corte lorenese, ma soprattutto - in continuità con il padre - dalla presenza di numerose argenterie sacre presso gran parte delle chiese della Toscana. Tra il 1814 e il 1824 Gaetano eseguì alcune suppellettili per la cappella della Ss. Annunziata nella villa di Poggio Imperiale che evidenziano l'avvenuta adesione della produzione al linguaggio neoclassico imperante. Nel 1821 realizzò un reliquiario per l'Arciconfraternita della Misericordia di Firenze commissionato dalla Congregazione dei Suffragi. In questo arredo il maestro ripropone reinterpretandoli elementi strutturali e decorativi propri del linguaggio secentesco, come la figura dell'angelo a tutto tondo che sostiene la teca e i rigogliosi decori a foglie d'acanto. L'anno seguente eseguì per la chiesa di S. Maria Novella un secchiello d'argento, donato dal frate domenicano Rosario Gabbiani.
Si tratta di un arredo di notevole livello qualitativo, nel quale si riconosce lo stile peculiare del maestro, affidato al contrasto tra le superfici levigate e le zone riccamente lavorate a cesello e all'uso di temi decorativi semplici, quali il motivo ad "ali di pipistrello".
Il nome di Gaetano ricorre frequentemente nei libri della sagrestia di S. Maria Novella tra il 1826 e il 1835, chiamato in qualità di orafo di fiducia per continui lavori di "rassettatura e pulitura" delle argenterie sacre della basilica.
Tra il 1825 e il 1826 viene ricordato nei libri contabili della corte per diversi lavori eseguiti per le figlie infanti della coppia granducale. L'anno successivo è impegnato, in qualità di orafo di fiducia della cattedrale di Prato, in frequenti interventi di manutenzione alle argenterie e nella realizzazione di nuove suppellettili sacre.
Tra queste si ricorda il busto reliquiario di S. Corbulina - oggi esposto nel Museo dell'Opera del duomo di Prato - in argento lavorato a sbalzo e a cesello, realizzato nel 1827, in sostituzione di un'antica teca quattrocentesca portata a fondere nel 1799 per recuperarne il prezioso materiale. Il busto della santa, raffigurata con equilibrata e classica compostezza, è sostenuto da una base ellittica profilata da cornici modanate decorate con palmette inscritte in archi ogivali alternati a gigli stilizzati e retta da quattro piedini a sfera.
Ancora agli inizi degli anni Trenta del secolo il maestro risulta impegnato per la corte che sembra prediligere il suo stile elegante e sobrio: si tratta della committenza di alcuni pezzi della toilette destinata alla granduchessa Maria Antonia di Borbone, seconda moglie del granduca Leopoldo II.
All'interno di questo nucleo, oggi conservato al Museo degli argenti di Firenze, si segnala il raffinato e imponente specchio basculante in argento sbalzato e cesellato, opera di accurata fattura. Ancora per la corte nel 1835 eseguì il mantellino in lastra d'argento per l'immagine dell'Annunziata nella cappella della chiesa omonima, donato dalla granduchessa Maria Antonia in rendimento di grazie per la tanto attesa nascita dell'erede, Ferdinando. Per questa prestigiosa committenza Gaetano si avvalse della collaborazione dell'abile cesellatore fiorentino Giovanni Stanghi e dell'aiuto del figlio Giovanni che porterà a termine il lavoro alla morte del maestro. Le argenterie prodotte in questi anni sono contrassegnate dai marchi con la scritta "Guadagni" e dalle lettere "GG", entrambe in losanga.
Gaetano morì nel 1836.
Nato a Firenze nel 1800, Giovanni è ricordato fin dal 1826 come attivo presso la bottega paterna, della quale divenne titolare dieci anni più tardi. Nel 1841 è censito tra i parrocchiani del "popolo" di S. Lucia dei Magnoli. È ricordato inoltre come orafo di fiducia per la corte, a testimonianza di quella continuità di rapporti instaurati diversi decenni prima attraverso il padre Gaetano: le commissioni furono comunque sporadiche (si ricordano alcuni candelieri da tavola e degli scaldaletti in argento) a indicare, da una parte, le ristrettezze della corte, dall'altra, la perdita di una caratterizzazione stilistica che potesse dirsi fiorentina da parte delle botteghe cittadine, aggravata dalla non competitività con la produzione di altri centri che finì per avvantaggiare l'importazione. La bottega di Giovanni continuò invece a mostrare una notevole vitalità nel settore delle suppellettili ecclesiastiche; il maestro fu chiamato continuamente anche per lavori di restauro e di recupero di antiche argenterie, attività che in precedenza aveva svolto assiduamente anche il padre presso diverse chiese fiorentine.
Particolarmente intensa fu l'attività per la cattedrale di Prato, per la quale eseguì tra il 1840 e il 1842 un fornimento per legatura, tre carteglorie e sei candelieri d'argento con riporti dorati per l'altare della Madonna del Sacro Cingolo. Giovanni morì a Firenze il 1° apr. 1869.
Le argenterie della bottega di Giovanni sono contrassegnate dagli stessi punzoni utilizzati negli anni della conduzione del padre Gaetano, con la scritta "Guadagni" e dalle lettere "GG", in losanga.
Fonti e Bibl.: M.E. Bastianelli, Argenti fra sacro e profano. Dall'invasione francese a Firenzecapitale, 1800-1871, in Argenti fiorentini dal XV al XIX secolo. Tipologie e marchi, a cura di D. Liscia Bemporad, I, Firenze 1993, pp. 269-313, 416; R. Fantappiè, Argenti a Prato nell'Ottocento, in L'Ottocento a Prato, Firenze 2000, pp. 345-347; E. Nardinocchi, Oreficeria,argenteria e legature di gioie, in Arti fiorentine. La grande storia dell'artigianato, IV, L'Ottocento, a cura di M. Bossi - G. Gentilini, Firenze 2001, pp. 213-217.