guadagno
E più spesso adoperato in uso peggiorativo e manca nella terza cantica.
Nel secondo sonetto della tenzone con Forese, D. allude velatamente a un'arte praticata dall'amico, da cui questi potrà ricavare grande profitto, però ch'ell'è di molto gran guadagno (Rime LXXV 11). Qualunque sia quell'arte (verosimilmente quella del furto, come suppone il Barbi), g. è " lucro " nel senso deteriore del termine. La parola ritorna in If XVI 73 La gente nuova e i sùbiti guadagni, e il suo ambito allusivo non muta: si tratta delle rapide fortune male acquistate " co' viaggi e con l'usure " (Ottimo), ovvero, per dirla al modo di D., per illicito procaccio... illicito dico, quando è per furto o per rapina (Cv IV XI 7).
Il senso di g. volge al figurato, in Pg XXIV 129 colpe de la gola / seguite già da miseri guadagni: gli antichi commentatori intendevano qui " le colpe della gola seguitate e nutricate dalli inliciti... e, per conseguente, miseri guadagni; però che delli inliciti guadagni si fanno le disordinate spese " (Ottimo), dando dunque a seguite il senso di " derivate "; ma il valore del termine, dato per antifrasi e corretto dall'aggettivo miseri, è piuttosto quello di " danni " e " castighi ", unico frutto del vizio della gola.
Nel senso buono di " premio ", " profitto ", in Cv IV XXVIII 11 essa [l'anima] si rimembra de le sue diritte operazioni, sanza le quali al porto, ove s'appressa, venire non si potea con tanta ricchezza né con tanto guadagno. Mantenendo la metafora economico-morale, D. adopera come sinonimo procaccio (§ 12), che però (v. il passo sopra riportato) ha bisogno di una determinazione (licito o illicito).
Nel Fiore g. ricorre una sola volta (CXIII 8 è rio / il tempo e' lor guadagni sì son frali), ed è " profitto di elemosine " raccolto da persone... / che van cherendo lor vita per Dio (v. 2). Vedi anche GUADAGNARE.
Bibl. - Barbi, Problemi II 100.