OCRE, Gualtiero da
OCRE, Gualtiero da. – Nacque presumibilmente intorno al 1200 da una famiglia feudale abruzzese.
Il principale esponente del casato, Berardo d’Ocre, talvolta indicato troppo sbrigativamente come padre di Gualtiero, compare nel 1201 come signore di Butera e Paternò, in Sicilia, e nel 1222 come conte di Albe, in Abruzzo.
Gualtiero è ricordato per la prima volta nel febbraio 1236, con il titolo di magister, come cappellano e messo di Federico II presso la corte del re d’Inghilterra Enrico III, cognato dell’imperatore, dove rimase almeno fino al maggio successivo. Grazie alla sua fedeltà e a un’indiscussa abilità diplomatica fece una brillante carriera presso la corte sveva: notaio della cancelleria almeno dal marzo 1238, fu uno dei principali esponenti della diplomazia federiciana, impegnato in numerose missioni in Germania, in Francia e, soprattutto, in Inghilterra, dove fra il 1236 e il 1248 soggiornò anche per lunghi periodi, al punto da essere considerato come un ambasciatore imperiale presso il re inglese, «nuncius consuetus» lo definisce il cronista Matteo Paris (1866, p. 492).
Nel giugno 1245 fece parte della legazione imperiale guidata da Taddeo da Sessa al concilio di Lione e, quando fu chiara l’intenzione ostile di Innocenzo IV, raggiunse a Verona Federico II per informarlo del cattivo andamento delle cose, con l’intento di tornare presso il concilio entro 20 giorni in compagnia dell’imperatore o con le sue istruzioni. Tuttavia il pontefice, senza aspettare Gualtiero, che stava rientrando a Lione con Pietro della Vigna, il 17 luglio depose solennemente l’imperatore.
Ai primi di settembre, ancora una volta in compagnia di Pietro della Vigna, fu inviato presso Luigi IX di Francia, per illustrare le posizioni imperiali, denunciare il comportamento di Innocenzo IV e ottenere una mediazione del sovrano francese.
Dopo la presa di Capaccio (luglio 1246), che segnò il fallimento della congiura contro Federico II ordita da Tebaldo Francesco, Gualtiero inviò, apparentemente a titolo personale ma certo nell’interesse dell’imperatore, un dettagliato resoconto al re d’Inghilterra con i particolari della rivolta e della sua repressione. Peraltro, giustiziato Tebaldo – che appare legato da vincoli parentali agli Ocre e che aveva amministrato la baronia di Ocre, nei pressi dell’Aquila, per conto dei nipoti, figli di Berardo II d’Ocre – Federico II concesse a Gualtiero la stessa baronia, poi persa nel 1251 a favore del conte Tommaso di Celano.
Il 21 aprile 1247, in qualità di procuratore di Federico II, concluse a Chambéry i patti matrimoniali tra Manfredi, figlio naturale dell’imperatore, e Beatrice di Savoia, figlia del conte Amedeo IV e vedova di Manfredi III marchese di Saluzzo. Nello stesso anno, secondo voci poco fondate riportate da Matteo Paris, avrebbe organizzato a Lione una congiura per attentare alla vita di Innocenzo IV. Sul finire del 1248 negoziò, sempre per conto di Federico II, un’alleanza con il marchese di Monferrato. Le sue capacità diplomatiche e la sua indiscussa fedeltà furono premiate, nel corso dello stesso anno, con la promozione al rango di familiare dell’imperatore.
Meno lineare appare la sua carriera ecclesiastica: il 1° febbraio 1247 fu rimosso da Innocenzo IV dalla prepositura di S. Eusanio nella diocesi di Forcona perché giudicato indegno; pochi mesi dopo, il 3 ottobre, lo stesso papa giudicò nulla la sua elezione a vescovo di Valva (Sulmona) perché imposta dal potere laico, ma questo non impedì a Gualtiero di amministrare la diocesi valvense con il titolo di eletto almeno fino al 1248, quando fece eseguire alcuni lavori presso la chiesa di S. Pelino. Nel frattempo fu eletto arcivescovo di Capua (marzo 1247), ma ancora una volta non ottenne la conferma pontificia e amministrò i beni della Chiesa capuana per volontà dell’imperatore e con il titolo di eletto fino al giugno del 1249 quando, in seguito alla condanna e alla morte di Pietro della Vigna, assunse la direzione della Cancelleria regia e rinunciò alla diocesi capuana.
Dopo la morte di Federico II, sembrò l’unico capace di assicurare una certa continuità nella gestione della Cancelleria: nel novembre 1251 si recò in Lombardia per ricevere Corrado IV di Svevia, che lo nominò cancelliere del Regno di Sicilia, e imbarcatosi in Istria sulle navi inviate da Manfredi, lo accompagnò a Siponto, dove il nuovo re sbarcò il 13 gennaio 1252.
Nel corso del 1252 Corrado IV, impegnato nella riconquista del Regno, lo inviò con Bertoldo di Hohenburg e con l’arcivescovo di Trani, uomini scaltrissimi e di grande astuzia, secondo il biografo del papa Niccolò da Calvi (Nicola da Carbio, 1898, p. 108), presso Innocenzo IV con la vana speranza di riaprire le trattative con il pontefice e di ottenere il riconoscimento del suo diritto alla successione di Federico II.
L’anno successivo fu al fianco di Corrado durante l’assedio di Napoli e ottenne nuovamente la baronia di Ocre. Quindi, nel gennaio 1254, fu nominato cancelliere del Regno di Gerusalemme, titolo che utilizzò con quello di cancelliere del regno di Sicilia fino al luglio 1259.
Dopo l’improvvisa morte di Corrado IV si schierò apertamente con Manfredi, di cui fu uno dei più stretti collaboratori: nel luglio 1254 lo accompagnò ad Anagni per trovare un’intesa con il pontefice; nell’autunno successivo, dopo essere stato al fianco del principe svevo in occasione della avventurosa fuga da Capua, fu inviato insieme con Goffredo da Cosenza a Troia per tentare di trovare un accordo con il legato pontificio Guglielmo Fieschi e con Bertoldo di Hohenburg; nel febbraio 1255, dopo che Manfredi ebbe riconquistato la città ribelle di Mesagne, che gli era stata concessa in feudo, ne pretese la distruzione; nel 1256 cedette la baronia di Ocre a Galvano Lancia, che aveva sposato una sua consanguinea, Margherita d’Ocre; nel luglio 1257 fu presente, nei pressi di Melfi, alla ratifica del trattato tra Manfredi e Genova e nel settembre successivo, a San Gervasio, alla firma degli accordi politico-commerciali con Venezia.
Dopo l’incoronazione di Manfredi (11 agosto 1258) fu uno dei più fidati e leali collaboratori del nuovo re di Sicilia e ne sottoscrisse, come datario, la maggior parte dei documenti.
La sua ultima attestazione come cancelliere del Regno di Sicilia è in un documento regio redatto a Foggia nel marzo 1263 (Regesta Imperii, V, p. 875) e la sua morte può essere ragionevolmente collocata fra il marzo e l’aprile dello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Nicolò di Jamsilla, Historia de rebus gestis Friderici II imperatoris ejusque filiorum Conradi et Manfredi Apuliae et Siciliae regum ab anno MCCX usque ad MCCLVIII, in L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, VIII, Milano 1726, coll. 517, 525, 535, 546; T. Rymer, Foedera, conventiones, literae …, I, Den Haag 1745, pp. 124, 126; G. Rossi, Memoriale di notizie storico-critiche spettanti a G. d’O. gran cancelliere de’ Regni di Sicilia e Gerusalemme sotto Federico II, Corrado, e Manfredi, Napoli 1829; M. Paris, Historia Anglorum, a cura di F. Madden, II, London 1866, p. 492; B. Capasso, Historia diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266, Napoli 1874, passim; M. Paris, Chronica majora, a cura di H.R. Luard, IV, London 1877, pp. 126, 161, 313, 371, 456, 542, 575, 605 s.; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, a cura di J. Ficker - E. Winkelmann, V, Innsbruck 1881-1901, ad ind.; Nicola da Carbio, Vita Innocentii IV, a cura di F. Pagnotti, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXI (1898), pp. 108, 115; N. Kamp, Kirche und Monarchie im Staufischen Königreich Sizilien, I, 1, München 1973, pp. 14, 23, 69-72, 128-133, 140; H.-E. Hilpert, Kaiser-und Papstbriefe in den Chronica majora des Matthaeus Paris, Stuttgart 1981, pp. 67, 74 s., 132-137, 139-145, 147-152; G. Wolf, Anfänge ständigen Gesandtschaftswesens schon zur Zeit Kaiser Friedrichs II.?, in Archiv für Diplomatik, XLI (1995), pp. 148-153; M. Brantl, Urkunden- und Kanzleiwesen Manfreds von Sizilien 1250-1266, ibid., LI (2005), pp. 129, 139-141, 158-160, 167, 219, 223, 225, 227-229, 241, 251 s.; B. Grévin, Rhétorique du pouvoir médiéval, Roma 2008, ad ind.; W. Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, pp. 951, 953, 957, 966, 980, 991, 1003.