GUALTIERO DI BRIENNE
G. nacque verso il 1165, primogenito del conte Erardo II di Brienne (presso Troyes in Champagne) e di Agnese di Montbéliard. Dopo la morte del padre ottenne, tra il 1190 e il 1192, l'investitura della contea di Brienne.
Tra la Pasqua del 1199 e quella del 1200 G. sposò Albiria, figlia maggiore del defunto re di Sicilia, Tancredi di Lecce. Sembra che l'iniziativa di concludere questo matrimonio fosse partita dalla vedova di Tancredi, la regina Sibilla, che sperava di trovare in G. un sostegno contro Enrico VI e Costanza d'Altavilla, che l'avevano spodestata. G. rivendicò davanti al papa Innocenzo III, tutore del minorenne Federico II, re di Sicilia, la contea di Lecce e il principato di Taranto, che erano stati concessi nel 1194 da Enrico VI a Guglielmo III, figlio di Tancredi di Lecce, e a sua madre Sibilla, ma gli erano stati tolti dopo poche settimane. G. si presentò nella primavera del 1200 alla Curia pontificia insieme ad Albiria e Sibilla. Dopo essersi consultato con i cardinali e con altri consiglieri, il papa riconobbe le rivendicazioni di Albiria sulla contea di Lecce e sul principato di Taranto, sebbene ancora nel settembre 1199 avesse assicurato la sua protezione a Roberto di Biccaro, insediato da Enrico VI nella contea di Lecce. Nel maggio 1200 G. prestò quindi il giuramento di fedeltà a Innocenzo III in un pubblico concistorio, promise di combattere Marcovaldo di Annweiler e i suoi sostenitori e di appoggiare il legittimo re Federico II. Ritornò quindi in Francia per procurarsi un esercito, con il quale si presentò nell'aprile 1201 alla Curia pontificia. Data l'estrema esiguità delle truppe, il pontefice dovette impegnare i propri mezzi per aumentare il numero dei soldati, sollecitando anche conti, baroni, castellani e città del Regno a prestare aiuto a Gualtiero.
Contro la decisione di Innocenzo III di appoggiare il genero di Tancredi di Lecce si espresse il cancelliere Gualtiero di Palearia, che era allora la figura dominante alla corte di Palermo. Questi, per poter organizzare personalmente la resistenza sulla terraferma contro G., si alleò con Marcovaldo di Annweiler, al quale lasciò il governo della Sicilia. G. attaccò nell'estate 1201 Teano, espugnandola, e si rivolse poi contro Capua, dove Dipoldo di Acerra organizzava la resistenza. Il 10 giugno 1201 conseguì una brillante vittoria costringendo alla fuga l'esercito di Dipoldo. Riu-scì quindi a ottenere la sottomissione di Presenzano, di Aquino e di altri centri della Terra di Lavoro. Il 23 giugno 1201 G. attaccò la città di Venafro incendiandola, per poi proseguire, in luglio, verso la Puglia, dove resistettero soltanto Monopoli e Taranto, mentre si sottomisero Melfi, Montepeloso, Matera, Otranto, Brindisi, Barletta e Lecce. A partire dalla seconda metà del 1201, Sibilla appare come titolare della contea di Lecce, mentre il conte Roberto di Biccaro, che probabilmente si era sottomesso a G., conservò il titolo comitale e il feudo di Ostuni. Anche se Innocenzo III chiamò in alcune lettere G. conte di Lecce, questi portò nei documenti soltanto il titolo di principe di Taranto (Poso, 2000).
Gli avversari di G. concentrarono nel frattempo le loro truppe nella Puglia settentrionale. Il legato pontificio Pietro Gallocia tentò invano una mediazione. La battaglia, svoltasi il 22 o il 26 ottobre 1201, si concluse con una nuova vittoria di G., che si era così assicurato il predominio militare sulla terraferma. Al contrario in Sicilia erano risultate vittoriose le forze a lui ostili: Marcovaldo di Annweiler riuscì, infatti, a conquistare Palermo e a mettere le mani sul giovane Federico II. Innocenzo III, che nel 1202 aveva conferito a G., insieme a suo cugino, il conte Giacomo di Andria, la carica di gran giustiziere di Puglia e di Terra di Lavoro, sollecitò quindi un intervento in Sicilia. Sembra però che G. avesse dimostrato poco entusiasmo per una tale impresa. Comunque sia, quando Marcovaldo di Annweiler morì, nel settembre 1202, i preparativi per la campagna militare contro la Sicilia erano ancora in corso e furono poi abbandonati. Lo scarso entusiasmo di G. era probabilmente causato dall'impegno del papa per concludere il fidanzamento tra Federico II e una sorella del re d'Aragona, progetto che dimostrava chiaramente come Innocenzo III tenesse anzitutto alla dignità regia del giovane svevo e cercasse di limitare l'ascesa del francese.
Nel frattempo sulla terraferma rimasero attivi alcuni capitani tedeschi ostili a Gualtiero. Quando, nell'autunno 1203, G. si recò ad Anagni al capezzale del papa malato, scoppiò una sollevazione contro il suo dominio, alla quale parteciparono, fra le altre, le città di Brindisi, Otranto, Gallipoli, Matera e Barletta, guidate dai loro vescovi. Allo stesso tempo però queste città rinnovarono il giuramento di fedeltà a Innocenzo III: la ribellione era quindi rivolta soltanto contro il dominio di G., giudicato oppressivo.
Nel 1204 G. spostò il suo raggio d'azione verso la Campania, dove molti castelli erano in mano a tedeschi. Riuscì a occupare il castello di Salerno, la roccaforte di Dipoldo, ma questi lo assediò poi nella stessa fortezza. Durante i combattimenti G. fu colpito da una freccia e perse un occhio. Per liberarlo dall'assedio, dovettero intervenire i conti Giacomo di Tricarico e Ruggiero di Chieti. Nel 1205 assediò Dipoldo a Sarno, ma questi l'11 giugno lo sorprese trovandolo disarmato nella sua tenda e lo prese prigioniero. Gravemente ferito nel corso di quello scontro, G. morì tre giorni più tardi, il 14 giugno. Fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Foce presso Sarno.
Dopo la sua morte, la vedova Albiria partorì un figlio, al quale fu attribuito lo stesso nome del padre, Gualtiero (IV), che divenne nel 1221 conte di Brienne e morì nel 1247 in Egitto come conte di Giaffa. Albiria sposò in seconde nozze, forse ancora nel 1205, il conte Giacomo di Tricarico, e poi, dopo la morte di questi, in terze nozze, nel 1213, Tegrimo di Modigliana, conte palatino di Tuscia. Qui morì dopo il 1231.
Fonti e Bibl.: N. Kamp, Brienne, Gualtieri di, in Dizionario Biografico degli Italiani, XIV, Roma 1972, pp. 233-236 (con indicazione delle fonti e della bibl.); W. Stürner, Friedrich II., I, Die Königsherrschaft in Sizilien und Deutschland 1194-1220, Darmstadt 1992, pp. 94-97, 99-102 (trad. it. Federico II. Il potere regio in Sicilia e in Germania 1194-1220, Roma 1998, pp. 97-100, 102-105, dove, alla p. 97, si parla erroneamente di "marchesato" di Lecce e, alla p. 99, di Gualtiero come "marchese" di Lecce); C.D. Poso, Lecce normanna e sveva. Dalla signoria feudale alla contea, "Università degli Studi di Lecce. Annali del Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofiche e Geografiche", 9-12, 1992-1996, pp. 39-64, in partic. pp. 55 ss. (rist. in Id., Puglia medievale. Politica, istituzioni, territorio tra XI e XV secolo, Galatina 2000, pp. 7-31, in partic. pp. 22 ss.).