guancia
In senso stretto è la parte del volto dagli occhi al mento, quella che può stare nel palmo della mano: L'altro vedete c'ha fatto a la guancia / de la sua palma, sospirando, letto (Pg VII 107). La parola è usata in alternativa con ‛ gota ' (v.), ma rispetto a questa sembra avere virtualità a esprimere tratti emotivi e aspetti esteriori delicati e gentili, mentre ‛ gota ', come equivalente di g., annuncia immagini tristi e squallide (v. If III 97, XX 106, XXV 126, XXXII 89) e non ricorre mai nel Paradiso; è verosimile che la parola avesse un'impronta popolare, che mantiene ancora oggi in Toscana. Il latinismo gene, usato una sola volta (Pd XXXI 61), ha senso più nobile.
Nell'Inferno g. ricorre solo in rima: cfr. XXIII 98 e, nel modulo l'una e l'altra guancia, XXV 54 e XXXI 2. Gli esempi della seconda e della terza cantica propongono immagini più delicate: il volto del poeta cosparso di lacrime, le guance lagrimose (Pg I 127; cfr. anche XXX 53); il volto rosato dell'Aurora, le bianche e le vermiglie guance (II 7), o quello di un giovinetto imberbe: prima Tien triste [le Fiorentine] che le guance impeli / colui che mo si consola con nanna (Pg XXIII 110); ciascuna [virtù] / Aria fugge che le guance sian coperte (Pd XXVII 129). Forse metonimica è la bella guancia [di Eva] / il cui palato a tutto 'l mondo costa (XIII 38). Sempre in senso proprio, ma in contesto metaforico, per indicare la " direzione " del vento: quando soffia / Borea da quella guancia ond'è più levo (Pd XXVIII 81). L'Ottimo spiega: " fa bello il tempo quando soffia fra aquilone e levante, che è la più lena guancia che quella tra aquilone e ponente ". In quest'ultimo senso il poeta aveva usato una volta anche gota: Lo mio maestro allora in su la gota / destra si volse (If XV 97). Infine, in Pd XXIX 112 Cristo... / diede lor [agli apostoli] verace fondamento; / e quel tanto sonò ne le sue guance, la parola sta per " bocca ".