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GUANTI

di Gabriella ARUCH SCARAVAGLIO - Eugenio CALLERI - Mariano BORGATTI - - Enciclopedia Italiana (1933)
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GUANTI (dal franco wanta; fr. gant; sp. guante; ted. Handschuh; ingl. glove)

Gabriella ARUCH SCARAVAGLIO
Eugenio CALLERI
Mariano BORGATTI

Una leggenda attribuisce l'invenzione dei guanti alle Grazie, che chiamate in soccorso da Venere, ferita alle mani, le avrebbero cucito delle bende attorno alle dita. Imposto da necessità climatiche presso le antiche popolazioni settentrionali, il guanto ebbe in ogni tempo utilizzazioni e significati diversissimi. Le popolazioni dell'Asia offrivano guanti preziosi come tributo ai Faraoni, e nella tomba di Tut-ankh-amon sono stati trovati guanti di lino da bimbo, il che dimostra come essi avessero anche un uso pratico.

Presso i Greci e Romani si trovano talvolta menzionati guanti dagli scrittori, ma il significato del termine (χειρίς; manica) non è sempre chiaro. Laerte porta χειρῖδες mentre lavora in giardino (Odyss., XXIV, 226 segg.) ma non è chiarissimo se si tratti proprio di guanti e il commento di Eustazio, che parlerebbe secondo alcuni anche di guanti senza dita, non viene da tutti accolto. Così, i digitalia di cui parla Varrone (De re rust., I, 55) e che servivano per la raccolta delle olive sono forse strumenti. Per designare i guanti certo usati dai Persiani, almeno a corte, Senofonte (Cyrop., VIII, 8, 17) usa δακτυλήϑρα. Erodoto (VI, 72) parla del denaro nascosto dal re di Sparta Leotichide in un guanto; ma la scena è in Tessaglia. Sicché le attestazioni sicure di guanti sono tardive, specie nella letteratura medica (p. es., Galeno, VI, 187; Oribasio, X, 7, 18); e si può concludere che Greci e Romani trovarono i guanti usati da barbari abitanti in climi più freddi (Persiani e Galli) e ne fecero uso anch'essi, ma solo eccezionalmente (p. es., il segretario di Plinio il vecchio; cfr. Pl. giov., Ep., III, 5, 15) o per scopi speciali. Usato soprattutto dalle popolazioni barbariche dell'Europa centrale e settentrionale, il guanto si diffonde con le invasioni barbariche e a partire dall'alto Medioevo. Così nella Vita di S. Colombano scritta da Giona di Bobbio (sec. VII) troviamo menzionati i tegumenta manuum que Galli vuantos vocant.

Enorme fu nel Medioevo l'importanza di questo accessorio. Esso era segno di autorità degl'imperatori e dei re e simbolo d'investitura feudale. Dare un guanto significava anche affidare una missione di fiducia, investire di pieni poteri, mentre anticamente aveva testimoniato altresì trasmissione di beni; nella cessione di terre il proprietario dava allora all'acquirente, in presenza di testimoni, un guanto riempito di terra presa dal campo venduto. L'uso di considerare il guanto quale pegno di fedeltà si protrasse sino al sec. XVI. I guanti che venivano benedetti a Reims nella cerimonia dell'incoronazione stavano a significare che il re aveva da Dio l'investitura della sua autorità. Gettare un guanto contro qualcuno era segno di guerra aperta, inviarlo per qualsiasi tramite significava lotta sino alla morte.

È noto il gesto attribuito a Corradino di Svevia: gettando il suo guanto dal palco del patibolo egli avrebbe inteso far segno d'investitura dichiarando suo erede Federico di Castiglia; il guanto sarebbe stato raccolto da un cavaliere che lo avrebbe portato a Pietro III d'Aragona il quale mosse guerra a Carlo I d'Angiò. Nella giustizia medievale il giudice dichiarava condannato il colpevole gettandogli contro un guanto. Nel poema di Beowulf (v.) si fa menzione di un guanto di pelle di drago di cui era armato l'eroe, e sia nella poesia provenzale del ciclo di re Artù sia nella Chanson de Roland il guanto ha enorme importanza per la società cavalleresca, assumendo un significato quasi religioso, di simbolo della protezione che il signore concede ai suoi vassalli.

Verso il sec. IX i guanti cominciarono a essere adottati anche dalle donne: di seta o di pelle o di canapa, semplici o ricamati, a grandi risvolti sul polso o chiusi da parecchi bottoni, foderati di seta o di pelliccia, servivano nel cavalcare e per viaggio; più pesanti e di taglio speciale erano i guanti da falconiere: se ne faceva in genere uno solo, di grossa pelle di cervo o di bufalo o anche di panno guernito di bottoni d'oro, e un solo guanto si adoprava per il giuoco della palla (1400) e per il giuoco dell'arco (conti di Maria Stuarda, 1564). Verso il sec. XII in Francia i carnefici ebbero un paio di guanti nuovi a ogni esecuzione. Nei secoli XII e XIII in Francia, in Spagna, in Italia il lusso dei guanti arriva al suo massimo splendore: floridissimo il commercio, numerose le corporazioni di guantai dei varî centri di produzione. I guanti di pelle, di seta e di maglia vengono ricamati a colori d'oro, d'argento sul dorso della mano.

Sorge un'etichetta del guanto che ne segna le norme precise (Les arrêts d'amour di Martial d'Auvergne, sec. XV): così "non è permesso presentarsi al re o ad altri personaggi, entrare in Chiesa con le mani inguantate e neanche salutare o ballare; nel lutto i guanti vengono abbandonati". È atto di deferenza e di sottomissione frequente nella vita privata del tempo offrire guanti in dono. Nelle università gli studenti devono dare guanti agli esaminatori e i reggenti sono obbligati allo stesso omaggio verso i personaggi che visitano l'università. Il guanto diviene così insegna di dottori, di giudici e di ogni laureato. All'università di Pisa v'era l'uso di regalarne a ogni laurea.

Nel sec. XV in Italia grande è la voga dei guanti profumati adorni di pietre preziose: rinomati quelli di Venezia dalle conce speciali a base d'essenze odorose. Magnifici erano i guanti del doge, simbolo della sua autorità. Gli anelli sopra i guanti, portati per tutto il sec. XV, vengono un poco detronizzati dai guanti ad aperture che lasciavano vedere le pietre degli anelli (guanti a crevet o trinciati); nel '500 sono ormai considerati ornamento indispensabile, vengono donati nei banchetti e nelle feste di matrimonio e persino imposti alle cortigiane. La regina di Francia manda a chiedere nel 1520 a Isabella d'Este guanti fatti a Mantova secondo i dettami della bella principessa. Delle usanze dei guanti parla Tommaso di C. Rinuccini nelle Considerazioni sopra le usanze (1596). L'uso dei guanti nel '500 suggerì alcune leggi suntuarie severe quanto inutili. Guanti avvelenati o conciati a base di potenti veleni pare non fossero ignoti ai tristi costumi del secolo. Nel secolo XVII i guanti furono di raso, di panno, di velluto ricamato, foderati di pellicce, guarniti di frange e di merletti d'oro. Nel '700 si foderarono di piuma (barbichet), ma questa moda decadde verso la seconda metà del sec. XVIII: i guanti allora non si portano che a caccia e a cavallo. La Rivoluzione fece ritornare di moda i mezzi guanti semplici, di rete, di merletto, di cotone, ma subito dopo, durante il Direttorio e l'Impero, il guanto ritornò a essere oggetto di grande eleganza: dipinto finemente, ricamato, lunghissimo o corto, di pelle o di merletto, esso diviene allora un indispensabile elemento dell'eleganza femminile. I mezzi guanti corti e traforati continuano a essere in voga dal 1830 al 1850 e nella seconda metà del secolo scorso ritornano di moda quelli di pelle semplice senza ornamenti. Questa semplicità continuò fino a pochi anni fa e solo recentemente il guanto ha ripreso le forme e le guarnizioni più originali e i colori più inattesi.

Guanti liturgici. - Ben presto i guanti (chirotecae) incominciarono a far parte della liturgia, come insegne del papa, dei vescovi e degli abati mitrati, lavorati a maglia con filo d'oro, ornati di gioielli e d'immagini sacre ricamate sul dorso della mano: ne fa menzione il rituale dell'abate Rotaldo nell'anno 986. Nel sec. XIII erano senza cucitura (a calza) bianchi, viola, verdi e porpora. Nell'inventario del 1365 dei beni del vescovo di Orvieto troviamo descritti guanti a fregi dorati e smalti rappresentanti S. Pietro e S. Paolo. Nel 1605, riaperta la tomba di Bonifacio VIII (morto nel 1303) si trovarono guanti di seta bianca fatti ad ago. Ma il lusso penetrò anche nei guanti del clero e già nel 1186 il monaco Elinardo rimprovera l'abuso degli ornamenti. I vescovi che avevano dominio temporale, celebrando pontificalmente, ponevano da un lato dell'altare un guanto guarnito di ferro (manopola). Oggi i guanti sono usati nei pontificali da tutti i prelati che hanno diritto a funzionare con i privilegi pontificali, quindi, oltreché dai cardinali e vescovi, anche dagli abati e altri prelati che godono di quei privilegi.

Bibl.: Amelung e Schuppe, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2217 segg. e XIV, col. 1113 segg.; E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq., III, ii, p. 1578; Mercure galant (Parigi) 1672, p. 277; Mercure de France (Parigi) 1724, p. 405; 1726, p. 957; V. Gay, Glossaire archéol., nuova ed., I, Parigi 1929, s. v. Gant; L. A. Gandini, De arte textrina, Roma 1887, p. 19; P. Occella, Il guanto, Torino 1889; E. Guhl e W. Koner, La vita dei Greci e dei Romani, 2ª ed., Torino 1887-89; A. Luzio e R. Renier, Il lusso di Isabella d'Este, in Nuova Antologia, 1896; C. Merkel, Come vestivano gli uomini del Decamerone, Roma 1898; C. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné du mobilier franåais de l'époque carlovingienne à la Renaissance, Parigi s. a., III, p. 395; W. M. Smith, Gloves, past and present, Londra 1918; A. Chimichi, Il guanto nella leggenda e nella storia, Firenze 1923; H. Leclercq, in F. Cabrol e H. Leclercq, Dict. d'archéol. chrétienne et de liturgie, VI, i, Parigi 1924, s. v. Gant.

Industria. - I guanti di pelle, nella quasi totalità della produzione mondiale, sono confezionati con pelli di montone, di agnello e di capretto; le qualità più fini e leggiere con pelli di animali giovani; alle qualità pesanti e comuni servono anche pelli di animali più adulti. Quasi tutti i paesi civili producono e dànno pelli all'industria guantaria: le più apprezzate di capretto si trovano nelle plaghe alpine e montane d'Italia, Francia, Svizzera, Austria e Germania; pelli ottime di agnello forniscono l'Italia, la Francia, l'Austria e la Russia; ma la maggior quantità di pelli per guanti proviene dai paesi mediterranei, specialmente dagli stati balcanici, dalla Spagna e dall'Asia Minore: l'Arabia produce le cosiddette teste nere che servono alla preparazione delle preziose pelli vellutate per guanti chiamate mocha; quantità non indifferenti producono pure l'Africa, l'Australia, l'America Meridionale. Oltre al montone, all'agnello e al capretto vi sono altri animali le cui pelli si prestano alla fabbricazione dei guanti: la renna e il daino per guanti vellutati; e così le gazzelle del Nord-Africa, e in America anche i puledri e i cani.

Le pelli gregge vengono dapprima sottoposte al processo di depilazione alcalina mediante trattamento con miscele d'idrato di calcio (latte di calce) e solfuro d'arsenico o solfuro di sodio; poi vengono conciate con la concia all'alluda (concia combinata di allume, sale, farina e rosso d'uovo) o con la concia grassa o all'olio. La prima è la più comunemente usata perché esclusivamente adatta ai tipi di pelle di maggior consumo (pelli glacé); la seconda è usata per le pelli scamosciate (v. concia). Alcuni tipi di pelle, come i nappa e i suède propriamente detti, subiscono prima o dopo un'altra leggiera concia.

Dopo aver passato un adeguato periodo di stagionatura e dopo essere state ricettate, ossia sottoposte alla cernita e classificate a seconda della lavorazione che devono in seguito subire, le pelli conciate passano alla tintoria.

Prima di essere tinte le pelli subiscono una bagnatura, operazione che ha lo scopo di asportare dalle pelli l'allume superfluo e la farina rimasta attaccata, e d'inumidire completamente e ugualmente per poterle poi tingere. La tintura si effettua in due modi; per le tinte chiare, delicate e morbide e assai sfumate la colorazione delle pelli si ottiene per immersione (plongé) entro botti giranti contenenti il colore allo stato liquido già formato; per le tinte scure, più usuali (tinta superficiale e lucida) la colorazione si effettua per successive applicazioni a spazzola sulla pelle, anzitutto di un mordente, in seguito alle decozioni dei legni da tinta (campeggio, scodano, legno giallo di Cuba, legno rosso del Brasile, quercitrone, bacche di ligustro ecc.) e da ultimo del fissativo (mordente), adatto a ciascun colore, preparato con sali chimici (sali di ferro, di alluminio, di cromo, di rame, ecc.).

I diversi sistemi di concia, di tintura e di rifinitura dànno luogo ai diversi tipi di pelle per guanti: i tipi lucidi e lisci (glacé) sono conciati all'alluda e poi tinti a spazzola e adoperati dalla parte del fiore; i tipi suède propriamente detti, i nappa e mocha vengono conciati all'alluda e poi riconciati con sostanze tanniche vegetali e infine tinti per immersione. Talvolta la tintura si combina con la concia vegetale. I suède vengono poi rifiniti dalla parte della carne ossia smerigliati a umido con un tamburo di legno rotante rivestito di tela smeriglio o con una vera mola a smeriglio; i nappa e i mocha, invece sono rifiniti dalla parte del fiore. Le imitazioni suède sono conciate come i glacé, tinti a spazzola e poi smerigliati a umido.

Dopo la tintura le pelli passano nei reparti della vera e propria manifattura del guanto, ove subiscono le seguenti lavorazioni: scarnatura, tagliatura, tranciatura; e poi ricamatura, cucitura e orlatura; stiratura e lucidatura.

Le pelli di qualsiasi qualità devono essere rese uniformi di spessore mediante una scarnatura che può essere fatta a mano, con un coltello largo e affilatissimo, o a macchina, con un cilindro a lame ruotante con grande velocità. Alla scarnatura fa seguito la tagliatura, con cui le pelli sono sottoposte dapprima alla spezzatura, ossia tagliate in tante strisce aventi le misure prescritte nel senso trasversale e poi alla taglionatura, ossia tagliate in tanti rettangoli aventi le misure prescritte del guanto e poi stirati longitudinalmente e trasversalmente in modo da rendere la pelle del guanto più elastica che sia possibile. Questo per il guanto propriamente detto. Il pollice, invece, le forcelle inserite tra le dita e le bordature di finizione si ricavano dai ritagli residuali delle pelli. I costituenti del guanto, così ottenuti, vengono poi tranciati, ossia pressati con trance su appositi modelli di metallo a lame taglienti, determinandone così esattamente i contorni rispondenti alle diverse misure e confezioni. Segue la ricamatura sul dorso del guanto e la cucitura a mano o a macchina, che può essere a due fili o sopraggitto per i tipi di guanti più correnti; a piqué per i tipi più fini; a sellaio per i guanti pesanti, e specialmente per i cosiddetti nappa di agnello e kanguro di capretto; il guanto di vera pelle di kanguro, come tutte le qualità pesantissime, viene, con ritorno all'antico, cucito a mano a imitazione della cucitura sellaia.

Le parti complementari del guanto (pollice, forcelle, ecc.) vengono unite con cuciture di ritorto speciale, cui fa seguito la completa rifinitura del guanto con orlature aggiuntive lisce o in fantasia, con attaccature di bottoni e con rinforzi di pelle nelle parti di maggiore sforzo.

La stiratura del guanto è compiuta a mano, con pressione ottenuta mediante un fuso di legno fatto rotare sul guanto stesso in modo da imprimergli una forma permanente, oppure mediante ferri da stiro speciali, metallici, riscaldati elettricamente, aventi la forma del guanto sui quali va rivestito; e la lucidatura è compiuta mediante rulli di legno rivestiti di feltro speciale e rotanti con velocità rilevante. I guanti stirati e lucidati sono timbrati a secco e poi confezionati in carta velina seta e messi in scatole di cartone.

I guanti di tessuto comprendono: i guanti di stoffa e quelli a maglie di lana o di seta. I primi si fabbricano come i guanti di pelle, con tessuti di seta, di cotone o di lana, e imitano molto spesso i guanti suède; i secondi vengono tessuti a macchina.

I paesi ove l'industria guantaria è più fiorente sono: Francia, Germania, Cecoslovacchia, Italia, Belgio, Stati Uniti, Inghilterra e Canada.

La Francia occupa il primo posto nel mondo per la produzione ed esportazione. La sua industria guantaria ch'ebbe inizio verso il sec. XI dà attualmente una produzione che si aggira sui 2 milioni di dozzine di paia all'anno, per un valore di circa mezzo miliardo di franchi. L'industria è accentrata quasi esclusivamente a Grenoble, Millau, Saint-Junien, Chaumont, Niort e Parigi. Grenoble con le sue 60 fabbriche che producono annualmente circa 800 mila dozzine di paia è rinomata per i guanti di capretto e per i tipi classici e di fantasia. Millau con 45 fabbriche e 500 mila paia di produzione annuale, produce tipi svariati di guanti di pelle di agnello glacé, suède, tanné, scamosciati, lavabili, ecc., e anche di pelle di capretto. A Saint-Junien si fabbricano guanti di agnello, di daino e antilope. Chaumont e Niort, meno importanti, si sono specializzate nella produzione, la prima di guanti fini, la seconda di guanti scamosciati e di castoro, di pelle spessa e lavabile. Parigi conta poche fabbriche. Le materie prime per l'industria guantaria francese sono per la maggior parte ricavate in Francia e in Algeria (pelli di agnello e di montone). Solo le pelli di capretto vengono in parte importate dall'estero.

In Germania l'industria guantaria ha una notevole importanza e alimenta una corrente di esportazione assai forte. La sua produzione si aggira sul milione e mezzo di dozzine di paia all'anno e i centri principali sono a Halberstadt, Stoccarda, Esslingen e Monaco. Le fabbriche più importanti sono circa una quarantina e si dedicano alla lavorazione di tutte le qualità di guanti per quel che riguarda i tipi medî e fini, ma il posto preponderante è tenuto dai guanti glacé.

La Cecoslovacchia ha assunto una discreta importanza nell'industria guantaria. La produzione si aggira su 1 milione e 250 mila dozzine di paia all'anno. I centri di maggiore produzione sono Praga, Abertham e Kaden. Nella zona di Praga sono prodotte quasi tutte le specie di guanti, da quelle fini a quelle comuni, i guanti glacé, quelli nappa e quelli suède e anche discreti quantitativi di guanti foderati di pelliccia.

Degli altri paesi solo il Belgio e l'Inghilterra hanno una certa importanza nell'industria guantaria, ma mentre il Belgio è ancora un paese prevalentemente esportatore (esporta circa i 6/7 della sua produzione totale), in Inghilterra, la cui produzione annua varia da 1 milione a 750.000 dozzine di paia, le importazioni superano di gran lunga le esportazioni.

L'industria guantaria degli Stati Uniti data dal 1760, quando sir William Johnson fece venire da Perth, nella Scozia, una colonia di guantai scozzesi che fondarono Gloversville, nella contea di Fulton (N. Y.), la prima sede dell'industria guantaria americana. La produzione americana di guanti crebbe rapidamente, specialmente dopo la guerra mondiale, raggiungendo in questi ultimi anni i 3 milioni e mezzo circa di dozzine all'anno, quasi interamente assorbiti dal mercato interno.

La lavorazione dei guanti di pelle è in Italia fra le più antiche, ma soltanto dalla metà del secolo scorso si sono venuti formando notevoli centri manifatturieri a carattere industriale in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, a Napoli e a Palermo. sotto l'aspetto dell'organizzazione, l'industria italiana si distingue in semicasalinga e in industria ad attrezzatura moderna. La prima è esercitata prevalentemente a Napoli, specializzata nei tipi comuni e a nappa, in concorrenza con la Cecoslovacchia. La seconda è diffusa specialmente nell'Italia settentrionale e ha il suo principale centro a Milano, dove si fabbrica, di preferenza, il guanto fino, glacé e suède, in concorrenza coi tipi prodotti a Grenoble. Centri minori sono Monza, Bergamo, Genova, Novara ecc. Per la fabbricazione dei guanti di pelle viene utilizzata buona parte della produzione nazionale di pelli d'agnello. L'esportazione è rilevante, occupando l'Italia il quarto posto fra i paesi esportatori, e si dirige quasi tutta in Inghilterra; seguono gli Stati Uniti, l'Australia, la Germania, ecc. L'importazione è minima.

Per quel che riguarda i guanti tessuti i principali centri di produzione dei guanti di stoffa si trovano in Germania, che ne produce annualmente circa 7 milioni di dozzine di paia. Il centro è Chemnitz (Sassonia). Altre fabbriche esistono in Francia, a Parigi e Lione, e in Inghilterra. I guanti a maglia di lana hanno i loro centri principali di produzione a Leicester, Nottingham e nelle città costiere della Scozia.

Guanto d'armi o manopola.

Il guanto d'armi (fr. gantelet o gant d'arme; sp. manopla, guante, guantelete; ted. Kampfhandschuh; ingl. gauntlet) era una copertura o difesa delle mani del soldato. I guanti talvolta coprivano e difendevano non solo le mani, ma si prolungavano oltre il polso con una parte a tronco di cono e giungevano fino quasi al gomito, sostituendo in alcuni casi il guardavambraccio. Il guanto d'armi dei primi tempi fu di sottile maglia di ferro e in forma di sacchetto per quattro dita e con un involucro a sé per il pollice. Però il guerriero portava sotto alla maglia un guanto di pelle (a dita separate) per difendere la mano dall'asprezza del filo di ferro; e venne forse presto il tempo che si ottenne protezione alla mano col solo guanto di pelle rafforzato con opportune piastre.

Nel Quattrocento le manopole, come il resto dell'arnese di piastra, raggiunsero la perfezione e furono in uso contemporaneamente due sorta di difese della mano: a dita separate; a dita congiunte, eccetto il pollice. Questi guanti erano detti mittene, ed erano composti di lamine articolate nel senso delle principali divisioni della mano. Dopo l'introduzione delle armi da fuoco, si ripigliò e si generalizzò per i cavalieri l'uso dei guanti e delle manopole a dita separate, coperte da scaglie di acciaio.

Le parti del guanto sono: il manichino che copre una parte dell'antibraccio, ed è un tubo a tronco di cono, ordinariamente di cuoio, talvolta terminato a punta; il dorso con 3 0 4 lamine; le dita, su ciascuna delle quali sono ordinariamente 6-8-10 e anche più squame; il tutto fermato sopra un guanto di pelle di daino. Non sempre il manichino era di cuoio; quand'era metallico, poteva permettere l'uso di bracciale più corto, cioè che non arrivasse fino al polso, e così rimanevano più liberi i movimenti della mano; e talvolta ancora il manichino arrivava fino al polso, rimanendo così più liberi i movimenti della mano; e talvolta ancora il manichino arrivava fino presso al gomito, nel qual caso bastava mezzo bracciale dalla spalla al gomito predetto.

In Germania, specie per la caccia dell'orso, furono adoperati guanti o manopole speciali armate o rafforzate, cioè con daghe e spuntoni.

I guanti d'arme in genere furono abbandonati nei combattimenti e rimasero solo per le parate, anche prima che cessasse l'armatura metallica; ciò perché la mano veniva coperta e difesa dall'elsa della spada. Ora il guanto si usa più specialmente dal soldato a cavallo ed è di pelle, o si usa da tutti i soldati, ma per parata e può essere anche di filo.

Con un guanto di pelle, più o meno rozzo, gli arcieri antichi riparavano la mano sinistra dallo strisciamento della freccia, che poteva riuscire dannoso.

Guanti da scherma. Sono guanti di pelle scamosciata, semplici se da spada o da fioretto, e imbottiti se da sciabola, con manopola di cuoio per riparare il polso.

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