guardia (guarda)
Significa l'atto del salvaguardare o del custodire, come in Pd XXXIII 37 Vinca tua guardia i movimenti umani, dove il concetto della " custodia " si conferma nel contesto (conservi sani, v. 35); Fiore XXVII 7 ché 'n altra guardia non fie più lasciata, e 9, CCXVI 14; da notare la forma ‛ guarda ', in XXIII 1 Gelosia disse: " I' prendo a me la guarda... " e CCXX 4 (unico passo in cui tale forma non è in rima).
Dalla medesima accezione si originano varie locuzioni: ‛ a g. ' e ‛ per g. ', nelle quali prevale il concetto della difesa da un attacco, come in If XVIII 10 per guardia de le mura / più e più fossi cingon li castelli; Pg VIII 38 vegnon del grembo di Maria / ... a guardia de la valle; Fiore XCVIII 14; ‛ sotto la g. ', in Pg III 129 sotto la guardia de la grave mora (dove si esprime la protezione costituita dal grande ammasso di pietre, che sarà violata dalla persecuzione ecclesiastica: cfr. vv. 124 ss.); ‛ far g. ', in If X 9 son levati / tutt'i coperchi, e nessun guardia face; ‛ avere in g. ' e ‛ prendere in g. ', in Fiore LII 1 La Vecchia che Bellaccoglienz'ha 'n guarda, e CXLIV 5; e infine ‛ prendere g. ' nel senso di " difendersi ", " guardarsi ", in Cv IV XII 3 sono più pericolose, però che di loro molte fiate prendere guardia non si può, che assume anche la forma intransitiva pronominale in Fiore VII 8 di cu' non mi prendea gúardia quell'ora, e XXIX 11.
Si oggettiva in colui che realizza, nell'intenzione o nell'atto, la custodia o difesa, come in Pg XXXII 95 sedeasi in su la terra vera, / come guardia lasciata lì del plaustro (Beatrice a guardia del carro è la Verità rivelata che anima e difende la vita della Chiesa; cfr. Mn III XV 3); Fiore XXXII 2 sì trovava le guardie ben intese, LI 9, LXXI 13, LXXIII 13, CXXVIII 8 e CCXXVI 2.