guastare [l'aggettivo verbale guasto è adoperato anche come participio]
Ricorre in Vn VIII 5 7 guastando ciò che al mondo è da laudare, per indicare lo scempio fisico della morte in un bel corpo. Per la stessa idea cfr. Pacino Angiulieri: " che tanta bieltà fosse / per te, Morte, così tosto guastata " (Contini, Poeti I 391).
Il verbo è adoperato ancora in senso fisico in If XXXIII 3, detto del capo dell'arcivescovo Ruggieri che Ugolino avea di retro guasto, di cui " aveva fatto scempio ". Per concetti di questo tipo il poeta adopera solitamente ‛ disfare '.
In senso figurato g. si riferisce ad atti di particolare gravità morale, come " violare " un divieto divino (Pg I 76 Non son li editti etterni per noi guasti), e " fare strazio " (cfr. If XIX 57) della Chiesa, praticando la simonia: Pietro e Paulo, che moriro / per la vigna che guasti, ancor son vivi (Pd XVIII 132). Quest'ultimo esempio non è senza ricordo del passo biblico di Is. 3, 14 " vos enim depasti estis vineam ".
‛ Guasto ', con valore di aggettivo, ricorre tre volte, tutte nell'Inferno. In XIV 94 In mezzo mar siede un paese guasto, vale " caduto in rovina ", parlandosi dell'isola di Creta, un tempo paese ricco e potente (" centum urbes habitant magnas, uberrima regna ", Aen. III 106). Il Boccaccio commentava: " Chiamala paese guasto, e così è, per rispetto a quello che anticamente esser solea ".
G., ossia " rovinato ", " crollato ", è il ponte che passa sulla sesta bolgia (XXIV 19); e infatti D. aveva già detto: giace / tutto spezzato al fondo l'arco sesto (XXI 108). in senso figurato, g. sono detti i falsari di metalli (Latin siam noi, che tu vedi sì guasti, XXIX 91), perché hanno il corpo " deturpato ", " corrotto " dalla lebbra definita sconcia e fastidiosa pena (v. 107).