GUATEMALA
(XVIII, p. 34; App. I, p. 699; II, I, p. 1099; III, I, p. 797; IV, II, p. 121)
Al censimento del 1981 la popolazione risultava di 6.054.227 ab.; ma su tale fonte ufficiale non si possono non nutrire perplessità, dal momento che già alla fine degli anni Settanta varie stime fornivano cifre superiori ai 7.000.000. Stime più recenti (1987 e 1991) danno valori oscillanti tra 8.500.000 e 9.500.000. Se si accettano questi valori, la densità attuale sarebbe di circa 87 ab./km2, con grandi differenze tra le varie parti del paese. Il tasso di natalità è tuttora elevatissimo (circa 38,6‰). La popolazione della capitale è di oltre 1 milione di ab. nel comune (1991); ma nel complesso dell'area metropolitana vivono oggi almeno 2 milioni di persone: Guatemala è pertanto la maggiore agglomerazione urbana dell'America Centrale istmica, un'agglomerazione cresciuta caoticamente, con gravi problemi di affollamento e di degrado ambientale.
Condizioni economiche. - Il G. conserva in gran parte il carattere di paese agricolo. La popolazione attiva in agricoltura è ancora superiore al 50% di quella attiva totale. La coltura del caffè resta di gran lunga la più rilevante (2,2 milioni di q nel 1991), anche per l'esportazione; quella della canna nel 1991 ha fornito quasi 10 milioni di q di zucchero, quella del banano 4 milioni di q di frutta, quella del cotone 600.000 q di semi e 380.000 q di fibra. Il patrimonio bovino ammontava, nel 1990, a 1,8 milioni di capi. L'assetto fondiario permane molto squilibrato, caratterizzato dall'accentramento di gran parte della terra nelle mani di un ristretto numero di famiglie e dalla coesistenza del latifondo e del microfondo: le aziende di superficie superiore a 45 ha sono appena il 2% del totale, ma coprono oltre la metà dell'area utilizzata in agricoltura.
La produzione di energia elettrica si è più che raddoppiata nel corso degli anni Settanta e della prima metà del decennio Ottanta (785.000 kW di potenza installata e 1785 milioni di kWh di energia prodotta nel 1988), sebbene si sia rinunciato al progetto di sistemazione del lago Atitlán. Tra le risorse minerarie ha buone prospettive il petrolio, specialmente nella parte settentrionale del paese: la quantità estratta è ancora modesta (200.000 t nel 1988), ma già contribuisce all'esportazione. L'industria di trasformazione, in cui predominano i rami alimentare e tessile, assorbe il 21% della popolazione attiva ed è concentrata per circa i 3/4 nell'area metropolitana della capitale, ponendo con urgenza problemi di decentramento. L'esportazione, cui concorrono soprattutto il caffè e poi cotone, zucchero, banane, carne, petrolio, è diretta principalmente negli Stati Uniti, nei vicini paesi istmici (in particolare El Salvador) e in Germania; le importazioni provengono soprattutto da Stati Uniti e altri paesi latino-americani. Nel 1991 il G. è stato visitato da 508.500 turisti.
Il perdurante incremento demografico, l'alta percentuale di analfabeti (45%, elevatissima presso gli Amerindi), la forte mortalità infantile (55ı secondo cifre ufficiali, ma molto di più secondo altre fonti), gli accentuati squilibri sociali e territoriali, la dipendenza dal capitale estero, il basso prodotto nazionale lordo pro capite (900 dollari USA nel 1990) rendono il G. un paese assai problematico, destinato a incontrare ancora gravi difficoltà nell'immediato futuro.
Bibl.: F. Citarella, G. Cundari, Guatemala. Dipendenza e squilibri territoriali, Napoli 1988.
Storia. - Le amministrazioni guidate dai generali K.E. Laugerud García (1974-78) e F.R. Lucas García (1978-82) continuarono a esprimere la tradizionale alleanza fra oligarchia e forze armate che dominava la vita politica del G. fin dal colpo di stato del 1954. Le elezioni rimasero caratterizzate dai brogli e da una scarsa partecipazione popolare (malgrado l'obbligatorietà del voto per i non analfabeti, che peraltro non superavano il 50% della popolazione), mentre si intensificarono le attività terroristiche degli squadroni della morte di estrema destra, impegnati fin dagli anni Sessanta a reprimere qualunque manifestazione di dissenso; secondo numerose denunce, tali gruppi mantenevano stretti legami con le forze armate e con il principale partito di regime, il Movimiento de Liberación Nacional (MLN), che si autodefiniva "partito della violenza organizzata".
Dalla metà degli anni Settanta si verificò una notevole crescita del fenomeno della guerriglia, che si andava radicando soprattutto tra gli indios insediati sugli altipiani occidentali.
Nata a partire dal 1961-62 nelle regioni nord-orientali, per iniziativa delle FAR (Fuerzas Armadas Rebeldes, d'ispirazione castrista) e del PGT (Partido Guatemalteco del Trabajo, nome assunto nel 1962 dal Partito comunista, fuori legge dal 1954), la guerriglia aveva subito una dura repressione, ma negli anni Settanta due nuovi gruppi, l'EGP (Ejército Guerrillero de los Pobres) e l'ORPA (Organización Revolucionaria del Pueblo en Armas), stabilirono solidi legami con la popolazione india. Di lingua e cultura maya, gli indios del G. costituiscono la popolazione indigena dell'America Centrale che ha maggiormente resistito al processo di ispanizzazione. Questo processo ha dato luogo a un meticciato (ladinos, da cui emerge la tradizionale oligarchia dominante) che prevale nelle regioni orientali ma che è rimasto nettamente minoritario sugli altipiani; qui gli indios, per lo più contadini poveri, soggetti a pesanti condizioni di vita, con tassi di malnutrizione, mortalità infantile e analfabetismo assai superiori alle medie nazionali, sono rimasti di fatto esclusi dalla vita politica, ma hanno mantenuto una forte identità culturale.
L'attività controinsurrezionale dell'esercito, che già negli anni Sessanta aveva provocato molte migliaia di morti, si intensificò con il crescere della guerriglia, divenendo sempre più violenta e indiscriminata, soprattutto nei confronti della popolazione india. Le continue violazioni dei diritti umani provocarono nel 1977 una sospensione degli aiuti militari statunitensi (di cui il G. era stato fino allora il maggior beneficiario tra i paesi dell'America Centrale), ma questa fu compensata dall'afflusso di ingenti aiuti da parte di Israele.
Dalla fine degli anni Settanta il peggioramento della situazione economica, l'estensione della guerriglia e le crescenti divisioni all'interno delle forze armate e dell'oligarchia provocarono una crisi del vecchio blocco dominante che si espresse, tra l'altro, nella tendenza alla frammentazione e al declino dei partiti tradizionali, compreso l'MLN. Le contestate elezioni del marzo 1982 furono così seguite dal colpo di stato del gen. E. Ríos Montt, che sospese la costituzione e i partiti, sciolse il Congresso, avviò una ristrutturazione del sistema politico e lanciò una violenta offensiva contro la guerriglia, i cui quattro gruppi principali avevano dato vita nel febbraio 1982 a un comando unificato, l'URNG (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca). Membro di una setta fondamentalista protestante, Ríos Montt accentuò la tensione fra militari e Chiesa cattolica (che denunciava la durissima repressione), mentre la persistenza dei contrasti all'interno delle forze armate (Ríos Montt era sostenuto soprattutto da un gruppo di giovani ufficiali) portò al suo rovesciamento nell'agosto 1983 da parte del gen. O.H. Mejía Victores. Questi proseguì la violenta campagna controinsurrezionale nelle regioni indie, che nella prima metà degli anni Ottanta provocò decine di migliaia di morti, la distruzione di centinaia di villaggi, il trasferimento della popolazione in ''villaggi protetti'' controllati dall'esercito, l'arruolamento forzato di quasi un milione di civili nelle cosiddette Patrullas de Autodefensa Civil (PAC), la fuga di un altro mezzo milione in parte all'estero (soprattutto in Messico), in parte in altre zone del G., come ''rifugiati interni''. Contemporaneamente venivano potenziate le forze armate (spese militari ed effettivi aumentarono di oltre il 100% tra il 1980 e il 1985), mentre dal 1983 si verificava una parziale ripresa degli aiuti militari statunitensi (accanto alla prosecuzione di quelli israeliani).
Sul piano politico Ríos Montt e Mejía Victores, che governavano tramite decreti, posero su nuove basi la ricostituzione dei partiti, favorendo la nascita nel 1983-84 di nuove formazioni e l'ulteriore frammentazione delle vecchie; le elezioni per l'assemblea costituente, svoltesi nel luglio 1984 sotto lo stretto controllo dei militari, videro così per la prima volta il ridimensionamento della destra tradizionale nel suo complesso e l'ascesa di due forze moderate, la Democracia Cristiana Guatemalteca (DCG) e l'Unión del Centro Nacional (UCN), che ottennero quasi la metà dei seggi. Dopo l'approvazione nel maggio 1985 della nuova costituzione, che prolungava da quattro a cinque anni il mandato presidenziale, le elezioni generali del novembre 1985 portarono alla presidenza della Repubblica il democristiano M.V. Cerezo Arévalo (eletto al secondo turno in dicembre), mentre nel Congresso unicamerale la DCG conquistava 51 seggi su 100, seguita dall'UCN con 22 seggi. Prima di lasciare il governo, con l'entrata in vigore della costituzione nel gennaio 1986, i militari vararono un decreto di amnistia che garantiva loro l'impunità per i crimini commessi dopo il marzo 1982, e chiarirono che anche dopo l'insediamento dell'amministrazione civile essi avrebbero mantenuto ampi margini di autonomia in tutti i campi connessi con la sicurezza nazionale.
Malgrado la durissima repressione della prima metà degli anni Ottanta avesse bloccato la crescita della guerriglia, questa proseguì anche dopo il 1985, insieme alle violenze dell'esercito e degli squadroni della morte: alla fine del decennio vi erano circa un milione di rifugiati, fra interni ed esterni, e il bilancio complessivo di quasi trent'anni di ''guerra di bassa intensità'' si avvicinava probabilmente ai centomila morti; assassinii, torture e ''sparizioni'' continuavano comunque a provocare moltissime vittime, tanto che gli Stati Uniti, che dal 1986 avevano aumentato gli aiuti economici e militari al G., sospesero nuovamente questi ultimi nel dicembre 1990. Gli accordi per la pace in America Centrale, firmati a Esquipulas (Città del G.) nell'agosto 1987 dai presidenti di G., Honduras, Salvador, Nicaragua e Costa Rica, prevedevano, fra l'altro, l'apertura di colloqui di pace fra il governo e l'URNG, ma questi furono a lungo ostacolati dalla resistenza dei militari e da ripetute minacce golpiste; solo nel 1991 è stato possibile avviare un effettivo processo negoziale con la partecipazione, per la prima volta, di ufficiali delle forze armate.
Sul piano internazionale, l'avvento dell'amministrazione civile consentì di sbloccare l'annosa disputa sul Belize, aggravatasi nel 1981 con il conseguimento dell'indipendenza dell'ex colonia britannica. Nel dicembre 1986 il G. riallacciava le relazioni diplomatiche con Londra (interrotte dal 1963) e nel settembre 1991 giungeva a un accordo di massima con il Belize per la chiusura definitiva della controversia.
Sul piano interno Cerezo cercò in primo luogo di scongiurare le minacce golpiste, mantenendo buoni rapporti con le forze armate e con i gruppi economici dominanti; affrontò pertanto con estrema cautela l'annoso problema della riforma agraria e la grave situazione sociale, malgrado quasi i due terzi della popolazione si trovassero sotto il livello ufficiale di povertà e il tasso di analfabetismo tra gli adulti fosse ancora prossimo al 50%. La crisi internazionale degli anni Ottanta − in particolare il pessimo andamento delle ragioni di scambio per i paesi, come il G., esportatori di prodotti primari − colpiva poi pesantemente l'economia e alla fine del decennio il reddito pro capite era sceso ai livelli del 1969.
Le elezioni presidenziali e legislative del novembre 1990, ancora caratterizzate da una presenza pressoché esclusiva di partiti conservatori o moderati, videro una scarsissima affluenza alle urne (erano le prime dal 1956 in cui non vigeva l'obbligo del voto per i non analfabeti): alla presidenza della Repubblica fu eletto (al secondo turno, nel gennaio 1991) J. Serrano Elías, candidato del Movimiento para Acción y Solidaridad (MAS), nuova formazione moderata; dei 116 seggi del Congresso 41 andarono all'UCN, 28 alla DCG, 18 al MAS, mentre continuava il declino della vecchia destra. Serrano ha costituito un governo minoritario di centro-destra, proseguendo la politica moderata del predecessore.
Bibl.: R. Immerman, The C.I.A. in Guatemala: the foreign policy of intervention, Austin (Texas) 1982; G. Black, M. Jamail, N. Stoltz, Garrison Guatemala, New York 1984; P. Calvert, Guatemala: a nation in turmoil, Boulder (Colorado) 1985; M. McClintock, The American connection, ii, State terror and popular resistance in Guatemala, Londra 1985; B. Manz, Refugees of a hidden war: the aftermath of counter-insurgency in Guatemala, Albany 1988; J.L. Chea, La cruz fragmentada: la iglesia y el cambio social en Guatemala, Austin (Texas) 1988; Ph. Wearne, The Maya of Guatemala, Londra 1989; P. Gleijeses, Shattered hope: the Guatemalan revolution and the United States, 1944-1954, Princeton 1991; S. Jonas, The battle for Guatemala. Rebels, death squads and U.S. power, Boulder (Colorado) 1991.
Per ulteriori indicazioni, v. america, Bibl.: America Centrale e Regione caribica, in questa Appendice.
Letteratura. - Tra gli scrittori della generazione considerata il punto di partenza per la nuova letteratura guatemalteca − e che aveva avuto in M. A. Asturias l'espressione più alta − hanno continuato a scrivere nella loro patria di esilio L. Cardoza y Aragón, che oltre che come poeta si è distinto per una consistente produzione saggistica sull'arte in genere e sulla politica; e A. Monterroso, autore dal linguaggio sintetico, chiaro e raffinato, del quale andranno ricordati almeno i racconti di La oveja negra y demás fábulas (1969), Movimiento perpetuo (1972) e Lo demás es silencio (1978).
Negli anni Settanta è emersa una nuova generazione, le cui tematiche dominanti sono la crisi politica e la condizione indigena.
Sulla prima converge l'opera di M. A. Flores (n. 1937) che, più conosciuto come poeta e come drammaturgo, ha legato il proprio nome al romanzo Los Compañeros (1976), in cui ai dettagli di vita quotidiana della piccola borghesia intercala profonde riflessioni sulla tragedia della guerriglia urbana. Il mondo indigeno è invece il referente scelto dallo scrittore indio L. de León. Tra i suoi racconti, finora mai raccolti in volume, ricordiamo Puerta del cielo, pubblicato nella silloge Antología del cuento centroamericano contemporáneo. Nell'opera di questo scrittore l'intenzione sottesa è più sociale che letteraria, ma non per questo rivela debolezze di scrittura. Altro narratore di rilievo è R. Obregón (1940-1970), autore del polemico Apendiz de profeta (1967). Sempre legato alla denuncia delle condizioni del mondo indigeno, secolare problema del G., è l'esperimento socio-letterario che ha consentito all'india maya-quiché R. Menchú (n. 1969) la stesura della propria autobiografia, dettata in spagnolo a un'antropologa, che l'ha trascritta mantenendo intatto il ritmo linguistico della versione orale. In quest'opera, pubblicata in Messico nel 1982 col titolo Me llamo Rigoberta Menchú y así me nació la conciencia, nel ripercorrere la storia della propria vita, l'autrice mette a confronto le dimensioni mitiche della propria cultura con la visione falsata che di essa danno i bianchi.
Tra i poeti di un certo rilievo, non si può non parlare di O. R. Castillo (1936-1967), ucciso dalle forze armate. Come quasi tutta la poesia di quest'ultima generazione, Informe de una injusticia, raccolta antologica di grandissima parte delle sue opere, pubblicata postuma nel 1975, è imperniata sulla denuncia della violenza e dei soprusi cui la popolazione guatemalteca è sottoposta da molto tempo.
Il teatro in G. − il cui rappresentante più significativo è M. J. Arce (n. 1933), autore di Compermiso e di Delito, condena y execución de una gallina (1969), di Viva Sandino! e di Sebastián sale de compras (1975) − ha attraversato una profonda crisi, trovando possibilità di esprimersi, anche se semplicemente come canale di comunicazione popolare, solo nella clandestinità.
Bibl.: J. L. Balcarcel, Literatura y liberación nacional en Guatemala, in Casa de las Américas, 126 (Junio 1981); D. Liano, Sobre la joven narrativa guatemalteca, in Quaderni di Letterature Iberiche e Iberoamericane, 1 (1983); G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985.
Cinema. - Paese tra i meno sviluppati dal punto di vista dell'industria cinematografica, il G. si è sempre limitato a produrre film in modo occasionale: dal giorno della prima proiezione pubblica del cinematografo Lumière − 26 settembre 1896 − alla realizzazione del primo cortometraggio nazionale passano ben sedici anni: A. de la Riva firma infatti Agente n. 13 nel 1912. Un numero ancora maggiore di anni deve poi trascorrere prima di poter assistere alla proiezione di un film sonoro, Ritmo y danza (1942) di Fleischmann, Aguirre e Gavarrete, e a quella di un vero e proprio lungometraggio, El sombreron (1950) di Fleischmann e Andreu. Del 1983 è il documentario Vamos patria a caminar, che ricorda la lotta antimperialista combattuta dal 1954.
Le cause del mancato sviluppo della cinematografia sono duplici: da una parte la pesante influenza del cinema messicano, che ha sempre considerato il G. una succursale della propria industria (decine di film messicani sono stati per anni realizzati in territorio guatemalteco), dall'altra l'assai limitata libertà di espressione di cui hanno sempre disposto i registi. Attualmente il mercato cinematografico è quasi interamente coperto dalla produzione statunitense.