GUBBIO
(lat. Iguvium, Iulia Iguvia; Eugubium, Interbium nei docc. medievali)
Cittadina dell'Umbria (prov. Perugia), posta sul fianco occidentale del monte Ingino e attraversata dal torrente Camignano.La città degli Umbri, che succedette a un insediamento preistorico di cui sono stati individuati resti sul monte Foce, era estesa sulle pendici del monte Ingino. A quanto sembrano attestare le c.d. tavole eugubine, conservate nel Mus. e Pinacoteca Com., essa si sviluppava grosso modo nell'area corrispondente alla parte più alta della città medievale ed era compresa interamente nei confini dello spazio (templum in terris) in cui si svolgevano le funzioni sacre descritte dalle tavole eugubine. Di questa G. preromana è stato possibile individuare tramite un'attenta lettura delle tavole le porte urbiche: la Tessenaca a S/S-O, in corrispondenza della chiesa di S. Giuliano, la Veia a S-E, sul luogo della porta di S. Marziale - entrambe le localizzazioni sono state confermate dalla presenza di muri in opera poligonale -, e la Trebulana a N/N-O, che doveva trovarsi al vertice del triangolo. In quest'area era probabilmente compreso l'abitato, anche se la città propriamente detta doveva estendersi anche verso la pianura, forse in corrispondenza con l'antica via Augurale.Lungo quest'asse, verso il piano, si sviluppò la G. umbro-romana, che aveva il proprio centro nel foro, quasi certamente l'od. piazza della Signoria. A partire dalla tarda età repubblicana si accelerò lo spostamento verso la pianura. A ciò contribuì la costruzione di una serie di edifici pubblici, quali il teatro, le terme e inoltre templi e basiliche (Micalizzi, 1988).In età tardoantica e altomedievale, la posizione appartata di G. rispetto al percorso principale della via Flaminia, pur non risparmiandole del tutto i saccheggi (a partire da quello di Totila del 542), la pose al riparo dalla conquista di Alboino. L'importanza della città in quest'epoca era dovuta in parte alla sua posizione strategica tra Ravenna e Roma, che la fece oggetto di contesa tra Longobardi e Bizantini, e in parte alla solida organizzazione ecclesiastica già efficiente nel sec. 5°, come testimonia la lettera che nel 416 papa Innocenzo I inviò a Decenzio, vescovo di G., invitandolo a riorganizzare il clero eugubino (Monachino, 1965). A quest'epoca sono attestate: una cattedrale, forse sull'area dell'od. chiesa di S. Giovanni, S. Maria in Pellagio, presso il teatro romano, e una chiesa dedicata agli apostoli, forse nel luogo dell'od. S. Pietro.Griffolino Valeriano narra del passaggio a G. dell'imperatore Carlo Magno, che vi avrebbe lasciato le reliquie di Giovanni Battista. In età carolingia, comunque, la città entrò a far parte del Patrimonium Petri. A quanto attestano gli storici locali (Lucarelli, 1888), nel 917 la città sarebbe stata distrutta dagli Ungari e più tardi ricostruita a opera non solo dei nobili, ma anche di ordini monastici.Tra il sec. 11° e il 12°, G. era probabilmente divisa in due nuclei: l'uno (vicus ultra aquam) sulla sponda destra del Camignano, a base feudale, corrispondente alla parte superiore del quartiere di S. Martino; l'altro, a base popolare, sulla sponda opposta del fiume, verso il monte. Il centro dell'intera città era costituito dalla cattedrale intitolata a s. Mariano, situata in quel tempo in prossimità del Camignano, sul luogo dell'od. piazza di S. Giovanni. Il vicus di S. Mariano doveva essere protetto da mura e il c.d. ponte Marmoreo, presso la chiesa episcopale, assicurava il collegamento con il piano.La bipolarità della città fu alterata sia dalla sua espansione sia dall'incendio del 1127, che interessò la cattedrale e l'area circostante. Quando nel 1188 papa Clemente III concesse al vescovo Bentivoglio la traslazione delle reliquie dall'antica alla nuova città e quando nel 1191 Enrico VI concesse alla città il montem super civitatis (Cenci, 1915), G. doveva essersi già ampiamente estesa sulle pendici del monte Ingino. Di fronte alla nuova cattedrale si sviluppò la platea communis con il palatium communis, ora inglobato nel palazzo Ducale. Tali edifici, fulcro della vita cittadina, dovevano essere al centro di un'area densamente abitata, come hanno peraltro evidenziato scavi recenti (Indagini archeologiche, 1991).Tra l'ultimo quarto del sec. 12° e gli inizi del 13°, la vita politica della città fu caratterizzata dalle lotte con Perugia, alla quale G. dovette sottomettersi nel 1183, per poi tentare nuovamente, nel 1216, una guerra dagli esiti disastrosi. Impossibilitata a competere con Perugia, in favore della quale essa dovette rinunciare a Nocera e a una serie di castelli, G. iniziò una politica di espansione verso le Marche, acquistando Costacciaro (prov. Perugia), ristrutturando Cantiano (prov. Pesaro) e fondando la colonia di Pergola (prov. Pesaro). Alla morte di Federico II (1250) si riaccesero le lotte all'interno della città, che condussero a una nuova guerra con Perugia, anche questa conclusasi con la sconfitta di G., annessa dal 1259 al 1276 al ducato di Spoleto.Tra la fine del Duecento e la prima metà del Trecento, G. godette di un periodo di relativa tranquillità che favorì lo sviluppo, la ricostruzione e la riorganizzazione della città. Tra il settimo e l'ottavo decennio del sec. 13°, alla divisione della città in vici si era sostituita quella in quartieri: in alto il quartiere di S. Andrea, quello della nuova cattedrale, quindi il quartiere di S. Giuliano, la città vecchia, il quartiere di S. Martino, l'antico vicus ultra aquam, e il quartiere di S. Pietro, il più recente, caratterizzato da un impianto regolare, da andamento ortogonale delle strade e dalla suddivisione in lotti. La cinta muraria, portata a termine prima della guerra con Perugia del 1216, aveva nel 1337 ben dodici porte (Menichetti, 1979). Al Trecento risale una serie di fondazioni caritative, ospizi e ospedali, e la definitiva organizzazione urbanistica della città, che, con la creazione del complesso di piazza della Signoria, venne ad avere un suo centro politico ben evidente. L'oligarchia guelfa, che garantì a G. un lungo periodo di pace, permise la realizzazione di uno dei più ambiziosi progetti urbanistici dell'inizio del Trecento, che non riguardava soltanto la costruzione del palazzo dei Consoli e del palazzo Pretorio (quest'ultimo mai portato a termine), ma anche la creazione di una piazza pensile e la realizzazione di un acquedotto, il Bottaccione, che doveva condurre acqua fino all'interno del palazzo dei Consoli.L'impianto della città ancora conservato risale in gran parte al 13° e al 14° secolo. Dell'epoca tardoantica e altomedievale non rimane nulla, a esclusione di un sarcofago e di frammenti databili tra il sec. 8° e il 9°, conservati nel palazzo dei Consoli o reimpiegati nella chiesa di S. Felicissimo, attualmente in stato di rudere. All'età altomedievale vanno fatte inoltre risalire le quattro colonne inglobate nella facciata di S. Pietro. Più consistenti le testimonianze architettoniche di età romanica: i resti della chiesa di S. Felicissimo, risalente al sec. 12°, coperta a botte nel 13° e infine privata delle navate laterali, e la piccola chiesa di S. Donato de Foce, uno dei pochi edifici eugubini che conservano intatti i caratteri del 12° secolo. Questa costruzione è costituita da un semplice parallelepipedo in pietra calcarea grigia accuratamente tagliata, con portali a tutto sesto - uno in facciata, l'altro laterale - e altrettanto semplici finestre, la cui copertura è sostenuta da archi-diaframma a pieno centro di non certa datazione.Le chiese eugubine di età medievale sorsero in gran parte all'epoca della riorganizzazione della città, in seguito allo spostamento verso il monte. Carattere comune degli edifici ecclesiastici dei secc. 13° e 14° - a eccezione di S. Francesco - è la navata unica con copertura ad archi-diaframnma. Così è per S. Giovanni, risalente all'incirca alla metà del sec. 13° e situato in corrispondenza dell'antico episcopio. Di modeste dimensioni, presenta archi-diaframma impostati su mensole scolpite, secondo una tipologia analoga a quella che si ritrova in vari locali d'uso dell'abbazia cistercense di Fossanova (prov. Latina). Risalirebbe invece ai primi anni del Trecento il portale, modellato su quello di S. Francesco (Salmi, 1922), che si apre su una facciata semplice con coronamento ad archetti pensili affiancata da un modesto campanile.Complesse sono le vicende costruttive della cattedrale. L'antica, situata nella città bassa, fu distrutta nell'incendio del 1127 e venne ricostruita nel luogo attuale in seguito alla donazione del vescovo Bentivoglio del 1188. Tra il 1240 e il 1243 i lavori erano a uno stadio tale da non permettere che vi si tenesse il Capitolo, ma nel 1310 essa era già oggetto di restauro. La chiesa ha un'unica navata, conclusa da coro rettangolare all'esterno e poligonale all'interno, preceduto da una campata più larga delle altre. Divisa in dieci strette campate da archi-diaframma impostati su pilastri rettangolari interni, la navata appare espressione di lavori tardoduecenteschi o trecenteschi. Il coro è sormontato da un tozzo campanile; la facciata presenta un corpo centrale aggettante e ai lati due lesene. La decorazione è estremamente ridotta: un coronamento ad archetti pensili, una cornice al di sotto del rosone e, intorno a questa, formelle in rilievo con i simboli degli evangelisti e in alto l'Agnello. Sui fianchi l'edificio riprende il motivo dei contrafforti quadrangolari che formano una serie di nicchie.Più vicina al modello di S. Giovanni appare la chiesa mendicante di S. Agostino - a navata unica con coro a terminazione rettilinea - per gli archi-diaframma che si impostano a tre quarti della parete. Costruito a partire dalla metà del Duecento, l'edificio mostra, nei contrafforti esterni semicilindrici di accurata fattura, una dipendenza dal S. Francesco di Assisi, forse mediata da altri edifici francescani dell'Umbria, quali per es. il S. Francesco di Terni. Attualmente la chiesa risulta particolarmente alterata sia all'esterno (la facciata è frutto di un rimaneggiamento successivo), sia all'interno, dove gli archi-diaframma sono stati rinforzati per motivi statici, così come i muri d'ambito, ispessiti tanto da modificare le proporzioni dell'edificio.Con lo stesso sistema di copertura ad archi-diaframma fu costruita la navata unica di S. Maria Nuova (gli archi si conservano ancora al di sotto di una volta lunettata), fondata dai Benedettini di S. Maria di Alfiolo, abbazia non lontana da G. e non più esistente; poche sono le notizie relative alla costruzione: la bolla di Niccolò IV del 1292, in cui il papa promette indulgenze ai visitatori della chiesa (Lucarelli, 1888), e la data di consacrazione di un altare nel 1326 (Cenci, 1914, p. 17). L'edificio, che sui fianchi e in facciata sembra riprendere in forme semplificate la struttura del duomo, ha un bel portale a sesto acuto, decentrato rispetto alla facciata.La chiesa di S. Domenico, l'antica S. Martino, fu consacrata dal vescovo Benvenuto nel 1287 e concessa ai Domenicani nel 1302; a questi si deve una ricostruzione dell'edificio con l'adozione del sistema di copertura ad archi-diaframma, ora occultato al di sotto delle volte settecentesche.Origini antichissime vengono attribuite alla chiesa abbaziale di S. Pietro (Meloni, 1966). Anteriore al Mille secondo gli storici locali (Cenci, 1904b; Meloni, 1966), il suo archivio subì gravi perdite già nel sec. 12° (Meloni, 1966) e si disperse infine del tutto quando nel Cinquecento i Benedettini vennero sostituiti dagli Olivetani. La parte più antica dell'edificio è la facciata, che sembrerebbe testimoniare un impianto basilicale precedente a quello attuale, risalente nel suo complesso al 13° secolo. A parte il transetto di epoca successiva, la chiesa, con le sue brevi campate un tempo individuate da archi-diaframma, non si differenziava molto dal duomo; analoga era anche, all'esterno, la soluzione dei lati con contrafforti legati a formare nicchie profonde, ma con risultati di maggior eleganza rispetto al duomo; la terminazione orientale presenta invece un coro poligonale. Il successivo passaggio agli Olivetani ne determinò la trasformazione nelle forme attuali.Ha un posto particolare nell'architettura religiosa di G. la chiesa di S. Francesco, nella città bassa, in prossimità del Tiratoio dei panni, sullo stesso asse del duomo. Privo di transetto, a tre navate e tre absidi, poligonali all'esterno e semicircolari all'interno, l'edificio si presenta attualmente come chiesa 'a sala', ma sotto le volte del sec. 17° la chiesa conserva l'alzato pseudo-basilicale, con la navata centrale di poco più alta delle laterali e priva di illuminazione diretta. La ricerca di uno spazio unitario è inoltre evidente negli slanciati e sottili pilastri ottagonali che dividono le navate. Recentemente (Bozzoni, 1979) si è ipotizzato che le incavallature lignee fossero alternate ad archi-diaframma, circostanza che inserirebbe S. Francesco, sia pure con tutte le sue peculiarità, nella tradizione architettonica eugubina del periodo gotico. All'esterno, la chiesa, caratterizzata da notevole cura del paramento murario, presenta tre absidi, i cui angoli sono sottolineati da spesse lesene. Su una delle laterali si imposta uno stretto campanile ottagono che ripropone il motivo delle lesene agli angoli. Il portale gemino si trova su un fianco, dove viene ricostruita una sorta di piccola facciata con cornice al di sopra di due fornici, sormontata da un rosone.Poco lontana dalla città si trova l'antica chiesa di S. Secondo, sulla via che conduceva verso Città di Castello. Dell'epoca gotica l'edificio conserva l'abside poligonale analoga a quella di S. Pietro.Di particolare interesse a G. è l'architettura civile sia per lo stato di conservazione degli edifici di abitazione sia per la qualità di quelli di carattere pubblico. Per quanto riguarda i primi si ricordano le case-torri presenti soprattutto nel quartiere di S. Martino, con una peculiare tipologia delle porte: una larga sul piano stradale e una stretta leggermente sopraelevata, detta porta del morto. L'impresa architettonico-urbanistica di maggior rilievo è senza dubbio la costruzione del palazzo dei Consoli e dell'antistante palazzo Pretorio con la piazza pensile destinata a sostenerli. Dei due fu portato a termine solo il primo, aperto sulla piazza tramite un portale monumentale. Attribuito in passato a Matteo Gattapone, si tende attualmente a riferirlo ad Angelo da Orvieto, il cui nome compare sull'epigrafe accanto al portale. Tra gli altri edifici pubblici vanno ricordati il palazzo del Bargello, risalente al sec. 13°, preceduto da una piazza, e il Tiratoio.Lo sviluppo della pittura a G. fu legato agli esiti della pittura assisiate. Il pittore che nel secondo decennio del sec. 14° dipinse nella cappella Sforzolini a S. Francesco e la cassa di S. Ubaldo a S. Maria Nuova deriva dal Maestro Espressionista di S. Chiara. Fino a tempi recenti gran parte della produzione pittorica eugubina venne raccolta sotto il nome di Guiduccio di Palmeruccio; più tardi una serie di opere è stata sottratta al corpus dell'artista e assegnata a varie personalità, alcune anonime, come l'autore del polittico con la Vergine e quattro santi, di una Annunciazione e di una Madonna (Mus. e Pinacoteca Com.), opere legate al periodo assisiate di Pietro Lorenzetti. Numerose tavole vengono attribuite a Mello da Gubbio, sulla base dell'affresco nella cappella del palazzo dei Consoli e della pala della pieve di Agnano (prov. Pisa), firmata dall'artista e non anteriore al 1340.
Bibl.:
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