DELLA GHERARDESCA, Guelfo
Figlio primogenito del celebre Ugolino conte di Donoratico, compare nella documentazione a noi nota a partire dal 1270, quando al calendimaggio, fu, con il fratello Lotto ed altri esponenti d'importanti famiglie pisane, tra coloro che contrastarono il tentativo dei Visconti d'impadronirsi del potere a Pisa. Aveva allora già da alcuni anni sposato Elena, la figlia che il re di Sardegna Enzo aveva avuto da una nobildonna, di cui non ci è noto che il nome: Frascha. Infatti, quando il 6 marzo 1272 a Bologna dettò in palatio novo Communis il suo testamento, quel principe, oltre a legare ad Elena una cospicua somma di danaro, indicò come eredi dei suoi diritti sul regno di Sardegna e sul giudicato di Torres, sulla Lunigiana, sulla Garfagnana, sulla Versilia, nel territorio di Arezzo e sul castrum Trebianum nel distretto di Genova, i propri nipoti, nati appunto dal matrimonio del D. con Elena. Per solo due di essi, Enrico e Ugolino, il testamento del re Enzo precisa il nome; quello di un terzo viene indicato in un atto del 26 ottobredi quello stesso anno, posteriore dunque alla morte dello sfortunato figlio di Federico II, avvenuta l'11 marzo. In tale atto Guglielmo di San Giorgio e Giacomo Abbate, cittadini bolognesi, e Niccolò di Benvenuto domicellus familiaris, fideles del defunto re, Pietro di Armannino, fidelis del principe svevo, dichiararono di cedere per 4.250 libbre al procuratore del conte Ugolino di Donoratico, amministratore di Enrico, di Ugolino soprannominato Nino, e di Iacopo detto Lapo, figli del D. e di Elena di Svevia, tutti i diritti nel regno di Sardegna, nella città di Sassari, nell'intera Lunigiana, nella Garfagnana, nella Versilia, nella "Terra Varesca" e nel castrum Trebianum nel territorio di Genova, loro derivanti dalle clausole del testamento del defunto re Enzo.
Non sappiamo quando il D. abbia sposato la principessa sveva: senz'altro alcuni anni prima del 1272. Tuttavia, poiché il padre del D., Ugolino, era al principio del 1252 vicario del re Enzo in Sardegna, può darsi che a quel tempo il matrimonio, se non celebrato, fosse almeno già stato deciso.
Pochi anni più tardi, l'8 giugno 1275, il D. uscì da Pisa con il padre ribelle a quel Comune e si unì ai guelfi che combattevano contro la città: con il fratello Lotto sconfisse i Pisani a Bolgheri nel medesimo mese di giugno. Dopo la pace di Rinonico, rientrò col padre in città, il 16 luglio 1276.
Le successive vicende della sua vita sono - come del resto era già stato per quelle di suo padre - strettamente legate agli affari sardi. In Sardegna il D. si trovava, secondo la cronaca sarda edita dal Putzulu, intorno al 1284, al tempo della battaglia della Meloria e della successiva signoria del padre a Pisa, in particolare a Villa di Chiesa - odierna Iglesias -, città mineraria alla quale il padre aveva dato un grande impulso e che rappresentava senz'altro il più importante possesso di questo ramo dei Donoratico in Sardegna. Nel 1288 invece governava Cagliari: proprio in questa città armarono le proprie navi alcuni di quei corsari sardi che ostacolavano l'attuazione del trattato di pace tra Pisa e Genova, negoziato dai prigionieri pisani a Genova e stipulato il 15 apr. 1288, ma osteggiato dai signori di Pisa, cioè dal conte Ugolino e da Nino Visconti. Nel 1288, quando la sua famiglia fu travolta dalla sommossa popolare e dalla congiura capeggiata dall'arcivescovo Ruggero Ubaldini, che posero fine alla signoria di suo padre su Pisa (1°luglio 1288), il D., cui nel corso di quei luttuosi eventi erano stati uccisi due figli, Enrico ed Ugolino, non si sentì più sicuro nel castello di Castro di Cagliari e si rifugiò perciò nel proprio castello di Acquafredda, cercando contemporaneamente in tutti i modi di vendicare la tragica fine dei suoi congiunti. Conquistò così il castello di Gioiosaguardia, appartenente ai conti Bonifazio (Fazio) e Ranieri (Neri) Della Gherardesca di Donoratico i quali avevano tenuto una posizione politica diversa e, negli ultimi tempi, contraria al conte Ugolino, e tentò anche di prendere e uccidere quanti più pisani poté. In questa sua lotta cerco l'alleanza dei nemici di Pisa: al principio del 1290 aderì alla lega guelfa toscana e inviò soldati per combattere contro i Pisani; nell'estate del 1292 divenne, con i fratelli Lotto e Matteo, cittadino genovese. Come gli altri figli del conte Ugolino, il D. rimase pero escluso dalla pace di Fucecchio del 12 luglio 1293, che pose fine alle ostilità in Toscana tra Pisa e la lega guelfa: insieme con il fratello Lotto, che lo aveva raggiunto in Sardegna, e con l'appoggio dei Genovesi, continuò pertanto la sua guerra contro Pisa. Nel 1294 i Pisani, alleatisi con il giudice Mariano d'Arborea genero del D., inviarono una spedizione in Sardegna, capeggiata dal conte di Donoratico Ranieri di Gherardo: Villa di Chiesa fu assediata e presa - sembra al principio del 1295. Il D., che aveva tentato di salvarsi fuggendo verso Domusnovas, fu bloccato dagli avversari e preso prigioniero: fu liberato da Lotto tramite la cessione ai Pisani di Iglesias e di Domusnovas (peraltro già da loro conquistate con le armi) e di Barattoli. Si recò quindi, insieme col fratello, a Sassari, allora in mano ai Genovesi, con l'intenzione di passare poi in Toscana, ma a Settefontane si ammalò e morì, non sappiamo esattamente quando, ma certo dopo il 19 ott. 1295, quando insieme col fratello inviava una ambasceria al Comune di Firenze; egli appare invece già morto da un atto napoletano del 23 giugno 1296 relativo ad una vecchia fornitura di grano a Iglesias. Il suo corpo fu trasportato e sepolto a Sassari.
Così la cronaca sarda edita dal Putzulu. Sostanzialmente analogo è il racconto dell'anonimo autore della cronaca pisana edita dal Cristiani, anche se quest'ultimo attribuisce un ruolo di rilievo e tutto negativo al giudice Mariano d'Arborea: sarebbe stato lui a conquistare Iglesias e Domusnovas, sarebbe stato lui a far avvelenare una ferita del D., che ne sarebbe morto in Sassari, ove fu sepolto.
Da Elena di Svevia, della quale ci mancano testimonianze dirette, il D. aveva avuto una figlia, di cui ignoriamo il nome, andata sposa a Mariano, giudice d'Arborea, e almeno tre figli maschi: Enrico detto Enzo, ucciso il 10 luglio 1288 a Pisa nel corso della sommossa che rovesciò il nonno Ugolino; Ugolino detto Nino il Brigata, che, dopo il successo della rivolta, fu rinchiuso con il nonno Ugolino nella torre detta della Fame in Pisa ed ivi lasciato morire nel marzo 1289; e Iacopo detto Lapo, del quale si ha una sola notizia nel 1272. Enrico aveva un bambino, Guelfuccio, che scampò all'eccidio della sua famiglia: per la tenera età non fu murato insieme con i parenti nella torre della Fame, ma trattenuto in prigione finché non fu liberato dall'imperatore Enrico VII nel 1312.
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