guerire
Con costrutto intransitivo, nel valore fondamentale di " riacquistare la salute ", " rimettersi da una malattia ", il verbo ricorre due volte consecutive nella Commedia, nel primo caso in senso concreto e nel secondo con connotazione morale: Ma come Costantin chiese Silvestro / d'entro Siratti a guerir de la lebbre, / così mi chiese questi per maestro / a guerir de la sua superba febbre (If XXVII 95 e 97). In senso proprio anche in Fiore CLXXXIX 6 colla stufa guerir se ne suole (dalla gotta).
È anche parola della lirica d'amore, col senso di " trovare conforto amoroso " (non già " disamare "), che D. riceve dalla poesia cortese: vegno a vedervi, credendo guerire (Vn XVI 9 11). In questa accezione il termine richiama uno dei luoghi topici della convenzione cortese, la ‛ malattia ' d'amore di cui non si risana se non per amore: " poi c'Amor pò ferire / ch'elli possa guarire / secondo sua natura " (Stefano Protonotario Assai mi placeria 19-21). Allo stesso ordine di concetti risponde g. in Tomaso di Sasso: " mal che non ha nomo, / che mai no lo pote omo - ben guerire " (D'amoroso paese 20-21) e in Betto Mettefuoco: " Ordunqua com' faraggio, / poi la mia malatia / non oso adimostrare / a chi mi può guerir e far gioioso? " (Amore, perché m'hai / distretto 17-20). In questa accezione, in Fiore IV 14, X 6, XVI 4, CXCIX 8. Nel senso di " compensare ", " vendicare ", in CLXII 13 Se tu 'l fai, d'ogni mal m'avra' guerita. Altre volte in contesto figurato il poeta usa ‛ sanare ' (v.).