ACAICA, GUERRA
. Il precedente immediato della guerra degli Achei contro Roma fu il rinnovarsi dei contrasti tra l'autorità federale e Sparta, che malvolentieri dal tempo di Filopemene aveva dovuto aderire alla Lega. Menalcida spartano, divenuto stratego federale (151-50), provocò il malcontento di molti e fu sottoposto a processo dopo uscito di carica per la condotta che aveva tenuto nella questione sorta tra la lega achea ed Atene a cagione di Oropo. Dopo di che, sebbene assolto, egli si vendicò rinfocolando quei contrasti che da qualche anno parevano sopiti. Tali contrasti si protrassero per un certo tempo, senza che i Romani, chiamati in causa da ambo le parti, e specialmente da Sparta, si risolvessero ad una presa di posizione precisa tra i contendenti; soprattutto per non suscitare nuove guerre, mentre durava la terza punica e la Macedonia era in armi sotto la guida dello Pseudofilippo. Ma quando lo Pseudofilippo fu sconfitto da Quinto Cecilio Metello e Cartagine fu strettamente asserragliata da Scipione Emiliano, i Romani inviarono nell'estate del 147 un'ambasceria, con a capo Lucio Aurelio Oreste, la quale intimò agli Achei di distaccare dalla loro lega non solo Sparta, ma anche Eraclea presso il monte Eta, che vi aveva fatto di recente adesione, e con essa tre città che da tempo appartenevano alla lega e che non avevano mostrato alcuna volontà di separarsene, Argo, Corinto e Orcomeno. Si trattava evidentemente di ridurre all'impotenza la lega e di toglierle ogni velleità e ogni possibilità di politica autonoma. Lo scoppio d'ira che seguì non portò alla immediata dichiarazione di guerra né da una parte né dall'altra. Gli Achei volevano prendere tempo per i preparativi, e i Romani esitavano ad iniziare una nuova guerra prima della caduta di Cartagine. Ma lo stratego Critolao, reciso avversario dei Romani, nella primavera del 146 dichiarò guerra non a Roma, sì alla ribelle Sparta, e quando, poco dopo, anche Eraclea dell'Eta, accogliendo l'invito romano alla secessione, si ribellò, mosse immediatamente verso questa città. Tebe, e con essa in massima le città beotiche, l'Eubea e la Focide, si dichiararono per gli Achei; e Critolao, attraversata la Grecia centrale, pose l'assedio ad Eraclea ordinando ai contingenti achei di raggiungerlo. Frattanto in Roma si era dichiarato che gli Achei avevano violato il trattato coi Romani e si era stabilito di mandare in Grecia con due legioni il console Lucio Mummio. Fortunatamente era già sul posto in Macedonia Quinto Cecilio Metello, il vincitore dello Pseudofilippo, il quale inviò un ultimatum agli Achei che assediavano Eraclea, e, seguendo da vicino i proprî ambasciatori che se ne partivano senza aver nulla ottenuto, marciò su quella città. Critolao pagò il fio dell'essere partito in guerra prima che la concentrazione delle forze achee fosse avvenuta, e di aver predisposto ch'essa avvenisse ad Eraclea, quasi in vista del nemico.
Egli dovette levare l'assedio, e, non essendo in forze per difendere le Termopili, ripiegare verso Elatea. Per via, a Scarfea, a poche miglia dalle Termopili, gli Achei che ripiegavano furono raggiunti da Metello, costretti a battaglia e sconfitti. Critolao scomparve nella mischia; distaccamenti achei in marcia per raggiungere il grosso dell'esercito furono attaccati separatamente e distrutti. Così Metello, ricuperata con pochissime perdite la Grecia centrale, si accampò con le sue legioni non lontano dall'istmo e iniziò trattative con gli Achei. Ma gli Achei, fatto stratego Dieo, deliberarono di resistere ad oltranza, ricostituirono l'esercito, chiamarono alle armi dodicimila schiavi e si accamparono sull'istmo, mentre Metello occupava Megara donde si ritirarono le avanguardie achee. Sopravvenne a questo punto con le sue due legioni il console Mummio, il quale volendo riserbare a sé l'onore della vittoria rinviò Metello con le sue legioni in Macedonia. Dopo una prima avvisaglia in cui ebbero il vantaggio, gli Achei osarono offrire battaglia al console che l'accettò senza esitare presso Leucopetra, una località sull'istmo di Corinto, che è menzionata solo in questa occasione e che deve essere forse cercata presso la linea difensiva del monte Oneion già altre volte adottata dai difensori dell'istmo di Corinto. La battaglia, nonostante la valida resistenza della falange, terminò con la totale sconfitta degli Achei, che videro la loro cavalleria battuta dalla cavalleria avversaria e il loro fianco attaccato dalla riserva romana. Dopo la sconfitta la lega si sfasciò. Dieo si diede la morte con la famiglia, in Megalopoli; Corinto aperse le porte e fu terribilmente saccheggiata, poi rasa al suolo, e la popolazione trucidata e venduta schiava. I Romani non incontrarono più alcuna resistenza e poterono liberamente decidere delle sorti del Peloponneso e di tutta la Grecia. Militarmente la potenza dei contendenti era troppo disuguale perché, se essi venivano abbandonati a sé stessi, le sorti della guerra potessero essere diverse; solo, la inettitudine di Critolao e di Dieo e lo scarso spirito bellico degli Achei e in generale dei Greci di quella età, fecero che la sconfitta fosse più piena e più rapida e richiedesse minori sacrifizî al vincitore. Politicamente non si avverò nessuna delle contingenze che avrebbero potuto portare agli Achei aiuti esterni. E dopo ciò nella penisola greca non rimase altra potenza indipendente, almeno di nome, che Atene.
Di questa guerra e dei suoi precedenti un racconto continuato, ma sommario e imperfettissimo si ha presso Pausania, VII, 10, 6-16. Esso deve essere integrato e corretto con Polibio da cui indirettamente o direttamente dipende, del quale ci rimangono frammenti scarsi ma importantissimi concernenti questi fatti, nei libri XXXVI, XXXVIII e XXXIX. Pochi altri particolari sono da ricavare dai frammenti di Diodoro e Dione Cassio (Zonara), da Aurelio Vittore, dalle Perioche liviane e dalle fonti che dipendono da Livio (Floro, Eutropio, Orosio). Tutta la tradizione è sotto l'influsso di Polibio e dei suoi giudizî estremamente sfavorevoli e in parte ingiusti sugli uomini che condussero l'Acaia alla guerra contro Roma. Qualche altra notizia può ricavarsi da iscrizioni, p. es. il decreto degli Oropî (Dittenberger, Sylloge, 3ª ed., II, n. 675) e la lista degli Epidaurî caduti (Inscr. Gr., IV, 894).
Bibl.: Di moderni sono da consultare, oltre le storie romane che trattano di questo periodo, come quelle del Mommsen e dell'Ihne, Colin, Rome et la Grèce, Parigi 1905, p. 607 segg.; Niese, Geschichte der griech. u. maked. Staaten, III, p. 337 segg.; Niccolini, La confederazione achea, Pisa 1914, p. 77 segg.; v. achea lega.